Roma, 7 novembre - “Esprimiamo forte preoccupazione per il Protocollo d'intesa firmato ieri tra Italia e Albania, su cui dovremo certamente verificare i dettagli ancora non noti e l'eventuale applicazione per la gestione dei flussi migratori. Il Governo continua a concentrare risorse, pubbliche, su politiche di respingimento, rimpatri e su modelli securitari, e non costruisce un vero sistema di accoglienza nel nostro Paese”. Ad affermarlo la segretaria confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli.

“Nel merito, per quanto emerso in queste ore - sottolinea la dirigente sindacale - l'Italia costruirà in Albania un centro di prima accoglienza e un centro per il rimpatrio che, ogni anno, dovrebbero gestire fino a 36 mila migranti salvati in mare. Un modello securitario italiano trasferito fisicamente in Albania, dove sarà possibile - sempre secondo le dichiarazioni della Presidenza del Consiglio - processare le domande di asilo e rimpatrio in soli ventotto giorni”.

“Alla Presidenza del Consiglio, che ha presentato l’accordo con toni entusiastici, vogliamo porre alcune domande: se realmente è possibile processare le richieste di asilo in tempi così ridotti, perché farlo in Albania? Ma soprattutto, sappiamo che per una seria valutazione delle domande - spesso complesse - c'è bisogno di tempo per evitare appunto approcci approssimativi con il rischio di comprimere i diritti stessi dei richiedenti asilo. Quali costi di gestione e del personale saranno necessari per sostenere questa operazione? Come sarà possibile supportare i migranti per l'accesso alle richieste e procedure di asilo?”.

“La verità non detta è che - aggiunge Gabrielli - gli accordi bilaterali fino ad oggi sottoscritti, con finalità di garantire ‘la sicurezza della Patria e rimpatriare i migranti’, non sono sufficienti a fermare un processo strutturale come quello migratorio. E allora si utilizzano le energie non per affrontare il tema di una nuova politica migratoria nei paesi dell'Unione europea o per costruire nuovi strumenti per l'ingresso regolare nel nostro Paese, ma per concludere accordi finalizzati a spostare i migranti al di fuori dell'Ue, come se non fossero persone ma merce. Ravvisiamo inoltre che una procedura di delocalizzazione di questo tipo - conclude la segretaria confederale - è contraria a tutte le norme di diritto internazionale che si occupano di protezione”.