Gli appalti nel settore pubblico

Dall’ultima Relazione annuale al parlamento dell’Anac, Autorità nazionale anticorruzione, si evidenzia una spesa di 290 miliardi di euro di affidamenti nel 2022 con un più 39% sul 2021 e più 56% sul 2020. Le procedure di gara sono raddoppiate rispetto al 2018, arrivando a 233 mila. Se per le forniture si registra un aumento del 13,3% rispetto al 2021 con 101,5 miliardi di euro, incremento legato a farmaci e servizi connessi, la parte consistente del ricorso agli appalti è data dai lavori e dai servizi.

Lavori

Nel 2022 il valore complessivo degli appalti di lavori pubblici ammontava a circa 108 miliardi di euro (fonte Anac). Di rilievo rispetto alla suddivisione per classi di importo sono soprattutto gli interventi di dimensioni oltre i 25 milioni che nel 2022 arrivano a incidere per il 64% sul totale. Di questi il 27,1% sono ascrivibili a lavori di categoria OG3, cioè strade, autostrade, ponti, viadotti, ferrovie e metropolitane; il 23,4% alla categoria OG1, edifici civili e industriali; il 16,4% alla categoria OG4, opere d’arte nel sottosuolo; il 5,2% alla categoria OG6, ovvero acquedotti, oleodotti e gasdotti; il 4,8% alla OG2, restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela; il restante 23% comprende le altre categorie.

In merito alle modalità di scelta del contraente, nel 2022 gli enti appaltanti hanno utilizzato nel 86,6% dei casi la procedura negoziata, senza pubblicazione di bando, e l’affidamento diretto.

Gli importi relativi ad appalti affidati con la procedura negoziata senza bando e con affidamento diretto rappresentano oltre un quinto del mercato (21,5%) pari, pertanto, a più di 23 miliardi di euro di appalti di lavori affidati senza il confronto concorrenziale della gara pubblica (elaborazione Ance su dati Anac, Osservatorio congiunturale gennaio 2024).

Fra gli appalti di lavori spiccano per rilevanza sociale, numero di addetti e importo dei lavori le cosiddette grandi opere, come i lavori per la realizzazione delle linee ferroviarie alta velocità Napoli-Bari, Palermo-Catania, Genova-Milano, il tunnel del Brennero, il sottopasso della stazione centrale di Firenze, la metro C a Roma, la circonvallazione ferroviaria di Trento e altre ancora inserite nel Pnrr.

Le principali stazioni appaltanti per importi su appalti di lavori risultano essere gli enti ferroviari e Anas, che nel 2023 hanno segnato rispettivamente un più 45% e più 116,5% rispetto al 2022 (dati Cresme - Ance).

Nel periodo gennaio-novembre del 2023 (dati monitoraggio Ance - Infoplus sulle gare pubblicate) i bandi di gara per lavori pubblici segnano, rispetto al 2022, un ulteriore aumento del 20,5% nel numero e del 24,6% nell’ importo.

Servizi

Nel 2023 la fotografia che emerge dall’Anac, nella banca dati alimentata dal sistema Simog, per procedure di affidamento di importo pari o superiore a 40 mila euro ci consegna questo quadro.

Gli importi delle procedure avviate sono pari a 8.713.804 euro, con una quota complessivamente rilevante destinata alle categorie del facility management, immobili (manutenzione del verde pubblico, servizi di facchinaggio, trasporto e trasloco), pulizia immobili, vigilanza armata e guardiania pari a 5.010.792 euro. Mentre gli importi relativi alla ristorazione collettiva sono pari a 3.703.012 di euro.

Si rileva inoltre che la media degli importi del periodo 2018-2023 è stato pari a 8.332.141 di euro.

Il 2023, in termini di importi, resta in linea con questa media, vedendo invece una flessione del 3,7% rispetto al 2022.

Consistente il numero delle procedure avviate che è stato pari a 8.710, con una flessione dell’11% rispetto all’anno precedente ma in linea con la media 2018-2023, periodo nel quale le procedure medie risultano pari a 8.794.

La ristorazione collettiva (che ricomprende mense, refezione scolastica e gestione bar in ambito pubblico) da sola conta 3.198 procedure avviate, superando la media 2018-2023 (pari a 2.674) e con una leggera flessione dell’1,1% rispetto al 2022.

Le dinamiche e le caratteristiche del mercato dei contratti pubblici in relazione a una parte dei servizi indicano come una fetta importante degli importi siano assorbiti nella sanità. Nel corso del tempo, in particolare nel 2022, si è registrato anche un significativo aumento per il servizio dei rifiuti urbani e domestici (più 39,9%) rispetto all’anno precedente.

Altro dato che emerge, sempre guardando al settore dei servizi, è la prassi prevalente (circa 60%) di aggiudicare le gare ricorrendo al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV), criterio largamente diffuso per gli appalti di maggiore importo e unica modalità, prevista per legge, negli appalti ad alta intensità di manodopera; mentre il 40% circa è aggiudicato con il criterio del prezzo più basso.

Il sistema pubblico richiede un insieme di servizi accessori ma indispensabili. Per esempio, negli ospedali e nelle strutture sociosanitarie e assistenziali, pulizie e sanificazione, ristorazione, manutenzione, smaltimento rifiuti speciali e non, lavaggio e noleggio. Sono attività per loro natura irrinunciabili ma spesso comprimibili. E questo è il rischio più alto che si corre con la costruzione di bandi con tagli di risorse messe a gara che, soprattutto negli appalti di servizi caratterizzati da alta intensità di manodopera, rischiano di tradursi in aggiudicazioni fatte con il massimo ribasso, con l’effetto di mettere in discussione la continuità occupazionale e reddituale delle lavoratrici e dei lavoratori oltreché la qualità dei servizi erogati.

La refezione scolastica è considerata un servizio integrante dell’offerta scolastica e questo ne determina il suo valore soprattutto se si stima che per una percentuale importante di bambini e ragazzi, il pasto consumato a scuola è quello più completo di cui dispongono nell’arco della giornata.

I dati Anac confermano una condizione nota: la pubblica amministrazione è la più grande stazione appaltante in termini di opere, servizi, forniture. Per questa condizione, la qualità del lavoro e la qualità del servizio e delle opere sono legati da un filo unico che rafforza ancora di più la responsabilità, in capo alla pubblica amministrazione, della gestione della spesa pubblica per l’affidamento in appalto.

Tutti gli ambiti pubblici centrali e decentrati vedono la presenza di lavoratrici e lavoratori in appalto. Non ne sono esenti, per esempio, i tribunali, dove lavorano in appalto anche circa 1.500 tra fonici, trascrittori e stenotipisti forensi, così come il comparto museale e della cultura in genere dove operano circa 10 mila lavoratrici e lavoratori.

Un sistema regolatorio importante, nell’ambito degli appalti pubblici di opere, servizi e forniture, è dato dal codice dei contratti pubblici sul cui iter, nei tanti passaggi intervenuti dal 2016 fino al 2023, la Cgil ha fortemente contribuito con proposte, iniziative, mobilitazioni che hanno consegnato un insieme di procedure e diritti a garanzia proprio della qualità degli appalti e del lavoro. L’inserimento della clausola sociale, della responsabilità in solido, dell’applicazione del contratto nazionale sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, rispondente all’oggetto dell’appalto che viene posto a gara o affidato, obbliga l’appaltatore e gli eventuali sub-appaltatori alla sua applicazione. L’ultimo intervento sul codice ha però lasciato aperto un problema di rilievo come quello del sub-appalto a cascata la cui limitazione è in capo ad ogni singola stazione appaltante nella definizione della procedura di gara.

Un tema quello della non limitazione della catena degli appalti, che associato agli appalti sottosoglia e al ricorso agli affidamenti diretti favorisce le infiltrazioni della criminalità e aumenta il rischio di corruzione in un sistema storicamente esposto a questi fenomeni distorsivi dannosi.

Anche l’azione contrattuale del sindacato ha anticipato e continua a rafforzare diritti e tutele dei lavoratori in appalto, con l’inserimento nei contratti collettivi nazionali della clausola sociale, della corretta applicazione contrattuale e con la contrattazione d’anticipo, per intervenire a monte sulla definizione delle regole dei bandi di gara.

Gli appalti nel settore privato

Se la relazione annuale dell’Anac e le relative banche dati consentono di avere alcuni report sulle dinamiche e le caratteristiche del mercato dei contratti pubblici, è il settore privato a essere difficilmente fotografabile.

La frammentazione dei cicli di lavorazione, delle condizioni del lavoro, delle filiere sempre più lunghe, sono un fenomeno che si è esteso ed è diventato strutturale e presente nel sistema produttivo privato. Una spinta all’esternalizzazione, all’appalto e sub-appalto è stata determinata dal d.Lgs n. 276/2003 che ha abrogato l’obbligo di parità di trattamento tra i dipendenti del committente e dell’appaltatore originariamente previsto nella legge n. 1369/1960. E l’abrogazione di questa tutela ha fatto da detonatore, insieme alla depenalizzazione per appalto illecito, ad una progressiva crescita del ricorso agli appalti e sub-appalti.

Dall’edilizia alla manutenzione delle reti, dalla logistica e movimentazione merci al rifornimento dei banchi delle strutture commerciali, dalle mense aziendali ai servizi di rifacimento camere negli hotel, dalle pulizie industriali ai call center. Una lunga catena che ha permeato il modello di fare impresa di aziende di ogni dimensione e oggetto sociale.

Un ricorso agli appalti che ha radicalizzato le differenze tra lavoratori anche quando svolgono le medesime mansioni e attività o comunque operano nello stesso luogo di lavoro. Differenze in termini retributivi, contributivi, dei diritti, delle tutele, della salute e sicurezza e spesso delle garanzie rispetto alla continuità e stabilità del proprio lavoro.

L’impostazione del sistema di imprese di utilizzare l’esternalizzazione e l’appalto come strada necessaria per ottimizzare la produttività e la competitività, che permette di concentrarsi solo sulle attività tipiche, ha mostrato sempre più i veri limiti e problemi. La realtà quotidiana ci dice, infatti, che si scarica sull’appalto e il sub-appalto una parte importante dei costi, delle responsabilità, degli oneri complessivi di cui ci si può liberare.

In questo sistema, che è sempre più un far west, troppo spesso si verifica l’uso improprio dell’appalto quando i lavoratori e le lavoratrici sono utilizzati normalmente nella produzione e nelle attività proprie del committente. Troppo spesso nel sistema degli appalti si riscontra la presenza di cooperative spurie irregolari, troppo spesso le imprese che operano in appalto e sub-appalto mettono in piedi una vera e propria rete di caporalato.

La mancanza nel settore privato di regole come quelle previste nel pubblico, per intervenire sulla deregulation del mercato, aggrava la condizione delle lavoratrici e lavoratori degli appalti.

Per questo abbiamo fortemente sostenuto il ripristino della parità di applicazione contrattuale nel percorso parlamentare del decreto legge 19 sul Pnrr conclusosi con la conversione in legge lo scorso 24 aprile. Aver sancito l’applicazione per i lavoratori dell’appaltatore e sub-appaltatore del contatto nazionale collettivo sottoscritto dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative e rispondente all’oggetto dell’appalto è il primo passo in questa direzione, insieme al vincolo di applicazione anche della parte normativa e non solo di quella economica. Come positivo è stato il risultato dell’abolizione della depenalizzazione per appalto e somministrazione illecita.

Ma questi aspetti, da soli, non sono sufficienti a sradicare il fenomeno del lavoro sommerso (nero, grigio, irregolare) e a dare certezze alle lavoratrici e ai lavoratori a partire dalle condizioni di salute e sicurezza. Per questo avevamo chiesto di inserire la patente a punti per tutti i settori, per garantire un’applicazione generalizzata al sistema degli appalti privati e non una patente a crediti come voluta dal governo, che è limitata ai soli cantieri edili.

Anche su questi aspetti profondamenti negativi continuerà l’azione del sindacato a partire dal quesito referendario proposto in merito alla piena estensione della responsabilità in solido anche per gli aspetti inerenti la salute e sicurezza.

A questo identikit del sistema degli appalti è legato quello delle centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che operano nel pubblico e nel privato.

Negli appalti di lavori e opere pubbliche sono occupati circa 500 mila persone fra operai, tecnici e impiegati; nei lavori privati ve ne sono complessivamente circa 700 mila. L’ età media di un lavoratore edile è di 50 anni e tra gli operai edili ormai circa il 40% è migrante. La durata del rapporto di lavoro è legata alla durata del cantiere/appalto. La presenza di molti lavoratori migranti che subiscono la logica del necessario “contratto di soggiorno” imposto dalla legge Bossi-Fini produce forme di ricatto e sfruttamento alimentate dallo stesso impianto normativo. Vi sono molti lavoratori cosiddetti irregolari presenti sul territorio, da molti anni impiegati nei cantieri con altri nomi, i cosiddetti “alias”. Una sanatoria immediata produrrebbe diritti, legalità e percorsi di cittadinanza.

Oggi sia negli appalti pubblici che in quelli privati assistiamo a un aumento esponenziale dei ritmi di lavoro, con una media di 10 ore al giorno su 6 giorni lavorativi. Orari in violazione della legge e dei contratti che determinano la maggior parte degli infortuni producendo danni incalcolabili, oltreché per le persone, per gli istituti previdenziali e l’erario. Questi sono gli effetti della liberalizzazione del sub-appalto e della carenza di controlli soprattutto sui cosiddetti tempi contrattuali di esecuzione e consegna delle opere. Più ore di lavoro non dichiarate permettono a tutti gli operatori economici presenti nella filiera dell’appalto di competere al ribasso mantenendo un margine di profitto fino all’ultimo sub-appaltatore.

Si tratta di un sistema che produce illegalità ed evasione fiscale basato su una leva di finanza pubblica generata dalla tassazione dei lavoratori dipendenti. Equazione diabolica.

Tragicamente, come hanno evidenziato gli incidenti mortali più recenti di Brandizzo, del cantiere Esselunga di Firenze, della Centrale di Suviana, o anche la realtà dell’Ilva, di Stellantis, dell’industria alimentare e della filiera delle carni, il sistema degli appalti non ha confini contrattuali e di attività.

Nei servizi si colloca invece una presenza importante di donne (per esempio nelle mense, nella ristorazione collettiva dove operano circa 110 mila addette/i di cui circa l’80% sono donne e nelle pulizie multiservizi e artigianato pulimento che occupano 500 mila lavoratrici e lavoratori di cui circa il 70% sono donne), di lavoratrici e lavoratori migranti (ad esempio nella logistica dove operano oltre 300 mila addette/i e nelle pulizie); si stimano quasi 100 mila lavoratori e lavoratrici della vigilanza privata e servizi di sicurezza.

È uno spaccato consistente ma parziale del più vasto mondo di donne e di uomini che operano complessivamente nei servizi in appalto nei settori pubblici e privati che tiene insieme la presenza di mansioni e attività ripetitive e a bassa qualificazione che convivono con alte professionalità e profili tecnici; una presenza rilevante di contratti part time, quasi sempre involontario, a poche ore settimanali e spesso raggiunte faticosamente sommando il lavoro svolto in più appalti. Luoghi e modi di creazione del cosiddetto lavoro povero e del fenomeno della povertà lavorativa.

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