Roma, 14 novembre – “La Legge di Bilancio 2026 è l’ennesima beffa ai danni delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici. Il Governo tenta di far passare come ‘sconto’ un intervento che, in realtà, sottrae ancora una volta risorse a chi ha già subito anni di penalizzazioni: oltre 22,6 milioni di euro prelevati direttamente dai TFS/TFR delle persone che vanno in pensione”. È quanto denunciano Cgil nazionale, Flc Cgil, Fp Cgil e Spi Cgil.

Confederazione, Federazioni e Sindacato dei pensionati spiegano infatti che “l’articolo 44, presentato come misura per migliorare i tempi di pagamento del TFS e del TFR, è un’operazione puramente di facciata, che finisce invece per aggravare ulteriormente la condizione economica delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici”. Ricordano che “la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 130 del 2023, aveva chiesto al legislatore di eliminare la disparità irragionevole tra pubblico e privato nei tempi di liquidazione del TFS/TFR. Il Governo risponde con un anticipo di soli tre mesi per le sole pensioni di vecchiaia, lasciando immutati i lunghissimi differimenti e la rateizzazione che può arrivare fino a sette anni. In questo modo, il problema strutturale resta intatto, il monito della Corte viene ignorato e la discriminazione continua senza alcuna correzione”.

“Vi è poi un aspetto ancora più grave – sottolineano Cgil, Fp, Flc e Spi – nascosto nella relazione tecnica e mai dichiarato pubblicamente: l’anticipo dei tre mesi cancella automaticamente la detassazione prevista fino a 50.000 euro per i pagamenti effettuati a partire da dodici mesi dalla cessazione. Con il nuovo anticipo questo requisito non si matura più e ogni lavoratrice e lavoratore non riceverà 750 euro. Su una platea di 30.122 pensionamenti di vecchiaia, come indicato nella relazione tecnica, le risorse recuperate raggiungeranno 22,6 milioni di euro”.

Inoltre, “questa norma, inutile e sbagliata, si somma alla pesante perdita del potere d’acquisto delle liquidazioni che, come abbiamo già calcolato, può variare tra 17.000 e 41.000 euro a causa dell’inflazione e del mancato rendimento: quasi 18.000 euro per chi percepisce 30.000 euro, oltre 25.000 euro per chi ha uno stipendio di 40.000 euro e più di 41.000 euro per retribuzioni pari a 60.000 euro”.

Per la Cgil “questa Legge di Bilancio si inserisce in una strategia più ampia di svalutazione del lavoro pubblico, nessun finanziamento adeguato ai rinnovi contrattuali, nessun intervento per valorizzare chi garantisce ogni giorno la continuità amministrativa e i servizi fondamentali. I Ccnl pubblici del triennio 2022/24 che Fp Cgil e Flc Cgil non hanno sottoscritto hanno determinato una perdita media salariale di oltre il 10%”.

Sul fronte previdenziale “la propaganda del Governo sul presunto superamento della riforma Monti-Fornero contrasta con la realtà dei fatti: flessibilità azzerata, requisiti che continuano a crescere, pensioni sempre più lontane e sempre più povere. A ciò si aggiungono tagli pesantissimi e con effetto retroattivo alle aliquote di rendimento pensionistico per coloro che hanno almeno un anno contribuzione ante 1995, nelle gestioni Cpdel, Cps, Cpi, Cpug. Continueremo ad opporci a questo vero e proprio sequestro del TFS/TFR dei dipendenti pubblici anche in sede giudiziaria”.

Cgil, Flc, Fp e Spi ribadiscono che “un cambiamento vero non è più rinviabile: servono rispetto, diritti e risorse, a partire da ulteriori stanziamenti per i CCNL 2025/27, per chi tiene in piedi ogni giorno il Paese. Il 12 dicembre – concludono – sciopereremo per affermare che il lavoro non può essere considerato un costo da comprimere, ma un valore da tutelare; per rivendicare pensioni giuste, la piena parificazione con il settore privato nei tempi di pagamento del TFS/TFR, rinnovi contrattuali adeguati e una riforma previdenziale che restituisca equità e dignità a tutte e tutti”.

→  Analisi completa a cura dell’Ufficio Previdenza della Cgil nazionale