Di seguito riportiamo una nota del segretario confederale Christian Ferrari in merito ai principali interventi apportati al disegno di legge per l’attuazione dell’art. 116, terzo comma – c.d. “ddl Calderoli”.


Il testo del “ddl Calderoli” licenziato dalla Commissione che sarà a breve discusso nell’aula del Senato contiene numerose modifiche al testo originario, ma nessuna di esse scardina o attenua le principali criticità del percorso volto a riconoscere ulteriori e particolari forme di autonomia alle regioni a statuto ordinario nelle numerose materie o ambiti di materie indicate dall’art. 116, terzo comma.

Nel primo articolo, laddove si definiscono le finalità del ddl, nell’iter in commissione sono stati approvati emendamenti che richiamano l’obiettivo di rispettare l’unità nazionale, rimuovere discriminazioni e disparità, rispettare la coesione economia e sociale, rispettare i principi solidaristici costituzionali, assicurare che i diritti civili e sociali siano garantiti equamente subordinando il riconoscimento delle relative funzioni alla determinazione dei LEP…ma tutto questo si prevede avvenga a normativa vigente.

E la normativa vigente non prevede né risorse adeguate a finanziare i Livelli Essenziali delle Prestazioni né una modalità della loro definizione che sia effettivamente volta a garantire l’uniforme esigibilità dei diritti civili e sociali fondamentali attraverso i LEP.

L’articolo secondo, relativo alla procedura, riporta modifiche sia in relazione ai tempi di ciascun passaggio che sono aumentati di circa 30 giorni ciascuno, sia in relazione al coinvolgimento del Parlamento e della Conferenza della Regioni cui si concede di essere informati prima dell’avvio del negoziato e di ricevere comunicazione sull’intenzione del governo di non conformarsi agli atti di indirizzo espressi.

Le modifiche apportate, quindi, non sanano le mancanze di una procedura che, di fatto, marginalizza il parlamento cui non resterà altra possibilità se non approvare o respingere, nella sua versione finale, i testi delle intese raggiunte tra Governo e regione.

Nei lavori della commissione si è riscritto l’articolo 3 concernente la determinazione dei LEP introducendo una – apparente – sostanziale novità: la previsione della delega al governo per l’individuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni nelle materie indicate dallo stesso articolo

(quasi tutte quelle oggetto di possibile intesa ai sensi dell’art. 116) da esercitare entro 24 mesi. Una previsione che – in parte – vuole restituire una qualche competenza legislativa – seppur molto parziale trattandosi di una delega al Governo - al Parlamento su materie tanto importanti come i

diritti civili e sociali delle persone, ma che nella sostanza non muta lo scenario totalmente erroneo e pericoloso delineato dalla legge di bilancio 2022. La delega, infatti, dovrà comunque basarsi sui principi e criteri determinati dalla norma vigente (quindi risorse date, funzioni già esercitate ecc.), da quanto disciplinato dallo stesso art. 3 della norma e in ogni caso, saranno fatti salvi tutti i lep e i relativi costi e fabbisogni standard determinati nelle more dell’entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi.

Quindi, quanto verrà disposto in attuazione della legge di bilancio del 2022 e delle procedure per l’attuazione dell’art. 116 terzo comma, resterà immutato con tutte le criticità già sollevate di metodo e di merito, a partire dall’assenza di risorse.

Il nodo risorse torna anche nella modifica apportata all’articolo 4 in cui si specifica che il trasferimento alle Regioni delle funzioni relative ai LEP sarà effettuato, dopo la loro determinazione, nei limiti delle risorse indicate in legge di bilancio.

L’individuazione dei beni e delle risorse necessarie a esercitare le funzioni trasferite rimane appannaggio di una Commissione paritetica Stato -Regione interessata allargata alla partecipazione delle autonomie locali con un rappresentante di Anci e uno di UPI.

Le modifiche apportate all’articolo 5 prevedono che laddove sia necessario individuare anche risorse umane da trasferire siano sentite le OO.SS.

Per rispondere ai fondati allarmi relativi all’impossibilità di retrocedere dalle intese raggiunte, si modificano parzialmente le disposizioni dell’articolo 7 su tempi e modi di vigenza delle intese, esplicitando quanto è già costituzionalmente previsto – ma poco esercitato – nell’art. 120 della

Carta, dove si prevede che per garantire l’unità economica, sociale e giuridica della nazione lo stato possa intervenire, in questo caso, modificando o annullando i termini delle intese.

La totale riscrittura dell’articolo 8, invece, attribuisce alla Commissione paritetica un ruolo decisivo nel monitoraggio e valutazione degli effetti delle intese, anche di quelli finanziari in termini di coerenza con gli equilibri di finanza pubblica, e di eventuale rideterminazione delle aliquote di compartecipazione al gettito previste per sostenere le intese.

Le modifiche apportate agli ultimi articoli (9 e 10) sono dichiarazioni di principio sulla necessità di salvaguardare la coesione nazionale, garantire forme di perequazione a tutela delle altre regioni e attuare il federalismo fiscale dal 2027 (come previsto dal dlgs 68/2011 e dal PNRR), ridurre divari

infrastrutturali che si contraddicono con l’impianto normativo determinato dallo stesso provvedimento e con le risorse (totalmente insufficienti) messe a bilancio per realizzare qualsivoglia superamento dei divari esistenti.

BREVI CONSIDERAZIONI

Nel testo al vaglio dell’aula del Senato, dunque, rimangono immutati i pericoli denunciati per la disarticolazione dei diritti, delle politiche pubbliche e dei CCNL, e le criticità di sostenibilità finanziaria dell’intero sistema paese, su cui anche il Governatore della Banca d’Italia, Visco, si è espresso a ottobre, in una lettera rivolta ai componenti del comitato CLEP voluto dal Min. Calderoli e presieduto da prof. Cassese.

Nella lettera, l’ormai ex- Governatore sottolinea tre principali criticità sulla procedura individuata per determinare i LEP e sui contenuti dell’elaborato del Comitato:

1. la scelta dei LEP non può essere neutra in termini assoluti (perché ciò che non vi è ricompreso diviene immediatamente oggetto di maggiore autonomia e questa scelta quindi “si ripercuote sulla dimensione degli spazi disponibili per la differenziazione territoriale delle politiche pubbliche”)

2. non si può parlare di LEP in termini generici o di ricognizione sistematizzata della legislazione vigente, e la loro adozione non può essere appannaggio di un comitato tecnico, ma deve essere una prerogativa del decisore politico. A monte della discussione, si sottolinea nel documento, manca l’assunzione della decisione politica su quali prestazioni sono essenziali a quali fini e, quindi, di quale dotazione finanziaria necessitano.

3. la necessità di operare una esaustiva valutazione sugli impatti finanziari del provvedimento, sui rapporti tra stato e regioni e sulla conseguente distribuzione delle risorse pubbliche attraverso un’architettura finanziaria coerente con gli obiettivi di coesione, solidarietà e unità della Repubblica.

Criticità che, ad oggi, non hanno trovato alcuna risposta soddisfacente.

Il Comitato presieduto dal prof. Cassese, voluto dal Ministro Calderoli, ha concluso la sua funzione istruttoria per la Cabina di Regia prevista dalla Legge di Bilancio 2022, redigendo un Rapporto finale contenente una disanima delle materie che possono essere oggetto dell’art. 116 terzo comma e cui possono essere ricondotti Livelli Essenziali delle Prestazioni.

Alla Cabina di Regia spetterà ora (avrebbe dovuto concludere i lavori entro dicembre 2023, ma è in arrivo una proroga del termine a ottobre 2024), sulla base delle ipotesi tecniche predisposte dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni standard, determinare i Livelli Essenziali delle Prestazioni che saranno poi introdotti con i Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM), come previsto dalla normativa vigente