Il 24 maggio, come ogni mese, l’Osservatorio statistico dell’INPS ha diffuso i dati in relazione ai beneficiari del Reddito di Cittadinanza.
I dati – che seguono il trend dei mesi precedenti – delineano uno scenario che vede:

  •  in relazione al periodo gennaio-aprile 2022, 1.522.879 nuclei beneficiari, per complessive 3.361.280 persone coinvolte, con un importo medio di 558 euro;
  • per il solo mese di aprile 2022, 1.191.384 famiglie, composte da 2.649.475 persone totali, per un importo medio mensile di 560 euro.

La misura, dunque, raggiunge un numero considerevole di famiglie in difficoltà tale da rispondere ai requisiti economici di accesso: ISEE inferiore a 9.360 euro e reddito familiare inferiore a 6.000 euro (moltiplicato per coefficiente della scala di equivalenza).

Rispetto alle caratteristiche dei nuclei familiari beneficiari per il mese di aprile, dai dati INPS emerge che 91.562 sono composti da cittadini extra-Ue, 392.470 hanno al loro interno un minore e 206.728 una persona con disabilità. I nuclei mono-componenti sono 522.461 di cui 420mila percepisce un importo medio inferiore ai 600 euro.

Dall’ultimo Focus diffuso ad aprile da ANPAL emerge che la platea di individui beneficiari di RDC indirizzati ai Servizi per il Lavoro al 31 dicembre 2021 era pari a 1.935.638 persone (circa la metà dei 3,9 milioni di beneficiari nel 2021). Di questi: 123.409 sono esonerati per legge dalla sottoscrizione del Patto per il Lavoro, 13.632 sono rinviati ai servizi sociali dei comuni, 212.221 sono già occupati e 742.974 non sono più beneficiari della misura (il 38,4%).
I beneficiari, non occupati, soggetti alla sottoscrizione del patto per il lavoro sono, dunque, pari a 843.402 persone, il 43,6%.

Per quanto concerne invece i 212.221 occupati beneficiari del RdC emerge che circa la metà, il 54,7% ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato o di apprendistato, il 34% a tempo determinato (di questi il 47,5% inferiore ai 6 mesi), il 57% ha competenze medio basse e il 37% basse.
Il focus analizza ulteriormente la platea evidenziando che, tra gli 843.401 beneficiari non occupati, 596.632 (il 70,7%) sono lontani dal mercato del lavoro in quanto privi di esperienza nei 3 anni precedenti.
Per quanto concerne il livello di istruzione oltre il 72,6% dei beneficiari ha raggiunto al massimo un titolo di istruzione secondaria inferiore a fronte del 2,6% di beneficiari in possesso di un titolo di istruzione terziaria.
Rispetto ai beneficiari presi in carico dai Servizi per l’Impiego, Anpal rileva che sul totale dei 843.402, il 45,6% è stato preso in carico o impegnato in tirocinio: 384.614 persone.

Può essere utile, infine, leggere questi dati anche alla luce dell’indagine condotta da INAPP-PLUS e diffusa a febbraio scorso, rileva che durante la crisi economica dovuta al distanziamento sanitario i beneficiari working poor sono aumentati al 52% a fronte del 37% dei mesi precedenti; che per il 77,3% il sostegno economico ricevuto è stato fondamentale ed essenziale per affrontare le difficoltà.

I dati riportati mostrano quanto sia indispensabile una misura di contrasto alla povertà che possa sostenere le famiglie in difficoltà, il cui numero è drammaticamente destinato ad aumentare in conseguenza della crisi in corso, accompagnandole anche con un beneficio economico nei percorsi di inclusione sociale e lavorativa.
Gli stessi dati rendono evidente quanto la retorica sui beneficiari di Reddito di Cittadinanza che non vogliono lavorare sia priva di fondamento.
Innanzitutto in ragione del fatto che solo una parte dei beneficiari è nelle condizioni di essere inviato ai servizi per il lavoro, in secondo luogo in riferimento alla media dell’assegno percepito (meno di 600 euro) che copre l’intero nucleo familiare.
Uscire dalla retorica significherebbe poi indagare la quantità e la qualità delle offerte di lavoro che i beneficiari ricevono (su cui non vi sono dati ufficiali di alcun tipo), riflettere sul fatto che tanti percettori sono già occupati e ciò nonostante sono in condizione di povertà e, da ultimo, considerare il meccanismo delle condizionalità, già previste dalla normativa istitutiva del Reddito di Cittadinanza, che puniscono il rifiuto di offerte di lavoro con la decadenza, condizionalità che sono state ulteriormente inasprite con l’ultima legge di bilancio.
La legge di Bilancio 2022, infatti, ha introdotto disposizioni ulteriormente vessatorie verso i percettori del Rdc, in particolare per coloro che sono inseriti nei percorsi di inclusione lavorativa, dalla decurtazione dell’assegno dopo la prima offerta di lavoro rifiutata alla sua eliminazione al secondo rifiuto, anche se per impieghi a tempo parziale o con contratti a termine (3 mesi) e fuori regione di appartenenza.
Un accanimento ingiustificato anche in ragione di quanto riportava la stessa relazione tecnica della legge che riferiva l’indisponibilità di “dati sulle offerte di lavoro congrue, accettate e non accettate”.

Quindi una corretta comunicazione e informazione dovrebbe rendere evidente che se i salari sono concorrenziali con il reddito di cittadinanza il problema è dei salari e non del reddito di cittadinanza e che non è in disponibilità dei beneficiari scegliere se tenere il reddito di cittadinanza in alternativa a una offerta di lavoro, ancorché congrua.

Gli interventi necessari per accompagnare il sostegno economico sono quelli volti a rafforzare i percorsi di inclusione sociale per rispondere ai bisogni complessi (assistenziali, educativi, abitativi, sanitari...) delle persone che vivono la condizione di povertà attraverso una presa in carico e una valutazione multidimensionale, e quelli volti a rafforzare l’inclusione lavorativa, a partire dai percorsi di formazione e qualificazione dei beneficiari occupabili che, come mostrano i dati, hanno livelli di istruzione bassi e sono lontani dal mercato del lavoro.

Il Reddito di Cittadinanza può e deve essere migliorato per rafforzarne l’efficacia e sostenere le persone in difficoltà. La CGIL con l’Alleanza contro la Povertà continuerà a portare avanti le proposte per farlo.