Roma, 28 aprile - "Con Decreto del Ministero delle Finanze è stato disposto l’aumento del costo del permesso di soggiorno elettronico, che passa da 27.50 euro a 30.46 euro. Oggi chi lo richiede, ne rinnova la durata, aggiorna o ne chiede il duplicato si troverà quindi a versare 110.46 euro per permessi di durata inferiore a un anno, 130.46 per permessi di durata fino a due anni e 230.46 euro per permessi oltre i due anni. È un'operazione senza pudore". Questo il commento di Inca e Cgil al decreto pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale.

“Il Governo – sostengono in una nota congiunta la Cgil e il Patronato è già inadempiente nei confronti delle migliaia di richieste di rimborso dell’ulteriore contributo a seguito della condanna del settembre scorso da parte della Corte di Giustizia Europea, e ora, anziché mettere mano alla materia e al costo complessivo di rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno, mostra indifferenza rincarando l’onere già gravoso per i lavoratori stranieri e le loro famiglie”.

“La sproporzione – aggiungono è nell’importo complessivo del costo del permesso, già giudicato eccessivo rispetto alle finalità e alle norme europee e che grava sulle famiglie di immigrati ogniqualvolta si procede ai rinnovi con durata sempre più breve e che quindi si ripresentano con maggiore frequenza. Un modo paradossale di fare ulteriore cassa su chi contribuisce in modo cospicuo al bilancio dello Stato versando tasse e contributi, senza ottenerne uguali diritti e prestazioni corrispondenti”.

“Siamo alla presa in giro – affermano Inca e Cgil nei confronti degli stranieri già chiamati a versare somme ingenti per poi richiederne subito dopo la restituzione sulla base della sentenza della Corte di Giustizia Europea, il cui giudizio è vincolante per lo Stato. Un'occasione persa dall’Esecutivo per cancellare questa tassa ingiusta e riportare il costo del permesso di soggiorno a una cifra al pari di quello sostenuto per le altre pratiche della Pubblica Amministrazione”.

“L’Inca e la Cgil, da tempo e per prime impegnate al contrasto di questa odiosa norma, hanno avviato la campagna di inoltro delle domande di rimborso – conclude la nota e invitano i lavoratori stranieri e le loro famiglie nei propri uffici per ottenere la restituzione di quanto già versato da gennaio 2012, data di entrata in vigore del decreto sull’ulteriore contributo”.