PHOTO
Con la Legge di Bilancio del 2024 il Governo Meloni ha tagliato la quota retributiva delle pensioni per chi ha meno di 15 anni al 31/12/1995 (L.213/2023), colpendo migliaia di dipendenti pubblici iscritti a CPDEL, CPS, CPI, e CPUG.
Si stima che nel 2043, saranno oltre 730.000 le lavoratrici e i lavoratori pubblici colpiti dai tagli alle proprie pensioni, per complessivi 33 miliardi di euro a regime.
Il tutto in un contesto di rinnovi contrattuali che non garantiscono salari adeguati né tanto meno il recupero dell’inflazione.
Con la legge di bilancio del 2025 il Governo conferma i tagli relativi alle aliquote di rendimento, allargando la platea delle lavoratrici e dei lavoratori coinvolti, attraverso l’innalzamento del limite ordinamentale a 67 anni, posticipando di fatto l’accesso al pensionamento e il pagamento della buonuscita. Di fatto tutte le pensioni anticipate con contribuzione CPDEL, CPS, CPI, e CPUG, erogate prima dei 67 anni subiranno il taglio!
Nessun intervento per combattere l’evasione fiscale e contributiva, più facile colpire chi ogni mese paga tasse e contributi.
anno inizio contribuzione | taglio annuo (con contribuzione 30mila euro) | taglio annuo (con contribuzione 50mila euro) | taglio annuo (con contribuzione 70mila euro) |
1983 | 927 € | 1.545 € | 2.163 € |
1987 | 2.645 € | 4.409 € | 6.173 € |
1990 | 4.077 € | 6.796 € | 9.515 € |
1992 | 5.100 € | 8.501 € | 11.901 € |
1994 | 6.177 € | 10.296 € | 14.415 € |
È un attacco diretto ai lavoratori pubblici. Una norma retroattiva con forti profili di incostituzionalità.
Altro che superamento della Legge Fornero: in pensione sempre più tardi e con una pensione più bassa.
Vieni in Cgil per conoscere la tua posizione contributiva e pensionistica
→Scarica Volantino in Pdf – Jpg


La legge di bilancio per il 2024 (L. 213/2023, art. 1, commi 157-163) ha introdotto una revisione peggiorativa delle aliquote di rendimento pensionistico per alcune gestioni previdenziali (CPDEL, CPS, CPI e CPUG), applicabile ai pensionamenti anticipati dal 1° gennaio 2024, con impatti potenzialmente rilevanti sulla quota retributiva di pensione per chi ha meno di 15 anni di contribuzione nel sistema retributivo.
La norma prevede alcune deroghe, come per coloro che hanno perfezionato il requisito pensionistico entro il 31 dicembre 2023, per chi maturerà il diritto alla pensione al raggiungimento dei limiti ordinamentali, e per i lavoratori del comparto sanità che, proseguendo l’attività per ulteriori tre anni, possono neutralizzare l’impatto del taglio.
Nonostante ciò, la misura produce effetti retroattivi e discriminatori nei confronti di molti lavoratori ancora in servizio, i quali avevano fondato le proprie legittime aspettative pensionistiche su un quadro normativo differente e più favorevole.
Inoltre, l’ultima legge di bilancio ha innalzato a 67 anni tutti i limiti ordinamentali nel pubblico impiego, con ricadute significative su un’ampia platea di lavoratrici e lavoratori iscritti alle gestioni previdenziali sopra indicate. Di conseguenza, chi andrà in pensione prima di tale soglia sarà soggetto all’applicazione delle nuove aliquote di rendimento, con una riduzione sensibile della quota retributiva della pensione.
Nelle ultime settimane l’Istituto ha aggiornato i programmi di calcolo con le nuove aliquote, e stanno cominciando a manifestarsi gli indebiti a carico di chi è andato in pensione anticipata in questi mesi, con ulteriori ricadute economiche e giuridiche.