Con sentenza del 23 giugno 2023 il TAR del Lazio, su ricorso della CGIL nazionale, ha annullato le disposizioni del regolamento ministeriale, adottato con DM 17 febbraio 2022 n. 27, che stabilivano i requisiti per l’iscrizione all’albo speciale del Ministero di Giustizia degli enti abilitati a promuovere azioni di classe, escludendo di fatto le organizzazioni sindacali.
L’effetto derivante dalla mancata inclusione del sindacato era quello di inibire alle organizzazioni sindacali la facoltà di promuovere azioni concrete ed efficaci di politica giudiziaria a carattere collettivo per tutte le controversie in cui si discuta di lesioni di diritti omogenei per contenuto.
L’esclusione impediva al sindacato di agire, in materia di lavoro e non solo, per ottenere risarcimenti generalizzati a fronte di inadempienze (840 bis c.p.c.) e per ottenere provvedimenti inibitori che impediscano il prodursi di ulteriori danni ai lavoratori con l’ottenimento di misure efficaci atte ad eliminare gli effetti delle inadempienze (840 sexiesdecies c.p.c.).
Il decreto ministeriale che individua i soggetti legittimati a promuovere tali azioni con l’iscrizione presso un albo, escludeva, infatti, attraverso un rinvio ai soli enti ricompresi nel codice del terzo settore (d.lgs. 3 luglio 2017 n. 117), le organizzazioni sindacali in modo irragionevole in quanto chiaramente finalizzato a inserire solo tali enti.
Il regolamento depotenziava, pertanto, in forma generalizzata ed assoluta l’istituto processuale dell’azione di classe e in concreto lo rendeva inutilizzabile per le controversie di lavoro patrocinate dalle organizzazioni sindacali.
Tale esclusione avrebbe potuto, inoltre, produrre il rischio concreto di una interpretazione restrittiva, peraltro da alcuni già prospettata, di esclusione delle controversie di lavoro dalle class action sia risarcitorie che inibitorie e comunque creare un danno all’azione e alla libertà sindacale privando le organizzazioni di uno strumento efficace di politica giudiziaria a tutela dei lavoratori.
Nel ricorso predisposto dalla CGIL nazionale era stata ben evidenziata l’obiettiva irragionevolezza e illegittimità delle disposizioni del DM, in quanto la fonte legislativa e il codice di procedura civile non consentono tale delimitazione, che va ben oltre una verifica di serietà e solidità degli enti ammessi alla class action.
L’art. 840 sexiesdecies, infatti, ha una portata pressoché illimitata e ben più ampia del regolamento, in quanto identifica “le organizzazioni e o le associazioni senza scopo di lucro i cui obiettivi statutari comprendano la tutela degli interessi pregiudicati dalla condotta”.
In tale previsione, a ben vedere, è certamente ricompreso anche il sindacato che agisce statutariamente per la tutela degli interessi dei lavoratori.
Come già anticipato, il TAR del Lazio ha accolto i nostri rilievi con sentenza del 23 giugno 2023 e ha annullato le disposizioni impugnate evidenziando come, “nell’esercizio della discrezionalità regolamentare, l’amministrazione ha operato in maniera palesemente illogica ed irragionevole, circoscrivendo la legittimazione all’azione al mero possesso della qualifica di ente del terzo settore”.
In aggiunta, il Giudice amministrativo ha sottolineato come “la difesa dei diritti individuali omogenei di una determinata categoria di soggetti (nel caso delle ricorrenti, i lavoratori subordinati) risulta intrinsecamente connaturata con gli scopi associativi tipici del sindacato: risulta, indi, irrazionale l’esclusione di tali enti esponenziali dal novero dei legittimati all’azione collettiva. D’altronde, storicamente, la nascita del sindacato è funzionale all’esercizio di iniziative collettive a difesa della «classe» dei lavoratori (es. la contrattazione collettiva)”.

In conclusione, la sentenza del TAR del Lazio rappresenta un importante passo in avanti rispetto alla chiara volontà di estromettere le organizzazioni sindacali dall’esperimento dell’azione di classe, strumento giurisdizionale che può rivelarsi, se ben selezionato, assai efficace per la tutela degli interessi collettivi rappresentati dalla nostra Organizzazione.