Di seguito l'Ordine del giorno approvato dall’Assemblea generale della Cgil riunitasi mercoledì 18 ottobre a Roma nella sede nazionale della Confederazione.


L’Assemblea generale della CGIL considera molto importante la straordinaria partecipazione alla manifestazione "La via maestra" del 7 ottobre a Roma. Riempire, attraverso due cortei, piazza San Giovanni come non si vedeva da anni è stata la forte risposta delle lavoratrici e dei lavoratori, dei giovani, delle pensionate e dei pensionati, delle duecento associazioni – che hanno indetto la manifestazione insieme alla CGIL – a chi, invece di mettere in pratica la Costituzione, continua a disapplicarla e a volerla stravolgere, a partire dall’autonomia differenziata e dal superamento della nostra Repubblica parlamentare.

Diritto al lavoro stabile e di qualità, questione salariale e rivalutazione delle pensioni, rinnovo dei contratti, legge sulla rappresentanza che cancelli i contratti pirata, introduzione del salario minimo, contrasto alla precarietà del lavoro; diritto alla salute in difesa e per il rilancio del servizio sanitario nazionale pubblico e universale, e per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; diritto all’istruzione e alla formazione per tutto l’arco della vita; contrasto alla povertà e alle disuguaglianze: dal diritto all’abitare al reddito; diritto a un ambiente salubre, attraverso la tutela del territorio, il contrasto al cambiamento climatico e una giusta transizione ecologica fondata su una nuova politica industriale, la difesa e la valorizzazione dell'occupazione e di un’economia rinnovata socialmente e ambientalmente sostenibile; una politica dell’immigrazione basata sull’accoglienza e l’integrazione contro la logica securitaria portata avanti dall’esecutivo; una politica di pace e di salvaguardia dei diritti umani, mai quanto oggi messe radicalmente in discussione dal ritorno delle guerre.

Alla crisi democratica e sociale che sta vivendo il nostro Paese abbiamo risposto realizzando una rete democratica di partecipazione sulla base dei contenuti di una piattaforma unificante con la quale abbiamo costruito, concretamente, la relazione con le associazioni laiche e cattoliche nazionali e che operano sui territori; questi gli obiettivi che abbiamo condiviso nelle migliaia di assemblee nei luoghi di lavoro e sul territorio.

L’Assemblea generale dà mandato alla Segreteria di organizzare una giornata di confronto e discussione con tutte le Associazioni che hanno dato vita al percorso ed alla manifestazione del 7 ottobre per definire come dare continuità a quanto avviato negli ultimi mesi.

L'Assemblea generale della CGIL considera fondamentale la campagna di assemblee e la consultazione straordinaria certificata che – secondo le decisioni assunte nella precedente Assemblea del 19/20 luglio – si sono svolte a partire dal mese di settembre e che dovranno continuare nelle prossime settimane per proseguire la mobilitazione, fino allo sciopero generale.

La manifestazione del 7 ottobre – insieme al risultato del voto certificato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati – rafforzano il mandato per definire le modalità delle prossime tappe, nel rapporto con CISL e UIL, e per radicare ed estendere nei territori il rapporto con le associazioni. Le nostre rivendicazioni devono vivere anche nel confronto con le Istituzioni a partire dai consigli comunali e regionali.

Le scelte che il Governo sta compiendo vanno nella direzione sbagliata, producendo un aumento dei divari e delle disuguaglianze, e la mancanza di risposte alle tante emergenze sociali ed economiche del Paese, nell’immediato e nella prospettiva non potrà che aggravare la situazione.

Inaccettabile l’utilizzo politico che si è deciso di fare del CNEL – snaturandone la funzione di luogo di confronto terzo e arrivando, per la prima volta, a un voto a maggioranza come prima deliberazione della nuova consiliatura – per sostenere le posizioni del Governo contro l’introduzione del salario minimo, disconoscendo, nei fatti, il principio di rappresentanza in perfetta coerenza con il metodo con cui l’esecutivo ha impostato il rapporto con le Organizzazioni sindacali in tutti questi mesi, negando sistematicamente qualsiasi confronto negoziale e di merito, e procedendo sempre per atti unilaterali.

La CGIL – assumendo come riferimento la discussione sulla contrattazione svolta nell’Assemblea del 12 settembre a Bologna e tenendo conto delle sentenze della Corte di Cassazione in materia di giusta retribuzione – si impegna a rivendicare un minimo orario sotto il quale i contratti non possono andare e a proseguire, nei confronti delle controparti datoriali, una vertenza salariale, generale e coordinata, finalizzata al rinnovo dei contratti nazionali ed alla reale difesa ed aumento del potere di acquisto dei salari.

Le misure annunciate per la prossima legge di bilancio – al di là della proroga della decontribuzione, che abbiamo rivendicato e cominciato a ottenere fin dal Governo Draghi, ma che si limita a confermare le buste paga che i redditi fino a 35.000 stanno già percependo (altro che “100 euro medi in più” come propagandato dalla Presidente del consiglio) e dell’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef che, oltre all’effetto regressivo e il finanziamento a tempo e in deficit, produrrà comunque benefici pressoché impercettibili – confermano una linea di politica economica assolutamente sbagliata e inadeguata.

Non trova, dunque, alcuna risposta la drammatica emergenza salariale che – a fronte di un’inflazione da profitti, persistente e oltre la media europea – ha falcidiato il potere di acquisto di milioni di lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, che non sarà certo recuperato con il c.d. “trimestre tricolore”: serve aumentare i salari attraverso i rinnovi dei contratti nazionali pubblici e privati, aumentare le detrazioni ripristinando un meccanismo autentico di fiscal drag e tutelare pienamente il potere d’acquisto delle pensioni.

Gli stanziamenti previsti per il rinnovo dei contratti pubblici sono assolutamente insufficienti; non ci sono misure a sostegno dei rinnovi nei settori privati; continua il definanziamento – e quindi lo smantellamento, con conseguente privatizzazione – del welfare pubblico, in particolare della sanità, e dell’istruzione, e mancano le risorse per finanziare un piano straordinario per l’occupazione nella PA; non si stanzia alcuna risorsa per attuare le leggi sulla non autosufficienza e la disabilità; si peggiora ulteriormente il sistema previdenziale – azzerando anche le già insufficienti forme di flessibilità in uscita – con il pieno ritorno, di fatto, alla legge Monti/Fornero e si continua a fare cassa sui pensionati limitando la perequazione; non si interviene sull’emergenza abitativa né sul versante dell’impennata che hanno avuto i mutui, né sul versante dell’incremento del costo degli affitti, né su piani di edilizia popolare; non c’è nulla sulla precarietà, che non solo non si contrasta, a partire da un piano di stabilizzazione nel settore pubblico, ma che anzi si punta – come dimostra l’ultimo decreto lavoro – ad allargare; non si pone rimedio alle storture del sistema degli appalti dopo la reintroduzione dell’appalto a cascata; non si investe sul diritto allo studio e sul lavoro di qualità, non si dà risposta al grave problema sociale del milione e settecentomila giovani che non lavorano e non studiano, e non si contrasta il fenomeno della fuga delle intelligenze; non si interviene per evitare la terribile strage sul lavoro a cui assistiamo quotidianamente; si continua ad affermare una visione della donna relegata ai compiti di madre e moglie: prevedere forme di sostegno solo alle donne con due figli è sbagliato e non produrrà effetti in termini di miglioramento della quantità e qualità dell’occupazione femminile, serve invece investire in maggiori servizi e contrastare precarietà, part time involontari e divario salariale; il Mezzogiorno rischia di rimanere schiacciato tra l’autonomia differenziata, i tagli al PNRR e le recenti scelte sulle politiche sociali e su quelle di coesione; si conferma una politica fiscale regressiva: dall’attacco al principio di progressività (flat tax e non solo) ad un’evasione fiscale che – dopo i 14 condoni/sanatorie già deliberati nel solo primo anno di legislatura – si rischia addirittura di legalizzare attraverso strumenti come il concordato preventivo biennale; si tagliano gli investimenti e si conferma l'assenza di qualsiasi politica industriale in grado di risolvere le tante crisi aziendali aperte e di affrontare – a partire dalle risorse del PNRR – le sfide epocali della transizione digitale/energetica e della conversione ecologica, garantendo crescita, lavoro di qualità, innovazione, redistribuzione del reddito e una chiara strategia di rilancio industriale del nostro Paese.

In sostanza, quella del Governo è una manovra totalmente rinunciataria (l’impatto dichiarato sul PIL 2024 è pari allo 0,2%), insufficiente e all’insegna del ritorno all’austerità: non dà risposte alle tante emergenze del Paese aggravandole, non sostiene la crescita ma anzi comprime la domanda interna: dai redditi fissi alla spesa pubblica, agli investimenti pubblici.

L’ultima cosa di cui c’è bisogno in un contesto, difficile e pieno di incognite, che vede l’economia italiana – dopo la frenata del secondo trimestre – molto debole anche nel terzo e quarto, e con una prospettiva reale per il 2024 dello “zero virgola”, come previsto dalle principali agenzie nazionali e internazionali.

La CGIL ritiene che un’altra politica economica – fondata sulla leva redistributiva del fisco e sul rilancio degli investimenti – è non solo possibile ma necessaria. Bisogna prendere le risorse dove sono: extraprofitti in tutti i settori, lotta all’evasione fiscale, allargamento della base imponibile Irpef, grandi patrimoni, rendite finanziarie e immobiliari, redditi alti.

Per tutti questi motivi e a partire dall’andamento della consultazione straordinaria in corso, l’Assemblea generale condivide la proposta avanzata nella relazione di proseguire la mobilitazione nei luoghi di lavoro e nei territori dando mandato alla Segreteria nazionale di proclamare con tutte le Categorie intere giornate di sciopero e organizzare manifestazioni in tutto il Paese a partire dal prossimo mese di novembre nelle forme e nelle modalità ritenute più opportune, incluso lo sciopero generale.

L’Assemblea generale valuta positivamente la proposta avanzata dalla UIL di sostenere le rivendicazioni unitarie avanzate dalle organizzazioni sindacali al Governo ed alle controparti datoriali avviando un percorso di mobilitazione comune con manifestazioni ed ore di sciopero.

Pertanto, sulla base del mandato ricevuto, la Segreteria Nazionale della CGIL confermerà alla UIL ed alla CISL la piena disponibilità ad incontrarsi per una valutazione comune sulla fase e definire un percorso di mobilitazione con assemblee, manifestazioni e giornate di sciopero di tutte le categorie fino allo sciopero generale.

Infine – in coerenza con quanto definito all’Assemblea generale del 19/20 luglio a sostegno di una legge sulla rappresentanza di rafforzamento della contrattazione nazionale e per il salario minimo in attuazione degli art. 39 e 36 della Costituzione, e sulla base del possibile ricorso a leggi di iniziativa popolare per superare la precarietà, le norme che hanno deregolamentato il subappalto a cascata nei settori pubblici e non tutelato le lavoratrici e i lavoratori negli appalti privati, nonché referendum abrogativi a supporto di queste rivendicazioni e per abrogare le norme che minano la tenuta del sistema istituzionale – l’Assemblea generale dà mandato alla Segreteria di convocare, a breve, una riunione di carattere seminariale per un confronto e una riflessione ampi e approfonditi e per assumere le specifiche decisioni conseguenti.

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