Lavoro stabile e di qualità per le donne

“L’obiettivo prioritario che perseguiamo è quello di incrementare l’occupazione e azzerare la precarietà per migliorare la qualità del lavoro e della vita delle donne. Il lavoro buono garantisce l’autonomia economica, l’inclusione e l’emancipazione delle donne: per questo va ripristinato il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa.” Così le segretarie confederali Cgil Daniela Barbaresi, Maria Grazia Gabrielli, Lara Ghiglione e Francesca Re David.

Per la CGIL è necessario:

  • un Piano straordinario per una nuova e buona occupazione femminile che superi la pioggia di incentivi utile solo a ridurre il costo del lavoro per le imprese
  • clausole di condizionalità, quote e vincoli, per assumere le donne sia nel settore pubblico che in quello privato
  • Interventi di regolazione del mercato del lavoro volti a cancellare le forme più precarie di lavoro, introducendo un unico contratto di ingresso, per incentivare il tempo indeterminato come forma ordinaria di rapporto di lavoro e contrasto al fenomeno dei part-time involontari, consolidando l’orario di lavoro e garantendo così pensioni dignitose.
  • Investimenti pubblici per incrementare i servizi a supporto della genitorialità e non autosufficienza.

Lavoro sicuro per le donne

La CGIL è impegnata a garantire la “salute e sicurezza”, con un’ottica di genere, anche attraverso specifiche valutazioni dei rischi: la valutazione delle malattie professionali deve tener conto delle differenze di salute tra i generi nella definizione di percorsi preventivi, diagnostici, terapeutici e assistenziali specifici;

Va dunque promossa la conoscenza delle differenze di genere, per una compilazione dei DVR più accurata e per garantire la salute delle lavoratrici anche con Dpi adeguati. Inoltre, proprio perché le donne sono più soggette a precarietà, al difficile equilibrismo tra lavoro e cura della famiglia, sono più esposte alle molestie, serve un vero riconoscimento da parte dell’Inail dello stress da lavoro correlato e delle malattie psicosociali.

Cittadinanza

È necessario garantire la piena integrazione delle donne migranti attraverso percorsi di formazione e di orientamento al lavoro e con il supporto di mediatrici e mediatori culturali, presenti in ogni servizio. Va garantita l’iscrizione al SSN - anche in assenza di un titolo di soggiorno -, e la prima accoglienza nei pronti soccorso e nei consultori pubblici alle migranti vittime di violenza, di tratta e di gravi forme di sfruttamento lavorativo.

I numeri del divario di genere in Italia

Secondo il Global Gender Gap Report del 2024 il nostro paese si attesta all’80esimo posto, su 146 Paesi, in termini di indice globale, al 111esimo se guardiamo alla partecipazione femminile al mercato del lavoro e alle opportunità lavorative e al 95esimo per la parità salariale a parità di mansione.

Mercato del lavoro

Il tasso di occupazione totale a maggio 2024, dati Istat, è del 62,2%: il 70,9% per gli uomini e il 53,5% per le donne, con un differenziale del 17%. Da quanto emerso in uno studio condotto dalla Cgil sul gender pay gap, quasi la metà delle nuove assunzioni di donne negli ultimi due anni è a tempo parziale. Il part-time aumenta dello 0,4% per le lavoratrici, e quello involontario raggiunge il 15,6% delle occupate. I tassi di inattività superano quelli di disoccupazione, registrando anche qui un forte gap tra i sessi. Il 15,2% contro il 23,7%, tra i 25 e i 54 anni. Con l’arrivo dei figli la forbice si allarga: solo il 4,8% dei padri con figli minori risulta inattivo, mentre per le mamme si arriva al 33%. Nel 2022, secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del Lavoro, le dimissioni sono state 61.391, di cui 59.445 volontarie: per il 72,8% presentate da donne e per il 17,2% da uomini. Per le prime, la motivazione prevalente è la difficoltà di conciliazione tra lavoro e cura del bambino/a: il 41,7% ha collegato tale difficoltà alla carenza di servizi e il 21,9% all’organizzazione del lavoro. La percentuale precipita invece al 7,1% nelle risposte maschili. Secondo i dati Istat il gender pay gap sarebbe circa del 5%, ma in realtà è molto più ampio se consideriamo la parte variabile della retribuzione (stimato al 25% nel privato e al 17% nel pubblico). Un divario che sale progressivamente con l’avanzare del percorso di carriera (fino ad arrivare al 43% nei livelli più alti), ma anche con l’aumentare del livello di istruzione.

Pensioni

Le donne vanno in pensione più tardi e più povere, con un gap di genere del 36%.

Sicurezza sul lavoro

Nel 2022, le denunce di infortuni sul lavoro da parte di donne hanno registrato un aumento del 40,4% rispetto all’anno precedente, complice la pandemia, che ha inciso maggiormente sui settori a prevalenza femminile. Per quanto riguarda, invece, le malattie professionali, i disturbi psichici nelle lavoratrici hanno una percentuale, sul totale delle malattie, dell’1,3%, ovvero più del doppio di quella degli uomini, pari allo 0,5%. A prevalere sono i disturbi nevrotici, legati a stress lavoro-correlato, ad esempio per mobbing (l’82% per le donne e il 76% per gli uomini). Nel 2022-2023, l’Istat stima che il 13,5% delle donne (quasi 2 milioni) nella fascia 15-70 anni, ha subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita.


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