È entrata in vigore il 1° maggio 2024 la legge 29 aprile 2024 n.56 di conversione del decreto-legge 19/24, meglio noto come decreto PNRR quater.

Durante l’iter parlamentare sono state inserite una serie di disposizioni che, al di là di alcune positive acquisizioni, hanno ulteriormente aggravato il carattere regressivo dell’intero impianto normativo.

Innanzitutto, è stata introdotta una norma che consente alle regioni di avvalersi, nell’ambito dei servizi consultoriali, di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità. Si tratta di un grave atto di ingerenza nell’autonomia delle donne, volto a consentire alle associazioni antiabortiste l’ingresso nei consultori per comprimere il loro diritto all’autodeterminazione. È una norma che la CGIL combatterà in tutte le sedi e in tutte le forme possibili.

Viene unificato il sistema di qualificazione delle imprese e la patente a punti, con la dicitura: “Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi tramite crediti”.

Conseguentemente, si modifica quanto previsto dal decreto legislativo n. 81/2008 e non vengono accolte le nostre richieste in merito alla qualificazione come prerequisito per svolgere l’attività e alla patente a punti per l’eventuale sospensione dell’attività medesima.

Si introduce nella norma un grave peggioramento: sarà possibile per le imprese esercitare l’attività anche con il possesso di un documento definito come “equipollente” alla patente a crediti di uno stato europeo, o addirittura extra europeo: senza alcun controllo, nessuna verifica della effettiva equipollenza della documentazione e degli standard, e senza un preventivo iter di riconoscimento. Ciò rischia di aprire un “fiorente mercato” di attestazioni conseguite all’estero.

Complessivamente, si può affermare che la patente a crediti viene resa inefficace o quasi da tutte le deroghe e i paletti introdotti per la protezione da controlli, ispezioni, verifiche e riscontri reali. Tutto questo al fine di proteggere le aziende dallo strumento in possesso, fino a poco tempo fa dell’INL, rappresentato dalla sospensione dell’attività o da una messa fuori mercato delle aziende scorrette. È esattamente questa la richiesta, ribadita più volte, della nostra piattaforma.

Sostanzialmente, la misura non avrà effetti significativi sulle morti, sugli incidenti sul lavoro e sulle malattie professionali, a conferma che il Governo non intende adottare misure radicali per fermare la vera e propria strage che si sta consumando nei posti di lavoro.

Consideriamo, invece, una conquista determinata dalle nostre iniziative di mobilitazione, e dalla costante pressione esercita nei confronti del Governo e del Parlamento, le norme introdotte in tema di contratti collettivi da applicare al personale impegnato negli appalti, che prevedono: 

  • il riferimento al contratto collettivo nazionale “sottoscritto dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” e non al contratto “maggiormente applicato”;
  • l’applicazione delle condizioni contrattuali relative anche alla parte normativa dei contratti e non solo alla parte economica, come inizialmente previsto dal decreto;
  • l’esplicita applicazione di tali disposizioni anche in caso di sub-appalto.

In tema di relazioni sindacali, un timido passo nella giusta direzione è l’inserimento di una norma che consente la partecipazione alle cabine di coordinamento provinciali delle parti sociali, il cui coinvolgimento è, peraltro, uno degli obiettivi del PNRR. Tuttavia, per la loro configurazione, le cabine, coordinate dai prefetti, non hanno le specifiche caratteristiche di luoghi di condivisione di scelte strategiche a livello territoriale.

È positiva, inoltre, la proroga per i prossimi due anni scolastici delle norme che consentono l’assunzione a tempo indeterminato su posti di sostegno del personale della scuola in possesso del titolo di specializzazione ed inserito nelle graduatorie provinciali per le supplenze.

Non c’è stata, purtroppo, nessuna marcia indietro rispetto: 

  • alla disapplicazione per i progetti in essere (circa 68 miliardi, quasi un terzo del totale) delle clausole occupazionali per giovani e donne: un vero e proprio tradimento di uno degli obiettivi fondamentali e trasversali del Piano;
  • alle modalità di copertura degli interventi – cancellati o ridimensionati – che avviene ricorrendo a rilevanti risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, scippandole di fatto alle Regioni del Sud, mentre permangono forti dubbi sull’effettiva applicazione della clausola del 40% a beneficio del Mezzogiorno;
  • alla riduzione degli investimenti pubblici diretti per finanziare – ancora una volta – ulteriori incentivi automatici alle imprese “come sono e dove sono”, concentrandoli in questo modo soprattutto nelle Regioni del Nord e senza particolari condizionalità.

Così facendo, c’è il rischio concreto che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – da occasione irripetibile di cambiamento – si trasformi nell’ennesima occasione perduta.

Ribadiamo il nostro fermo proposito di fare tutto il possibile – sia a livello nazionale che territoriale – per ottenere risposte per le persone che rappresentiamo su temi cruciali come: salute e sicurezza, appalti, contrattazione e salari, creazione di lavoro di qualità, in particolare per giovani e donne; politiche industriali e un nuovo modello di sviluppo che sia ambientalmente e socialmente sostenibile.


Di seguito riportiamo il documento di analisi elaborato con il contributo delle Aree della CGIL, aggiornato alla luce delle novità introdotte durante l’iter parlamentare.