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Roma, 10 dicembre - “Tra oggi e domani, in Commissione Attività produttive, si voterà la proposta di legge annuale per le Pmi e i relativi emendamenti destinati all’Aula. Tra questi emendamenti ve ne sono diversi, presentati da più forze politiche, che chiedono di tornare indietro rispetto all’esenzione dei committenti della moda dalle responsabilità in caso di lavoro nero e sfruttamento nelle loro catene di appalto e fornitura. Chiediamo al Parlamento di sostenere questi emendamenti e di cancellare questo obbrobrio giuridico e morale e chiediamo alle imprese serie e alle loro associazioni di sostenere la nostra richiesta”. È quanto dichiarano in una nota Lara Ghiglione, segretaria nazionale della Cgil, e Alessandro Genovesi, responsabile della contrattazione inclusiva e della lotta al lavoro nero della Cgil nazionale.
“La priorità - sottolineano i due dirigenti sindacali - non è dotare i committenti di uno scudo che li esenti dalle responsabilità previste dal D.lgs. 231/01, con l’unico effetto di penalizzare le imprese artigiane più serie della filiera e, paradossalmente, favorire chi sfrutta i lavoratori, compresi caporali e organizzazioni criminali. Occorre invece definire insieme modelli organizzativi e gestionali più efficaci, che prevedano indici di conformità per escludere preventivamente chi non rispetta un rapporto congruo tra lavoratori dichiarati e pezzi prodotti; che prevedano piattaforme informatiche aperte a tutti, committenti, sindacati, Ispettorato, per verificare in tempo reale il rispetto delle leggi e dei contratti collettivi di settore; e che vedano il coinvolgimento del sindacato e dei responsabili del committente nello svolgimento di verifiche e audit congiunti, rafforzando il controllo sociale e la qualificazione dei fornitori”.
“Queste e altre proposte avanzate unitariamente dal sindacato dei tessili - continuano Ghiglione e Genovesi - rappresentano la vera risposta per sconfiggere il lavoro nero e lo sfruttamento, non per consentirli di fatto attraverso lo scudo ai committenti. Su questo siamo pronti sin dalle prossime ore, una volta modificata la legge, a confrontarci con il Ministero del Lavoro e del Made in Italy, con le associazioni d’impresa e con l’Ispettorato del lavoro, per giungere a modelli condivisi”.
“Insomma - aggiungono Ghiglione e Genovesi - l’obiettivo di tutti deve essere quello di contrastare lavoro nero, caporalato e criminalità organizzata, oltre che evasione fiscale e contributiva; non certo quello di voltarsi dall’altra parte, confidando nel fatto di non essere più ritenuti responsabili. Spetta alle parti sociali dimostrare, di fronte a problemi e contraddizioni, la capacità di tenere insieme sviluppo e diritti, qualità e concorrenza leale, affrontando ciò che non funziona, come emerso in questi mesi sia dall’azione dell’Ispettorato del lavoro sia da diverse procure”.
“Il Made in Italy non ha bisogno di zone d’ombra, ma di legalità, tracciabilità e responsabilità lungo tutta la catena del valore. La reputazione internazionale del nostro settore moda non si protegge escludendo i committenti dai doveri previsti dal D.lgs. 231/01, bensì investendo in controlli efficaci, nella formazione professionale e in relazioni industriali mature. È questa la strada che chiediamo alle associazioni d’impresa di sostenere, perché - concludono Genovesi e Ghiglione - un Paese che tollera lo sfruttamento diventa più debole, mentre un Paese che tutela la qualità del lavoro diventa più competitivo, più giusto e più credibile”.






