Roma, 17 dicembre - “L’emendamento presentato dal Governo e quelli proposti dalla maggioranza aggravano l’impianto della manovra più antipopolare degli ultimi anni: tutela dei profitti, soldi a pioggia alle imprese e brutale penalizzazione di lavoratori, pensionati e consumatori”. Ad affermarlo, in una nota, la Cgil nazionale.

Per la Confederazione “il Governo non solo non sta dando alcuna risposta alle richieste avanzate dal mondo del lavoro (restituzione e neutralizzazione del drenaggio fiscale, sostegno a salari e pensioni, blocco dell’innalzamento dell’età pensionabile e maggiore flessibilità in uscita, investimenti adeguati nella sanità, nell’istruzione, nella non autosufficienza, nelle politiche per la casa, nel trasporto pubblico, che vengono invece colpiti da definanziamenti e tagli pesantissimi), ma sta peggiorando una Manovra, che - tra l’altro - non avrà alcun impatto sull’economia reale”.

“Si saccheggiano ingenti risorse da Pnrr e Fondi di Sviluppo e Coesione, distraendole dalla loro finalità di riduzione dei divari territoriali e delle diseguaglianze sociali, per coprire - prosegue la Cgil - spese già effettuate e destinarle alle imprese, senza condizionalità ambientali e occupazionali; si aumenta in maniera abnorme l’età pensionabile, portandola di fatto a 44 anni e 2 mesi di contributi nel 2035, e - per chi ha riscattato o riscatterà gli anni di studio - addirittura a 46 anni e 9 mesi; si rinuncia a ridurre il tax gap, uno degli obiettivi più ambiziosi del Pnrr; si colpiscono solo apparentemente le assicurazioni, che si rivarranno su assicurati e lavoratori del settore; si tassano le spedizioni dei pacchi di valore inferiore a 150 euro, penalizzando i piccoli consumatori. È davvero difficile trovare, negli ultimi anni, una manovra più ingiusta e più antipopolare di quella che arriverà al voto definitivo delle Camere”.

Secondo la Cgil “non è sottraendo risorse a lavoratori e pensionati per tutelare i profitti e per distribuire soldi a pioggia alle imprese, che si rimedia alla dinamica anemica del Pil e si inverte la desertificazione produttiva in corso. È la stessa ricetta applicata da quando la presidente del Consiglio si è insediata a Palazzo Chigi: una ricetta che aggrava anziché curare la malattia del calo della produzione industriale (32 mesi degli ultimi 36) e della crescita dello ‘zero virgola’ (che ci collocherà nel prossimo biennio all’ultimo posto in Europa)”.

“Servono investimenti e una vera politica industriale, il rilancio della domanda interna, il rafforzamento di un welfare ormai sempre meno pubblico e universalistico. Le risorse per fare tutto questo vanno prese dove sono: da profitti, extra - profitti, grandi ricchezze (anche chiedendo un contributo di solidarietà all’1% più ricco della popolazione), combattendo sul serio l’evasione fiscale che ha nuovamente superato i 100 miliardi. L’Esecutivo sta facendo il contrario: colpisce le fasce popolari per avvantaggiare chi sta meglio. Una linea di politica economica che - conclude la Cgil - non danneggia solo le persone che rappresentiamo, ma tutto il Paese”.

Nel dettaglio le singole misure analizzate dalla Cgil

Saccheggio del Pnrr e dei Fondi di coesione

I finanziamenti del Pnrr vengono utilizzati, attraverso un complesso gioco contabile, per coprire spese già effettuate con risorse nazionali per circa 5 miliardi per il 2026. Le risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, finalizzate a superare diseguaglianze e disparità, vengono ulteriormente saccheggiate e ridotte per migliorare i saldi di bilancio per quasi 600 milioni per il prossimo anno. Emblematica la vicenda del credito di imposta ZES: per uscire fuori dal tunnel dei finanziamenti a pioggia che, a causa delle risorse limitate, ha comportato la riduzione del 40% del vantaggio fiscale, si crea un ulteriore contributo, sempre per il 2026, pari al 14%. Un ennesimo regalo alle imprese, impegnando una cifra significativa senza alcuna idea di sviluppo del Mezzogiorno. Gravissima poi la scelta di eliminare qualsiasi riferimento alle condizionalità green. Si prorogano, infatti, al 30 settembre 2028 le agevolazioni per gli investimenti Transizione 4.0 e 5.0, ampiamente finanziate con risorse del Pnrr, attraverso un rifinanziamento di 1,3 miliardi, ma eliminando la maggiorazione del 220% per gli investimenti “green”.

Stanno riuscendo a far rimpiangere la legge Monti/Fornero

Si allungano progressivamente le finestre di decorrenza delle pensioni anticipate fino a sei mesi dal 2035. Considerando che non è stato bloccato l’adeguamento alla speranza di vita, si porta - di fatto - l’accesso alla pensione anticipata a 44 anni e 2 mesi di contribuzione nel 2035 (considerando le finestre di pensione). Va aggiunta la penalizzazione del riscatto degli anni di studio, peraltro con una misura retroattiva e con evidenti profili di incostituzionalità: i contributi regolarmente pagati, quindi, non produrranno più pieni effetti previdenziali ai fini dell’accesso alla pensione anticipata. Una svalutazione selettiva e progressiva che arriva a escludere fino a 30 mesi dal 2035. Significa che una lavoratrice o un lavoratore che ha riscattato un periodo di studi potrà arrivare addirittura a 46 anni e 9 mesi di contribuzione prima di andare in pensione.

Una finta lotta all’evasione fiscale

Si introduce, a partire dal 2029, una ritenuta d’acconto dell’1% (al netto dell’Iva) sui pagamenti di fatture elettroniche “business to business”. Il gettito stimato a regime è pari a circa 1,47 miliardi di euro annui, suddivisi tra Irpef e Ires. Se la finalità è quella di contrastare l’evasione, sia la percentuale (1%) che il periodo di applicazione (2029) somigliano a una farsa. Si conferma, dunque, il totale dietrofront sulla riduzione del tax gap e sulla lotta all’evasione fiscale, che era uno dei traguardi più ambiziosi del Pnrr.

Non si colpiscono le assicurazioni, ma gli assicurati

L’acconto del contributo SSN sui premi RCA pari all’85% genererà un maggior gettito nel solo 2026. Si tratta di un onere per le compagnie assicurative che è necessario garantire non si scarichi sugli assicurati e sui lavoratori del settore.

L’imposta sui pacchi penalizza i consumatori

Il contributo si applica alle spedizioni di beni provenienti da Paesi non appartenenti all'Unione europea; di valore dichiarato non superiore a 150 euro. Evidente la penalizzazione dei piccoli consumatori.