Un recente articolo “Perché la crescita non può essere verde” di Joan Wong per Foreign Policy,ripercorre le ricerche degli ultimi anni che dimostrano l'incompatibilità fra capitalismo e tutela delpianeta e del clima. La crisi ambientale e climatica, determinata dalla crescita economica globale,dalla crescita dei consumi e dell'uso delle risorse, ha ormai oltrepassato i limiti che dovrebberoessere rispettati per evitare il collasso del pianeta. Gli studi, riportati nell'articolo, dimostrano chela “crescita verde”, intesa come crescita del PIL disaccoppiata dall'utilizzo di risorse naturali, non siapossibile.Anche nelle ipotesi più ottimistiche utilizzate dai ricercatori, che prevedevano l'introduzione di unatassa globale sul carbonio di quasi $ 600 per tonnellata, tasse sull'estrazione delle risorse e usoefficiente delle risorse, a fronte di una crescita globale del 3% all'anno, entro il 2050 la crescitadeterminerà un incremento superiore all'attuale nel consumo di risorse, ben oltre la soglia disostenibilità fissata a 50 miliardi di tonnellate all'anno, un limite che abbiamo già superato nel2000.Per invertire questa tendenza non è sufficiente la leva fiscale e l'innovazione tecnologica. Perevitare il collasso ecologico alcuni economisti stanno proponendo da anni l'imposizione di limitimassimi all'uso delle risorse, per garantire che non si estragga dalla terra e dai mari più di quanto ilpianeta è in grado di rigenerare in modo sicuro. Questo comporterebbe un limite alla crescitaeconomica, a cominciare dalle nazioni ricche, a partire dai settori particolarmente dannosi per lanostra ecologia e di quelli che non sono necessari. Il pianeta fornisce risorse più che sufficienti, persoddisfare le esigenze di tutti non è necessario aumentare la crescita, occorre invece ripartire lerisorse in modo equo.Il movimento sindacale è da sempre impegnato nella lotta per uno sviluppo sostenibile che,tenendo conto della limitatezza delle risorse, garantisca equità per tutti gli abitanti del pianeta eanche per le future generazioni (equità intra e intergenerazionale).Non è un caso che la CES e l'ETUI siano stati fra i promotori della Conferenza sull'economia postcrescita (https://www.postgrowth2018.eu/) che si è tenuta nei giorni scorsi al ParlamentoEuropeo. La Conferenza è stata preceduta da una lettera alle istituzioni dell'UE firmata da oltre 200scienziati (https://degrowth.org/2018/09/06/post-growth-open-letter/) ed è stata organizzata dadiversi stakeholders, e da alcuni parlamentari del Parlamento Europeo. L'obiettivo era quello diripensare l'attuale processo decisionale dell'Unione europea e di esplorare politiche alternativeall'attuale modello di sviluppo insostenibile. Gli organizzatori della Conferenza hanno lanciato lariflessione sull'impossibilità di rispondere alle sfide ambientali e climatiche con la continua ricercadella crescita e utilizzando il PIL quale unica misura dello sviluppo, senza tenere conto anche delleingiustizie sociali, delle crisi ambientali e degli altri parametri che misurano il benessere dellepopolazioni. Riportiamo sotto le motivazioni della Conferenza:“... perché l'economia circolare può funzionare solo in misura limitata,... perché il miglioramentodell'efficienza energetica non ha diminuito il nostro consumo energetico, in molti casi il contrario,... perché "disaccoppiare" la crescita economica dalla crescita delle emissioni di carbonio non èsufficiente a rallentare il riscaldamento globale,... perché la disuguaglianza è in aumento dadecenni, il che preoccupa anche l'1% più ricco,... perché la nostra crescita si basa sul debito e suimercati finanziari, soggetta a bolle e collassi - ma il sistema potrebbe essere progettatodiversamente”.“La CES mira a garantire che l'UE non sia solo un mercato unico per beni e servizi, ma ancheun'Europa sociale, dove migliorare il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie sia una prioritàaltrettanto importante ". La conferenza post-crescita si è conclusa con una sessione il 20 settembreospitata dalla CES e dall'ETUI, concentrata sulle carenze del sistema attuale e sulle lacune delpensiero economico delle istituzioni dell'Unione europea per far avanzare l'agenda per unosviluppo sostenibile giusto, equo e democratico.La CGIL è impegnata con forza nella battaglia per cambiare radicalmente il modello di sviluppo, conuna giusta transizione verso uno sviluppo sostenibile. Di recente ha lanciato la Piattaforma per losviluppo sostenibile per sostenere il nostro impegno nella contrattazione integrata e multilivellotenendo insieme sviluppo, ricerca di piena occupazione, rispetto del pianeta e diritti umani. Questitemi saranno centrali anche nel dibattito congressuale perché, come dice il documentocongressuale Il lavoro E' nel paragrafo dello Sviluppo:“L’aumento delle disuguaglianze sociali e territoriali e le grandi transizioni – ambientale etecnologica – richiedono una strategia a lungo termine. I cardini di questo processo sono lasostenibilità ambientale, economica, sociale e territoriale per un nuovo modello di sviluppo cherisponda ai bisogni di oggi e rispetti quelli delle prossime generazioni. La contrattazione per losviluppo rappresenta lo strumento per negoziare le precondizioni per la creazione di lavorodignitoso e di benessere per un nuovo e rafforzato modello di confederalità”.https://www2.cgil.it/admin_nv47t8g34/wp-content/uploads/2018/10/Perche_la_crescita_non_puo_essere_verde.pdf