Roma, 30 luglio – “Il decreto legge licenziato dal Consiglio dei ministri, pur dovuto a seguito della sentenza della Cedu sul caso ‘Terra dei fuochi’, mostra chiaramente e ancora una volta tutti i limiti dell’azione del Governo. Inasprire le pene per chi inquina è sicuramente un atto positivo e di eco giustizia ambientale, ma ciò che continua a caratterizzare l’esecutivo Meloni è la totale assenza di una benché minima idea di politiche di recupero e bonifiche dei territori gravemente inquinati”. Così il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo commenta il provvedimento varato oggi dal Cdm recante disposizioni urgenti per il contrasto alle attività illecite in materia di rifiuti e per la bonifica dell'area denominata Terra dei fuochi.

Il dirigente sindacale sottolinea che “in Italia ci sono oltre 226 mila ettari di superficie a terra e a mare che ricadono nei 42 Siti di Interesse Nazionale. Ma solo per il 24% della matrice suolo è stato caratterizzato l’inquinamento, primo passo per il risanamento delle aree, e solo per il 5% sono stati approvati progetti di bonifica o messa in sicurezza. Di questo passo, con una media di 11 ettari bonificati all’anno, ci vorranno almeno 60 anni prima di vedere l’iter concluso”. Inoltre, “se a questi numeri aggiungiamo quelli dei Siti di Interesse Regionale, la situazione desta ancor più preoccupazione: secondo gli ultimi dati ISPRA (2024), infatti, i siti interessati da procedimenti di bonifica nel 2023 sono complessivamente 38.556, dei quali 16.365 con procedimento in fase arretrata”.

“6,2 milioni di cittadini italiani vivono sulla loro pelle i drammatici effetti di tali ritardi”, denuncia il segretario confederale. “3% in più dei ricoveri ospedalieri, un eccesso di rischio dell’8% per tutte le cause nel primo anno di vita dei bambini ed esposizione cronica di oltre il 10% della popolazione residente a rischi permanenti per la salute, rispetto alla media italiana, dicono che il tema delle bonifiche non può più essere rimandato”.
“Manca – sostiene Gesmundo – una strategia nazionale sulla bonifica dei siti inquinati che metta a sistema il risanamento ambientale delle aree, la tutela della salute delle persone, in una visione di riconversione industriale dei siti o per dare loro altri destini, e mancano le risorse necessarie per affrontare e risolvere definitivamente il tema”.

Sul fronte delle risorse, cita le stime più recenti dell’ISPRA: “l’Istituto ha calcolato che il costo complessivo per le bonifiche in Italia si aggira intorno ai 30 miliardi di euro, a fronte di un ‘mercato delle bonifiche’ che attualmente ne vale solo 3 all’anno. Parliamo di un’attività che, se assunta come priorità nell’azione di Governo, potrebbe non solo rigenerare ambienti e territori compromessi, ma essere una grande opportunità di nuovo insediamento occupazionale, considerando che anche la stessa Confindustria stima che investire nelle bonifiche creerebbe 200mila nuovi posti di lavoro”.

“Come Cgil – annuncia in conclusione Gesmundo – intendiamo aprire immediatamente una forte fase di vertenzialità diffusa su tutto il territorio nazionale affinché si provi a stringere tempi e prospettive per la bonifica dei siti inquinati, e chiediamo sin da subito un tavolo governativo straordinario per ridare priorità al tema dell’ambiente, della sua rigenerazione in una visione industriale ecocompatibile che sappia cogliere le grandi opportunità per il Paese”.