Roma, 17 settembre - “Il Governo, da quando è in carica, ha fatto crescere di oltre 500 euro l’importo soglia per il pensionamento anticipato nel sistema contributivo, rendendolo un miraggio. Prima crea il problema, e poi prova a spacciare per soluzione un rimedio inefficace”, attacca la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione. “Il vero nodo – sostiene – è quello della precarietà e dei salari: fissare una soglia così alta significa rendere impossibile l’uscita a 64 anni alla stragrande maggioranza delle lavoratrici e dei lavoratori italiani. Basterebbe fare i calcoli: con retribuzioni medie o basse la soglia non è raggiungibile nemmeno dopo 40 anni di contributi e con l’utilizzo del TFR”.

L’Ufficio previdenza della Cgil nazionale ha elaborato un’analisi (in allegato) che smonta la proposta del Governo di utilizzare il TFR per consentire l’uscita a 64 anni, “uscita che – come ricorda Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Confederazione – era stata prevista dalla legge Fornero”. “I dati parlano chiaro: da quando è in carica questo Governo – spiega il dirigente sindacale – l’importo soglia è cresciuto a dismisura: nel 2025 la soglia è di 1.616,07 euro (+306,65 euro rispetto al 2022, +23%) e nel 2030 arriverà a 1.811,78 euro (+502,36 euro rispetto al 2022, +38%). Solo questo incremento richiede un montante contributivo aggiuntivo di oltre 128.000 euro: un traguardo irraggiungibile per chi ha carriere discontinue e salari medi o bassi, che richiederebbe una retribuzione aggiuntiva di 388.953 euro al 2030”.

Anche l’utilizzo del TFR da sommare al montante contributivo maturato di fronte a questi numeri per la Cgil sarebbe appunto “inefficace”, come le nostre simulazioni dimostrano chiaramente. “La maggioranza dei lavoratori – dichiara Cigna – non riesce a raggiungere la soglia: con 8.000 euro annui di retribuzione, dopo 40 anni la pensione stimata è di appena 505 euro al mese; con 20.000 euro si arriva a 1.263 euro; solo chi ha redditi elevati supera i requisiti, mentre chi lavora tutta la vita con salari medi resta comunque sotto le soglie. Persino con la retribuzione media del settore privato, pari a 23.700 euro annui, dopo 40 anni la pensione stimata è di 1.496 euro, ben al di sotto della soglia prevista per il 2030”.

Lara Ghiglione ribadisce che “il TFR è salario differito, parte integrante della retribuzione: utilizzarlo in questo modo significa intaccare diritti certi senza risolvere nulla. Il Governo aveva promesso il superamento della legge Fornero – conclude la segretaria confederale della Cgil – ma nei fatti non solo ha azzerato la flessibilità in uscita, ha addirittura aggravato una legge che continua a evocare solo negli slogan. Anziché eliminare soglie impossibili le ha alzate, e adesso vorrebbe trovare soluzioni. Noi continueremo a batterci per una vera riforma previdenziale che assicuri equità, giustizia sociale e una pensione dignitosa per tutte e tutti, costruendo una pensione di garanzia per i più giovani”.

In allegato l’analisi dell’Ufficio previdenza della Cgil nazionale