Roma, 22 aprile – “L’assenza nel Def del quadro programmatorio ha l’evidente obiettivo di far conoscere le ‘cattive notizie’ solo dopo le elezioni europee: un grave vulnus democratico, perché i cittadini hanno il diritto di votare a ragion veduta, e non ignorando le decisioni che li riguarderanno. La verità è che per la prossima manovra di bilancio - tra misure temporanee da rifinanziare per circa 19 miliardi, l’imminente procedura di infrazione per deficit eccessivo, il nuovo patto di stabilità all’insegna del ritorno dell’austerità e la crescita del Pil inferiore rispetto alle previsioni - mancano all’appello almeno 25 miliardi di euro, e solo per confermare l’esistente”. Così il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari nel corso dell'audizione sul DEF in commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato.

Il dirigente sindacale chiede “che fine faranno i 100 euro netti al mese nelle buste paga di 17 milioni di lavoratrici e lavoratori, derivanti dalla decontribuzione e dall’intervento sull’Irpef? Cosa si farà per l’Istruzione e per una Sanità pubblica che sta già implodendo (come confermano gli ultimi dati Istat, con 4,5 mln di italiani che nel 2023 hanno rinunciato alle cure)?”. E ancora, “per rinnovare il CCNL per 3 milioni di lavoratori pubblici, ci si limiterà alle risorse – assolutamente insufficienti – stanziate nell’ultima legge di bilancio? Sulla Previdenza, non si intende fare nulla per onorare l’impegno solenne di superare la Legge Monti-Fornero?”. Infine, “si pensa di promuovere politiche industriali e investimenti pubblici extra PNRR, o ci si rassegna al processo avanzato di de-industrializzazione in corso ormai da tempo?”. Per la Cgil “a nessuna di queste domande il Governo dà risposta”.

Ferrari evidenzia un ultimo elemento critico, che riassume anche i precedenti: “nel DEF è scritto nero su bianco che il contributo dei profitti alla crescita dell’inflazione, pari al 60% nel 2022, non solo non è stato arginato, ma è ulteriormente aumentato al 70% nel 2023. Si sta quindi deliberatamente programmando il brutale impoverimento di milioni di lavoratori e pensionati, ormai costretti a utilizzare quote crescenti di risparmio (chi ancora ne ha) per far fronte alle spese essenziali. Da una parte con le imprese che massimizzano i profitti, non fanno investimenti e comprimono il costo del lavoro, e dall’altra con le politiche fiscali del Governo che non combattono l’evasione e violano il principio costituzionale della progressività”.

Per il segretario confederale della Cgil “tutto questo, oltre che essere ingiusto, deprime la domanda interna che, nell’attuale contesto internazionale, rappresenta ancor di più la leva decisiva per la crescita della nostra economia nazionale”.

L’Esecutivo ha di fronte a sé due possibilità: proseguire, come annunciato dalla presidente Meloni e dal Ministro Giorgetti, nel taglio alla spesa pubblica, in particolare quella su sanità, scuola, sociale, stipendi pubblici; oppure prendere i soldi dove sono, azionando la leva redistributiva del fisco su profitti, rendite, grandi patrimoni, evasione”.

“La Cgil - ha concluso Ferrari - non ha dubbi che sia quest’ultima la strada giusta da seguire, non solo nell’interesse delle persone che rappresentiamo, ma nell’interesse generale del Paese”.

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