Roma, 29 agosto – “La notizia della decisione del governo di acquisire una partecipazione di minoranza alla costituenda società della rete Tim, lasciando al fondo americano KKR almeno il 65% del pacchetto azionario, ci lascia sgomenti. Quello che si sta consumando in queste ore è l’ultimo atto, l’ennesimo, con il quale si sceglie di regalare al mercato un asset strategico del Paese”. Lo afferma il segretario confederale della Cgil nazionale, Pino Gesmundo.

“Dopo mesi di roboanti annunci sulla difesa degli interessi nazionali (e le infrastrutture digitali lo sono eccome), - prosegue il dirigente sindacale - il governo avalla la scelta della separazione tra infrastrutture e servizi di Tim, esattamente l’opposto di quanto sarebbe necessario per salvaguardare e consolidare uno degli ultimi campioni nazionali e per garantire gli interessi dell’Italia, che oggi rischia di essere definitivamente tagliata fuori anche dagli scenari competitivi che si stanno delineando dentro e fuori l’Europa”.

“Una scelta miope - aggiunge Gesmundo -, che segue logiche finanziarie che niente hanno a che vedere con lo sviluppo infrastrutturale del Paese, spina dorsale su cui va retto l’intero processo di transizione digitale cui siamo chiamati a far fronte e che è fortemente legato allo sviluppo industriale del Paese”.
“Inoltre, il rischio concreto che intravediamo - sottolinea il segretario della Cgil - è quello di sprecare risorse preziose (2,2 miliardi solo per iniziare) senza avere la possibilità di incidere per orientare scelte strategiche. Questo impatterà non poco sulla tenuta occupazionale, ma siamo fortemente preoccupati anche per il respiro corto di un’operazione che rischia di ridursi ad uno spreco di risorse slegate da qualsiasi progetto di sviluppo di una rete che sia performante in ogni angolo del Paese”.

“Noi abbiamo sempre guardato ad un altro modello di sviluppo, quello che in altri paesi europei (Francia e Germania) ha puntato sul consolidamento dei loro campioni nazionali, con una partecipazione dello Stato forte al punto di orientarne scelte ed investimenti. Oggi ci sembra di poter affermare che l’Italia ha scelto di percorrere la direzione opposta”, conclude Gesmundo.