A breve sarà eletto il nuovo direttore generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO), l’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite competente in materia di lavoro e unico organismo del sistema multilaterale dotato di un consiglio d’amministrazione a struttura tripartita, cioè composto da rappresentanti dei Governi e delle associazioni sindacali e imprenditoriali di 187 Paesi che tramite consenso adottano le norme internazionali del lavoro e decidono le politiche attuative.

Il cambio di direzione avviene in una fase di profonda e veloce trasformazione geopolitica, economica e sociale sul piano globale, che vede un indebolimento generalizzato del multilateralismo insieme all’attuazione di politiche neoliberiste e ispirate dall’austerità. Elementi che hanno prodotto significativi arretramenti, accompagnati da nette discriminazioni di genere, nel raggiungimento degli obiettivi di giustizia sociale dell’Organizzazione in termini di precarietà, impoverimento del mondo del lavoro, assenti o minori tutele anche laddove ne servono di nuove a fronte delle sfide rappresentate dall’innovazione tecnologica, dagli effetti del cambiamento climatico e dai fenomeni di mobilità come migrazioni, ricerca di asilo e di protezione.

I candidati a ricoprire questa carica, tutte e tutti dotati di autorevole profilo, competenze, esperienze internazionali di rilievo, professionalità e capacità, sono cinque e provengono da Australia, Corea, Francia, Sudafrica e Togo. Tra questi il consiglio d’amministrazione dovrà effettuare la sua scelta tramite voto.

Il movimento sindacale internazionale non ha ancora assunto un orientamento unitario su quali indicazioni dare ai componenti del gruppo lavoratori. Pensiamo che la decisione non possa più essere rinviata e che i sindacati debbano scegliere chi sostenere e votare, senza ulteriori indugi, sulla base dei programmi presentati e della visione politica prospettata dalle e dai candidati.

Vediamo in Gilbert Houngbo, già Primo Ministro del Togo ed attuale direttore generale dell’IFAD (il Fondo internazionale per lo sviluppo dell’agricoltura), la persona capace di rimettere al centro dell’ILO una visione incentrata sui diritti universali del lavoro e sulla protezione sociale, che parta dal rafforzamento del sistema normativo e dei meccanismi di supervisione e monitoraggio degli standard, primi fra tutti la libertà di associazione, col diritto di sciopero, e il diritto di contrattazione collettiva.

Lavoratrici e lavoratori stanno oggi affrontando prove durissime: la pandemia, vecchie e nuove guerre anche in Europa dove si credeva che la pace fosse affermata per sempre, un numero crescente di sfollati e persone rifugiate, fasce vulnerabili per età, provenienza geografica e appartenenza di genere. L’ILO è stato istituito col Trattato di Versailles del 1919, che poneva fine alla sanguinosissima pagina della prima guerra mondiale. Il messaggio di allora va oggi più che mai riaffermato e ribadito: il lavoro e la sua rappresentanza sono componenti inscindibili dalla costruzione di pace e giustizia sociale. La storia quotidianamente dimostra che la pace, la giustizia, la democrazia e i diritti, una volta conquistati, vanno difesi e coltivati attraverso tutti gli strumenti offerti dallo Stato di diritto.

Houngbo sarà la giusta scelta, conosce già la complessa macchina dell’ILO, saprà riformarla e rafforzarla dove necessario in una logica di inclusione di tutti i soggetti, per primi i più deboli, e accoglimento delle emergenti istanze del mondo del lavoro.