«Queste giornate hanno visto una mobilitazione straordinaria e aprono un nuovo corso — dice il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini —. Tre milioni di persone hanno riempito, in due giorni, le strade di tutta Italia, con una grande partecipazione dei giovani, che già avevamo visto nei referendum».

La Questura ha dato numeri più bassi. E la partecipazione allo sciopero, dice il governo, è stata del 7% nel pubblico impiego. Minoritaria anche nel privato.
«Cento piazze piene dicono che la gente ha scioperato».

Molti giovani in piazza sono studenti, non lavorano.
«Accanto a una generazione che ha preso la parola c’erano tanti lavoratori».

Falsi i dati del governo?
«Sì. Ed è stupido far finta di non capire quanto avvenuto».

Perché «si apre un nuovo corso»?
«Queste giornate hanno mostrato che un sindacato senza la solidarietà tra le persone e il perseguimento della pace non esiste. Il fatto che milioni di cittadini abbiano scelto di non girarsi dall’altra parte e di mettere in gioco una giornata di stipendio parla alla politica, chiedendo un miglioramento delle condizioni del lavoro e la rinuncia alla logica del riarmo, perché le due cose stanno assieme».

Piazze piene non significa urne piene. Lo si è visto anche nelle Marche.
«Intanto, nelle Marche il 50% non ha votato. Ma la democrazia senza partecipazione si svuota e apre la strada a logiche autoritarie. Il compito del sindacato è saldare questa domanda di fraternità, giustizia e pace con il tema dei salari bassi, della precarietà, della sanità e della scuola pubblica, del diritto alla casa».

Facendo politica?
«Il sindacato ascolta la domanda che viene dal basso e dà voce alla richiesta di pace e di cambiamento delle politiche economiche e sociali».

Per Tajani in Italia ci sono cattivi maestri.
«Noi i violenti e i cretini non li abbiamo mai difesi. E i responsabili di atti criminali sono stati respinti anche fisicamente. Poi giustamente il lavoro importante lo hanno fatto le forze di polizia».

Le vostre iniziative, però, hanno attirato anche i violenti. C’è una zona grigia, di confine?
«Assolutamente no. Un conto è manifestare un altro la violenza, che è contro chi manifesta. Sono due mondi diversi. Quando il governo li sovrappone, insulta milioni di persone perbene scese in piazza, che invece andrebbero ringraziate perché hanno difeso l’onore del Paese».
Cosa pensa del piano di pace di Trump per Gaza?
«Qualsiasi tentativo di fermare il genocidio e riportare cibo, acqua, ospedali a Gaza va nella direzione giusta. Lo stesso vale per la liberazione degli ostaggi da parte di Hamas e dei prigionieri politici da parte di Israele. Manca, nella proposta, il riconoscimento dello Stato di Palestina e non si parla di Cisgiordania. Senza due Stati, il diritto all’autodeterminazione e la rinuncia a ogni logica coloniale non c’è una pace durevole».

Vede un ruolo per Hamas nel futuro della Palestina?
«Voglio ricordare a tutti che il 7 ottobre 2023 la Cgil era in piazza San Giovanni contro l’invasione russa dell’Ucraina e che abbiamo immediatamente condannato questo atto di terrorismo che metteva in discussione il diritto all’esistenza di Israele. Poi tutti sanno cosa è successo: Israele è diventato un regime quasi dittatoriale responsabile di un genocidio. Per questo siamo scesi di nuovo in piazza. Per il futuro della Palestina occorre che siano gli stessi palestinesi a costruire democraticamente la loro rappresentanza. Per la Cgil non sono gli atti terroristici che permettono di costruire un futuro. La Corte internazionale di giustizia ha giudicato criminali di guerra sia Hamas sia Netanyahu e quindi per arrivare a una pace sono le istituzioni internazionali che dovrebbero essere riabilitate, per riaffermare il diritto internazionale».

Nelle manifestazioni non ci sono stati slogan per la liberazione degli ostaggi ma se ne sono sentiti pro Hamas. A Roma, sulla serranda di un panificio kosher, ieri è comparsa la scritta «Ebrei di m.... bruciate tutti».
«Cgil e sindacato internazionale hanno sempre chiesto la liberazione degli ostaggi e dei prigionieri. Scritte e slogan antisemiti e pro Hamas non sono nostri, li abbiamo sempre condannati e non c’entrano con chi è sceso in piazza».

Tra il sindaco di Reggio Emilia, contestato quando ha ricordato la necessità di liberare gli ostaggi per arrivare alla pace, e Francesca Albanese che lo ha «perdonato», lei con chi stai?
«Non ho dubbi: la battuta infelice, senza nulla togliere al suo impegno, l’ha fatta Albanese e la cosa giusta l’ha detta il sindaco della mia città».

Che giudizio dà del Documento di programmazione?
«Non ci piace proprio. Conferma le politiche di austerità e che l’unico investimento sono 23 miliardi per il riarmo. L’austerità è già stata pagata da lavoratori e pensionati, che hanno subito anche il drenaggio fiscale, cioè le tasse pagate in più per via dell’inflazione che, a proposito di come la pace e il resto siano legati, è conseguenza della guerra in Ucraina. Si tratta di 25 miliardi che la Cgil chiede siano restituiti, non investiti in armi».

Dopo la manifestazione nazionale che avete già indetto per il 25 ottobre, sarà di nuovo sciopero generale? Magari senza la Uil che si è già  dissociata dalle vostre iniziative su Gaza?
«La manifestazione del 25 è aperta a tutti. Serve a mettere sul tavolo le nostre richieste, per uscire dalla logica del riarmo, che si tradurrebbe in nuovi tagli ai servizi sociali, e per rivendicare giustizia fiscale, bollette meno care, salari più alti, no ai subappalti, no alla precarietà. Cioè proprio le cose che danno un futuro ai giovani che sono scesi in piazza. Se il governo non ci ascolterà, ci confronteremo con le altre organizzazioni sindacali e decideremo».

→ Intervista su Corriere.it