Il 9 maggio a Strasburgo, alla presenza dei tre presidenti delle istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio) sono state presentate le conclusioni della Conferenza sul Futuro dell’Europa  

Le conclusioni sono composte da 49 raccomandazioni e 325 azioni, suddivise su 9 ambiti di attività: 1) Cambiamento climatico ed ambiente; 2) Salute; 3) Un’economia forte, giustizia sociale e occupazione; 4) L’Ue nel mondo; 5) Valori e diritti, stato di diritto e sicurezza; 6) Trasformazione digitale; 7) Democrazia europea; 8) Migrazioni; 9) Istruzione, cultura, giovani e sport.  

A tali conclusioni si è pervenuti attraverso un panel composto da 200 cittadini estratti a sorte che si sono riuniti periodicamente per individuare gli ambiti di attività per i quali dovevano essere formulate le diverse raccomandazioni. Nel frattempo – nel web – veniva istituita una piattaforma digitale multilingue sulla quale ciascun cittadino dell’UE poteva inserire le proprie proposte nei 9 ambiti di attività prescelti. 

Successivamente, i componenti del panel dei cittadini si sono riuniti periodicamente con i rappresentanti (in tutto 449): delle istituzioni europee (Parlamento europeo, Commissione, Consiglio, Comitato Economico e Sociale Europeo, Comitato delle regioni), dei parlamenti nazionali e regionali, delle parti sociali (Confederazione Europea dei Sindacati, Business Europe) e delle organizzazioni della società civile, dando vita a 9 gruppi di lavoro che hanno meglio specificato il campo di applicazione delle elaborazioni formulate dal panel dei cittadini. Nella fase finale della Conferenza, ciascuno dei 9 gruppi di lavoro ha formulato le proprie raccomandazioni e azioni, tenendo conto delle proposte dei cittadini e di quelle provenienti dalla Piattaforma digitale multilingue, seguendo così (nelle intenzioni degli ideatori della Conferenza, il presidente francese Macron su tutti) un processo di elaborazione politica “dal basso verso l’alto”. 

Il processo, che ha condotto alle conclusioni della Conferenza, fin dal suo avvio, ha sollevato alcuni dubbi sulla metodologia adottata. La scelta dei 200 cittadini, che hanno composto il panel, è stata affidata ad una società di consulenza con forti dubbi sulla effettiva rappresentatività del campione prescelto (ad esempio i lavoratori erano fortemente sottorappresentati). I lavori dei panel dei cittadini erano poi “diretti” da “personale tecnico” che aveva la possibilità di indirizzare i lavori del panel o almeno dei cittadini che non avevano una sufficiente conoscenza delle Istituzioni europee e della macchina normativa. A ciò si aggiunga che i lavori dei gruppi non erano svolti in modo omogeneo. Questi dipendevano dalle direzioni personali di ciascun presidente del gruppo di lavoro, influenzando così i contributi che questi apportavano all’elaborazione delle conclusioni finali.  

Nonostante queste evidenti difficoltà di carattere metodologico le conclusioni della Conferenza hanno prodotto dei risultati che sono andati oltre le più favorevoli attese. Il Parlamento europeo, nella settimana precedente alla presentazione delle conclusioni, ha approvato una risoluzione per il proseguimento dei lavori della Conferenza attraverso la convocazione di una Convenzione in grado di attivare la procedura per la revisione dei Trattati europei (come previsto dall’articolo 48 del Trattato dell’Unione Europea). Nella risoluzione del parlamento sono richiamati importanti elementi di novità presenti nelle Conclusioni della Conferenza, tra queste: la necessità di provvedere all’abolizione del voto all’unanimità nel Consiglio (che in passato ha prodotto delle situazioni di stallo politico bloccando di fatto il processo decisionale dell’Unione Europea), la completa attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali, l’inserimento di un protocollo sul progresso sociale che garantisca la piena e completa legittimità dei diritti sociali nei confronti delle libertà economiche, l’adozione di un modello di crescita inclusivo e resiliente con investimenti orientati verso la transizione verde e digitale e con una forte dimensione sociale. Come purtroppo accade, da alcuni anni a questa parte, si è subito formato un blocco di paesi che ha mostrato una forte opposizione alla modifica dei trattati attraverso la pubblicazione di un “non paper” firmato da Bulgaria, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Slovenia e Svezia (e appoggiato da Estonia, Danimarca, Polonia, Ungheria). Nel documento si evidenzia che ogni decisione, in merito alle proposte della Conferenza, dovrebbe essere attuata nel rispetto sia delle divisioni di competenze tra le tre istituzioni europee e sia dei principi chiave della proporzionalità e della sussidiarietà. Il cambiamento dei trattati – prosegue il documento – non è mai stato un obiettivo della Conferenza, mentre lo era cercare di fornire risposte alle idee e preoccupazioni dei cittadini europei. Per tali ragioni i paesi firmatari del “non paper” dichiarano che “non sosterranno sconsiderati e prematuri tentativi di modifica dei trattati esistenti, poiché molte delle richieste, provenienti dai cittadini, potranno essere soddisfatte attraverso l’attuale assetto legislativo”. Nel prossimo Consiglio di giugno – dove saranno discusse le conclusioni della Conferenza – si preannuncia un braccio di ferro tra i paesi che appoggeranno la risoluzione del parlamento europeo e i paesi che sono per non procedere ad alcuna modifica dei trattati. 

E’ indubbio che la pandemia prima e la crisi ucraina dopo, hanno evidenziato alcune sfide che richiedono per l’Unione Europea un salto qualitativo verso una maggiore unità, solidarietà ed inclusione. Questo è stato percepito dagli stessi cittadini ed è presente nelle 49 richieste della Conferenza. Molte di tali richieste potranno essere soddisfatte a legislatura vigente, senza alcuna modifica dei trattati (si pensi all’introduzione di un salario minimo, alla messa al bando di prodotti realizzati con lavoro minorile o forzato, ...), mentre altre richiederanno un’opportuna modifica dei trattati (si pensi all’estensione degli ambiti di competenza dell’UE richiesti nelle raccomandazioni del panel dei cittadini europei). Nel dibattito sull’apertura di un processo di modifica dei trattati aleggia, comunque, lo spettro del fallimento del 2004 quando il progetto di trattato in grado di adottare una Costituzione Europea non venne ratificato da alcuni Stati membri dell’UE bloccando così l’intero processo. Di fronte a questo possibile pericolo, che bloccherebbe così il processo di rinnovamento e di approfondimento dell’Unione, alcuni segnalano la possibilità di procedere – su alcune tematiche - alla formazione di alcune alleanze tramite un processo cooperazione rafforzata che preveda che alcuni Stati membri dell’UE procedano attraverso vincoli di cooperazione più approfondita lasciando agli altri SM la possibilità di aderire al progetto successivamente attuando così una sorta di di integrazione differenziata, così come è avvenuto per l’Unione economica e monetaria tramite l’adozione dell’Euro. 

Ancora una volta nei prossimi mesi il futuro dell’Europa si giocherà su un confronto tra due differenti visioni dell’Europa. Da un lato coloro che la concepiscono come il più grande mercato mondiale e che ritengono che il suo normale funzionamento debba essere salvaguardato e prevalere su altri obiettivi (sociali ed ambientali), dall’altro lato una visione diametralmente opposta, che ritiene che il completamento economico e commerciale debba essere affiancato dalla reale affermazione di obiettivi quali la transizione verde e digitale, la giustizia sociale, l’integrazione politica, etc., che richiedono un reale approfondimento dell’Unione Europea. Una visione questa che ritroviamo in molte delle richieste del panel dei cittadini. Vedere disattese queste richieste potrebbe essere particolarmente grave e pregiudicare il futuro dell’Europa.

Stefano Palmieri, Presidente della sezione economica del Cese