Nel 1968 l’esplosione della contestazione giovanile, radicale e irriverente, colse di sorpresa il sindacato e rese evidenti i limiti della sua azione. Un campanello d’allarme arrivò nei primi mesi dell’anno quando le Confederazioni chiusero un accordo per la riforma delle pensioni con il Governo Moro; quella intesa venne duramente respinta dalla base e la CGIL decise il 7 marzo di proclamare da sola lo sciopero generale che riscosse ampie adesioni. Da quel momento riprese il dialogo tra le Confederazioni, sostenuto con vigore dalle importanti conquiste operaie nella contrattazione aziendale in tema di organizzazione del lavoro, ambiente di lavoro e delegati (nuovi rappresentanti dei lavoratori in fabbrica). La nuova offensiva sindacale portò al primo sciopero generale unitario dai tempi delle scissioni (14 novembre 1968), proclamato per ottenere una nuova riforma previdenziale, ed ebbe un approdo positivo all’inizio del 1969 con la vittoria sindacale sulle pensioni e sull’abolizione delle zone salariali (cioè delle differenze salariali, a parità di lavoro, da zona a zona).

Il 1969 fu l’anno dell’affermazione definitiva del sindacato come soggetto politico. La stagione congressuale mostrò segnali evidenti di maturità. La CGIL, nel VII Congresso di Livorno (giugno), scelse l’incompatibilità tra incarichi sindacali e di partito, rafforzando la propria autonomia politica. L’apice fu raggiunto con “l’autunno caldo” dei metalmeccanici, quando la categoria riuscì a rinnovare il contratto ottenendo grandi conquiste in tema di democrazia (assemblea), salario (aumenti uguali per tutti), orario (40 ore settimanali), diritti e potere nei luoghi di lavoro. Gran parte di quelle conquiste trovarono poi spazio nella legge n. 300/1970, lo Statuto dei diritti dei lavoratori, fortemente voluto dall’ex Segretario nazionale della CGIL e Ministro del Lavoro Giacomo Brodolini, e approvato dal Parlamento nel maggio 1970, che sanciva “l’ingresso della Costituzione in fabbrica”. Qualche settimana prima, nel marzo 1970, Luciano Lama era subentrato a Novella nella guida della CGIL.

Il ciclo conflittuale si mantenne elevato fino al 1973, quando i rinnovi contrattuali decretarono una nuova importante vittoria: l’inquadramento unico operai-impiegati. Tuttavia, le proposte più radicali di unità sindacale – per arrivare alla Confederazione unitaria – trovarono molti oppositori nel sindacato, tra i partiti, nelle istituzioni e nelle classi dirigenti. La “strategia della tensione”, avviata con la strage di Piazza Fontana a Milano nel dicembre 1969 e culminata con la bomba di Piazza della Loggia a Brescia nel maggio 1974, diretta esplicitamente contro una manifestazione sindacale, annullò qualsiasi speranza di cambiamento.