La nascita di un figlio con disabilità è un evento che si trasforma in un impegno gravoso e pieno di incognite per le famiglie. I genitori coniugano con difficoltà l’assistenza al proprio figlio con le esigenze lavorative. Dal 1992, anno di emanazione della legge quadro sulla disabilità (la n. 104), sono state introdotte agevolazioni fruibili sul posto di lavoro esplicitamente dirette ai genitori e ai familiari di persone con handicap in situazione di gravità e ai lavoratori disabili. Nel corso degli anni, soprattutto con la legge n. 388/2000 sono stati previsti altri benefici. Infine, con il Testo Unico (D.lgs. n. 151/2001) per la tutela della maternità e paternità si è raggiunto un quadro normativo di riferimento per aiutare tutti i genitori lavoratori, comprendendo nella fattispecie anche quelli con figli in situazione di handicap grave.

Cosa si intende per handicap

La legge n. 104/1992 definisce il soggetto in situazione di handicap «colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoria/e, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione» (legge n. 104/1992, art. 3 comma 1). L’handicap assume carattere di gravità «qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale, nella sfera individua/e o in quella di relazione...» (legge n. 104/1992, art. 3 comma 3).

La richiesta di accertamento dello stato di handicap

Per avviare la richiesta di accertamento dello stato di handicap è necessario che un medico (curante, pediatra, specialista, etc.) compili un certificato introduttivo e lo inoltri all’INPS tramite il servizio telematico dedicato, ottenendo così una ricevuta con il numero univoco del certificato trasmesso. La ricevuta e una copia del certificato medico vengono consegnati all’interessato, che entro novanta giorni deve presentare, sempre telematicamente, la domanda amministrativa all’INPS.

Per presentare la richiesta è consigliabile avvalersi del supporto degli operatori del Patronato INCA

Dalla data di presentazione della domanda, la commissione medica ha novanta giorni di tempo per pronunciarsi.

Dopo quarantacinque giorni, gli accertamenti sanitari potranno essere fatti in via provvisoria da uno specialista della patologia, ovvero, da medici specialisti nelle patologie denunciate, presso l’unità sanitaria locale dell’assistito.

La stessa Commissione ASL, previa richiesta motivata dell’interessato, può rilasciare un certificato provvisorio al termine della visita, che produce effetto fino all’emissione dell’accertamento definitivo.

Al termine degli accertamenti, la Commissione redige un verbale che viene inviato all’interessato in duplice copia: una copia completa dei dati sanitari e un’altra con il solo giudizio finale, da usare per le pratiche amministrative come, ad esempio, la richiesta di permessi e congedi.

Diritto di precedenza per l’accertamento dell’handicap

In caso di patologie oncologiche è previsto un procedimento più breve per l’accertamento dell’handicap. Infatti, in questi casi, la visita deve essere effettuata dalle commissioni mediche entro quindici giorni dalla richiesta (legge n. 80/2006, art. 6 comma 3/bis).

La revisione dello stato di handicap

Lo stato di handicap risultante dal verbale può essere soggetto a revisione sanitaria: in tale ipotesi, l’interessato dovrà essere sottoposto a un nuovo accertamento entro la data indicata nel verbale.

La convocazione a visita, nei casi di verbali per i quali sia prevista la rivedibilità, è di competenza dell’INPS e, contrariamente a quanto accadeva in precedenza, gli interessati conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefici, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura durante tutto l’iter revisionale.

Tra la data di scadenza del verbale rivedibile e il completamento dell’iter sanitario, per poter beneficiare delle agevolazioni legate al riconoscimento della legge n. 104/1992, di cui parleremo in seguito, è necessario, nella maggior parte dei casi, che il lavoratore presenti una nuova domanda di autorizzazione (amministrativa) all’ente previdenziale.

Il Decreto Ministeriale del 2 agosto 2007, in attuazione della legge n. 80/2006, ha approvato un elenco di patologie rispetto alle quali sono esclusi accertamenti di verifica di permanenza della disabilità; questo elenco è soggetto a revisioni annuali.

ATTENZIONE
Dal 1° gennaio 2025, il Decreto legislativo n. 62/2024 dà attuazione alla legge n. 227/2021 di riforma sulla disabilità, modificando le procedure di richiesta e accertamento in alcune province.
Per ulteriori informazioni è necessario rivolgersi alle sedi del Patronato INCA

Agevolazioni previste dalla legge n. 104/1992

La legge n. 104/1992 ha previsto delle agevolazioni per:

  • l’integrazione scolastica (artt. 12-17);
  • l’inserimento nel mondo del lavoro (artt. 18-22);
  • la rimozione delle barriere architettoniche, la mobilitazione e la comunicazione (artt. 23-29);
  • facilitare la facilitazione e l’assistenza al disabile (art. 33);
  • le detrazioni fiscali e l’IVA agevolata per determinate spese (veicoli, supporti tecnici o informatici, etc.).

Agevolazioni lavorative

La legge n. 104/1992 è particolarmente rilevante, perché prevede il diritto ad alcune significative agevolazioni lavorative per le persone riconosciute in situazione di handicap grave (art. 3 comma 3) e per i familiari che prestano loro assistenza.

La domanda di autorizzazione a godere di permessi e congedi ha validità a decorrere dalla sua presentazione.

Ogni variazione intervenuta successivamente alla presentazione della domanda, deve essere comunicata entro 30 giorni dal suo verificarsi.

Il pagamento dell’indennità dovuta per permessi e congedi è generalmente anticipato dal datore di lavoro per conto dell’INPS; per gli operai agricoli e per i lavoratori dello spettacolo saltuari o con contratto a termine, l’indennità viene pagata direttamente dall’INPS su richiesta dell’interessato.

Figli minori di tre anni

I genitori, anche adottivi o affidatari, di figli disabili minori di tre anni in situazione di gravità, possono beneficiare in alternativa di:

  • permessi orari retribuiti, rapportati all’orario giornaliero di lavoro;
  • prolungamento del congedo parentale, parzialmente retribuito;
  • tre giorni di permesso mensile retribuiti, anche frazionabili;
  • congedo biennale retribuito.

Figli con un’età compresa fra i tre e i dodici anni

I genitori biologici di figli disabili in situazione di gravità di età compresa fra i tre e i dodici anni di vita, nonché i genitori adottivi o affidatari di figli disabili in situazione di gravità che abbiano compiuto i tre anni ed entro dodici anni dall’ingresso in famiglia del minore, possono usufruire in alternativa di:

  • prolungamento del congedo parentale, parzialmente retribuito;
  • tre giorni di permesso mensile retribuiti, anche frazionabili;
  • congedo biennale retribuito.

Figli oltre dodici anni

I genitori biologici di figli disabili in situazione di gravità oltre i dodici anni di età e i genitori adottivi o affidatari di figli disabili in situazione di gravità oltre i dodici anni dall’ingresso in famiglia del minore possono beneficiare di:

  • tre giorni di permesso mensile retribuiti, anche frazionabili;
  • congedo biennale retribuito.

Destinatari sono i lavoratori dipendenti (pubblici o privati), anche a tempo determinato (in questo caso i permessi/congedi durano fino alla scadenza del contratto) che abbiano i seguenti requisiti:

  • il riconoscimento della situazione di handicap grave del minore;
  • la persona da assistere non deve essere ricoverata a tempo pieno in strutture ospedaliere o simili, pubbliche o private, che forniscano assistenza sanitaria continuativa.

Le ipotesi che fanno eccezione sono:

  • l’interruzione del ricovero a tempo pieno per necessità del disabile in situazione di gravità di recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare visite e terapie appositamente certificate;
  • il ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine;
  • il ricovero a tempo pieno di un soggetto disabile in situazione di gravità per il quale sia richiesta dai sanitari della struttura la presenza della persona che presta assistenza

I PERMESSI/CONGEDI NON SPETTANO A:

  • lavoratori a domicilio;
  • addetti ai lavori domestici e familiari;
  • lavoratori agricoli occupati a giornata,né persé stessi né in qualità di genitori o familiari;
  • lavoratori autonomi;
  • lavoratori parasubordinati.

Permessi orari

Dopo il primo anno di vita del bambino e in alternativa al prolungamento del congedo parentale, fino al compimento del terzo anno di vita, i genitori che assistono un figlio in situazione di handicap grave possono fruire di due ore di permesso giornaliero retribuito; nel caso in cui l’orario di lavoro sia inferiore alle sei ore giornaliere, il permesso retribuito è limitato a una sola ora.

Prolungamento del congedo parentale

Trascorso il periodo di congedo di maternità (congedo obbligatorio) e i successivi mesi di congedo parentale (D.Lgs. n. 151/2001, art. 32) la madre o in alternativa il padre, che assistono un figlio in situazione di handicap grave, possono usufruire di un periodo di ulteriore astensione dal lavoro fino al compimento dei dodici anni di vita del bambino (D.lgs. 80/2015, art. 8). Durante tale periodo, il lavoratore riceverà una indennità pari al 30% della retribuzione e non è soggetto a limiti reddituali, così come avviene per il congedo parentale retribuito, di cui è appunto il suo prolungamento. La durata massima del congedo parentale «normale» e del suo prolungamento, tra i genitori, è di tre anni.

Il congedo spetta al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.

Il prolungamento del congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro dodici anni dall’ingresso del minore in famiglia. Rimane fermo che il prolungamento del congedo parentale non può essere fruito oltre il raggiungimento della maggiore età del minore.

Permessi mensili (tre giorni al mese)

Per i genitori di figli gravemente disabili

In alternativa ai permessi orari giornalieri e al prolungamento del congedo parentale, i genitori, anche adottivi, di figli in situazione di handicap grave, possono fruire di tre giorni di permesso mensile retribuiti, in maniera continuativa o frazionata.

Laddove i genitori siano entrambi lavoratori dipendenti, il diritto può essere ripartito tra i due, sempre nel limite massimo dei tre giorni.

Per lavoratori/ lavoratrici disabili

Anche i lavoratori/ lavoratrici riconosciuti in situazione di handicap grave e i loro familiari hanno il diritto di fruire, in presenza di determinate condizioni, dei permessi mensili finalizzati alla cura e all’assistenza del disabile.

Il lavoratore/ lavoratrice disabile grave, ogni mese, può godere dei seguenti permessi retribuiti:

  • tre giorni di permesso mensile retribuito, anche frazionabili;
  • due ore di permesso giornaliero (con orario di lavoro pari o superiore alle 6 ore quotidiane) o a un’ora di permesso giornaliero (se l’orario di lavoro è inferiore alle 6 ore).

I due tipi di permesso non sono fra loro cumulabili, ma alternativi

In caso di part-time o in caso di periodi di integrazione salariale, il numero dei giorni di permesso spettanti deve essere ridimensionato in proporzione. Il lavoratore con disabilità grave, che già beneficia dei permessi ex lege 104/1992 per sé stesso, può anche cumulare il godimento dei tre giorni di permesso mensile per assistere un proprio familiare con handicap grave, così come è possibile la fruizione dei permessi sia da parte del lavoratore con disabilità grave, sia del familiare che gli presta assistenza.

Per assistere i familiari con handicap

Il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità che sia coniuge, parte dell’Unione Civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito.

La legge ha inoltre previsto una eccezione: la possibilità di estendere la legittimazione alla titolarità dei permessi anche ai parenti e agli affini entro il terzo grado, qualora i genitori o il coniuge/parte dell’Unione Civile/convivente di fatto della persona con handicap in situazione di gravità, abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Per l’assistenza a più persone disabili

La norma prevede che il lavoratore ha diritto a prestare assistenza a più persone in situazione di handicap grave solo a condizione che si tratti:

  • il coniuge, il partner dell’Unione Civile o del convivente;
  • un parente o affine entro il 1° grado;
  • un parente o affine entro il 2° grado, se i genitori o il coniuge/partner/ convivente del disabile hanno:
    • o compiuto i 65 anni;
    • o oppure sono affetti da patologie invalidanti;
    • o oppure sono deceduti o mancanti.

Non è mai possibile usufruire della pluralità di permessi per assistere un parente od affine di terzo grado.

ELIMINATO IL PRINCIPIO DEL REFERENTE UNICO
Contrariamente a quanto succedeva in passato, fermo restando il limite complessivo di tre giorni di permesso mensili per l’assistenza allo stesso disabile, il diritto può essere riconosciuto anche a più soggetti fra quelli aventi diritto, che ne possono godere in via alternativa fra loro (D.Lgs. n. 105/2022, art. 3).

Non è invece possibile riconoscere il congedo straordinario a più di un lavoratore per l’assistenza allo stesso soggetto con disabilità, mentre è possibile autorizzare sia la fruizione del congedo straordinario che la fruizione dei permessi mensili o del prolungamento del congedo parentale o delle ore di permesso ad esso alternative a più lavoratori per l’assistenza alla stessa persona affetta da disabilità grave.

I suddetti benefici non possono essere fruiti nelle medesime giornate.

NOTA BENE
Patologie invalidanti: ai fini dell’individuazione delle «patologie invalidanti», sono da prendere a riferimento soltanto quelle a carattere permanente, indicate nel Decreto Interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000, già utilizzato per la concessione del congedo biennale non retribuito (legge n. 53/2000, art. 4 comma 2).
Familiari «mancanti»: la mancanza deve essere intesa non solo come situazione di assenza naturale o giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma deve ricomprendere anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, come nei casi di divorzio, separazione legale o abbandono.

Per assistere familiari residenti oltre 150 km di distanza

Il lavoratore che usufruisce dei permessi per assistere il familiare in condizione di grave disabilità, residente in un Comune differente dal proprio, comunque ad una distanza stradale superiore a 150 km, deve fornire la documentazione necessaria al datore di lavoro, attestante l’effettivo raggiungimento del familiare con disabilità nel luogo di residenza (ad esempio, il biglietto del treno, il ticket del pedaggio autostradale, ecc.).

La programmazione dei permessi

Il datore di lavoro ha la possibilità di richiedere al dipendente la programmazione dei tre giorni di permesso, ove non sia compromesso il diritto di assistenza del disabile. Le giornate di assenza devono essere individuabili ed i criteri di programmazione condivisi. Resta ad ogni modo ferma la facoltà, in capo al dipendente, di modificare unilateralmente le giornate di permesso, in base alle concrete esigenze del disabile, che prevalgono su quelle aziendali.

Trasferimento e scelta della sede di lavoro

Sia il lavoratore disabile che coloro che assistono un familiare con handicap grave possono opporre rifiuto al trasferimento deciso dal datore di lavoro.

Per quanto concerne, invece, la scelta della sede di lavoro, essi possono optare per il luogo più vicino al domicilio della persona da assistere, ma soltanto ove possibile, non configurandosi, in questo caso, un diritto soggettivo in capo al dipendente.

Part-time - lavoro notturno

In caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente portatore di handicap (Legge n. 104/1992 art. 3) è riconosciuta la priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Il lavoratore che assiste una persona con disabilità ha diritto all’astensione dal lavoro notturno e l’azienda, presso la quale lavora, deve conseguentemente adeguarne i turni e l’orario di lavoro.

 Congedo biennale retribuito

Il congedo biennale retribuito è stato introdotto con la finanziaria 2001 (legge n. 388/2000). Si tratta di una opportunità che si aggiunge al congedo biennale non retribuito, istituito in precedenza (legge n. 53/2000). Grazie a questa norma, i genitori-lavoratori naturali, adottivi o affidatari di un bambino disabile possono assentarsi dal lavoro sino a due anni, senza subire alcuna penalizzazione retributiva.

Il beneficio è esteso ai fratelli o sorelle conviventi, qualora i genitori siano deceduti. Il congedo biennale retribuito gode di una notevole flessibilità, sia perché si può frazionare in periodi giornalieri, settimanali o mensili, sia perché può essere fruito alternativamente dagli aventi diritto che possono così garantire un’adeguata assistenza al familiare disabile.

I genitori (naturali, adottivi o affidatari) possono chiedere il congedo alternativamente e non contemporaneamente; è inoltre possibile che un genitore usufruisca dei permessi mensili e l’altro del congedo, ma non contestualmente. Il periodo concesso non può essere complessivamente superiore a due anni, compresi anche gli eventuali periodi usufruiti di congedo non retribuito

NOTA BENE
■ Occorre segnalare alcune sentenze della Corte di Cassazione (la n. 11031/2017 e la n. 26605/2020) che, sottolineando come la norma miri a tutelare il disabile, sanciscono la possibilità di raddoppiare il periodo di congedo retribuito, riferendo il limite dei due anni per ciascun figlio che si trovi nella situazione di bisogno;
■ In caso di affidamento, il congedo è fruibile fino alla scadenza del periodo di affidamento

Il papà può chiedere il congedo retribuito anche quando la mamma è in congedo:

  • di maternità;
  • parentale;
  • non retribuito.

Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento e il periodo medesimo è coperto da contribuzione previdenziale figurativa. Nei periodi di congedo straordinario non si maturano ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto.

La convivenza dei genitori non è richiesta

Nel tempo, il congedo retribuito, disposto nel 2001 per aiutare i genitori con figli gravemente disabili, è diventato un’opportunità per questi nuclei familiari. Infatti, negli anni gli interventi della Corte costituzionale hanno allargato la platea dei destinatari.

NOTA BENE
Il legislatore, nell’estendere a soggetti diversi dai genitori il beneficio in questione, ha posto come requisito la convivenza con il disabile, per garantire la continuità delle relazioni affettive e di cura. La convivenza con il disabile da assistere può essere instaurata, anche successivamente alla richiesta, ma comunque entro l’inizio del periodo di congedo richiesto e deve essere mantenuta per tutta la sua durata.

CONVIVENZA: il requisito della convivenza si intende soddisfatto quando risulta la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha precisato che la residenza nello stesso Comune, allo stesso indirizzo, stesso numero civico, anche se in interni (appartamenti) diversi, non pregiudica in alcun modo l’effettività e la continuità dell’assistenza al disabile. È altresì soddisfatto anche nei casi in cui vi sia la dimora temporanea, risultante dall’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 223/1989.

Interruzione del congedo biennale retribuito

Il verificarsi di altri eventi che potrebbero giustificare l’astensione dal lavoro durante la fruizione del congedo, non determinano l’interruzione del congedo stesso. Solo gli eventi di malattia certificata e maternità consentono l’interruzione del congedo straordinario, sempreché non siano trascorsi più di sessanta giorni dall’inizio della sospensione dal lavoro.

Tuttavia, per quanto riguarda la maternità, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 158/2018, ha dichiarato che non si deve tener conto del termine dei sessanta giorni qualora la lavoratrice gestante abbia fruito del congedo biennale retribuito per assistere il coniuge convivente o un figlio, portatori di handicap in situazione di gravità accertata.

Priorità degli aventi diritto

Il Decreto Legislativo n. 119/2011, in attuazione dell’articolo 23 della legge n. 183/2010, ha provveduto al riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi, stabilendo un tassativo ordine di priorità tra gli aventi diritto, successivamente modificato in osservanza della legge n. 76/2016:

  • il coniuge o la parte dell’Unione Civile convivente o il convivente della persona disabile in situazione di gravità;
  • il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge o della parte dell’Unione Civile convivente o del convivente;
  • uno dei figli/e conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge o la parte dell’Unione Civile convivente o il convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge o la parte dell’Unione Civile convivente o il convivente, entrambi i genitori e i figli/e conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
  • un parente o affine entro il terzo grado conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui tutti i soggetti precedentemente elencati siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.

Le tutele per i genitori di figli/e con handicap, Focus della Guida Inca e Cgil “Genitori che lavorano”, edizione 2025.
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