Roma, 9 novembre - “Scelte miopi che tradiscono le promesse di questa maggioranza di governo, contraddicendo l’annuncio di voler rafforzare la presenza dello Stato nelle grandi aziende pubbliche”. È quanto affermano in una dichiarazione congiunta Pino Gesmundo e Nicola Di Ceglie, segretario confederale Cgil e segretario nazionale Slc Cgil, che criticano le indiscrezioni circolate e confermate dalla stampa odierna, secondo cui il MEF recupererebbe risorse dalla privatizzazione di Poste Italiane, MPS e Ferrovie dello Stato, in vista della Legge di Bilancio.

I due sindacalisti parlano di “un film tristemente già visto sulle privatizzazioni, che non è mai stato a lieto fine: fare cassa subito, nella totale assenza di idee chiare su progetti strategici per il futuro. Ciò – a parere di Gesmundo e Di Ceglie – non può che determinare un progressivo impoverimento della qualità dei servizi offerti oltre che del paese stesso”.

La preoccupazione di Cgil e Slc Cgil è che “dopo la vicenda Tim, sono ancora una volta le infrastrutture strategiche a essere in pericolo. Con l’aggravante che i proventi di un’eventuale privatizzazione di Poste, MPS e Ferrovie potrebbero non essere sufficienti a reperire i circa 20 miliardi di euro indicati nel Documento di economia e finanza”.

Inoltre, il sindacato ricorda come la prima ondata di privatizzazione di Poste sia iniziata a fine 2015, quando il Tesoro ha ceduto al mercato il 35% circa del capitale, comportando già nell’immediato una perdita di 157 milioni di dividendi per lo Stato italiano nell'esercizio di bilancio dello stesso anno. “A quanto pare la storia non insegna, - rimarcano i due sindacalisti - anche perché siamo alla vigilia della scadenza della concessione per la gestione del Servizio Universale (2026)”.

“Privatizzare ulteriormente Poste – continuano Gesmundo e Di Ceglie – rischierebbe di snaturare il ruolo storico di coesione sociale per il paese da essa svolta. Ruolo che nel recente passato si è aggiornato e potenziato grazie alla gestione di servizi particolarmente strategici per le vaccinazioni nel periodo della pandemia e con il Progetto Polis, co-finanziato con i fondi del Pnrr per agevolare lo sviluppo di servizi digitalizzati per l’amministrazione pubblica nelle zone più in difficoltà della Penisola”.

“Le aziende che costituiscono asset portanti del Paese andrebbero riconosciute come volano di ripresa economica reale, e non fungere da bancomat. Anche contro questa idea distorta di tutela degli interessi del paese, e con essi delle lavoratrici e dei lavoratori - concludono i segretari nazionali di Cgil e Slc Cgil - scenderemo in piazza il prossimo 17 novembre, per dire che la misura è davvero colma. Ora basta!”