Toti Scialoja (Roma, 1914 – Roma, 1998)

Si forma nell’ambiente antinovecentista della scuola romana che fa capo alla Galleria La Cometa. La scelta definitiva di dedicarsi alla pittura risale all’inizio degli anni Quaranta. Parallelamente si dedica anche all’attività di scenografo, passione cui affiancherà quella di poeta e scrittore. Le opere degli esordi rimandano a una figurazione fortemente materica. Nel 1947 espone con Ciarrocchi, Sadun e Stradone, presentato da Cesare Brandi.

A Parigi, dalla fine dello stesso anno, subisce il fascino del linguaggio cubista iniziando, a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta, una serie di opere che risentono del geometrismo di Feininger e Villon. Dopo il 1955, anche grazie al crescente interesse per le esperienze di Afro, Burri e Colla, inizia la sua ricerca sul versante astratto. Nel 1956 soggiorna per la prima volta a New York alla scoperta dell’Action Painting.

Nasce così la serie delle Impronte, caratterizzata dall’uso di materiali extrapittorici come carte e merletti su superfici ampie. Nel 1964, a due anni dalla personale alla Galleria La Salita di Roma (vi aveva già esposto nel 1958), partecipa alla XXXII Biennale di Venezia (tornerà ad esporvi nel 1984). Con l’inizio degli anni Settanta le sue opere si popolano di elementi geometrici in vivaci scansioni ritmiche. Dagli anni Ottanta, libera la sua gestualità più istintiva e riprende il discorso informale con abbondante ricorso al dripping. Alla ricerca artistica affianca anche quella di docente di Scenografia e, successivamente, di direttore dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 1991 gli viene dedicata una grande antologica presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. L’anno seguente prende parte alla XII Quadriennale di Roma.

(Andrea Romoli)


Senza titolo, 1995, vinavil su carta, 49,9×34,9 cm
(Foto: Alessandra Pedonesi e Aldo Cimaglia)