Il decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, è il secondo atto riguardante la Governance economica ed il terzo atto, nell’arco di 18 mesi, che interviene per accelerare le procedure di spesa delle risorse PNRR, oltre alle innumerevoli norme inserite nei vari decreti-legge che si sono susseguiti dal 2021 in poi.

Crediamo che questa ennesima normazione renda più complesso e difficoltoso il contesto normativo, rischiando di provocare l’effetto opposto a quello auspicato di snellimento e accelerazione dei processi, considerando anche l’iter parlamentare che la misura dovrà seguire.
La prima constatazione è quella di una chiara volontà di accentramento della gestione dei fondi europei straordinari e ordinari.

In quest’ottica consideriamo negativamente la cancellazione della Agenzia della Coesione, concepita come organo d’indirizzo e presidio, oltre che strumento di identificazione dei deficit e di accompagnamento (non sostituzione) delle strutture amministrative, nell’attuazione dei progetti finanziati da fondi europei. Dal punto di vista della convergenza degli obiettivi è indispensabile una coerenza delle scelte, da noi sempre auspicata, che non si realizza semplicemente con un accorpamento di strutture. La questione è se le disposizioni previste dal Decreto, che rivedono gli attuali assetti organizzativi in materia di politiche di coesione e di utilizzo delle risorse, possano essere davvero il fattore che le traina al di fuori delle secche di una programmazione scarsamente integrata e di pratiche attuative ì burocratiche e distanti dagli esiti sulle condizioni di vita e di lavoro delle persone; oppure se rappresentino l’ennesima revisione di una governance, già di per sé complessa dati i tempi, i target e lo schema multilivello alla base degli interventi, col solo obiettivo di accentrare nelle mani di pochi ciò che per avere una qualche possibilità di successo necessita delle missioni e delle competenze istituzionali di tanti. Il rischio di un loro allontanamento, invece, è particolarmente alto, non solo per l'irrisolto nodo delle insufficienti risorse aggiuntive, ma proprio in conseguenza della citata instabilità del quadro normativo di riferimento, sottoposto ad ennesima variazione; dell'azzeramento di strumenti che negli anni hanno adattato la propria funzione alla complessità della programmazione delle politiche comunitarie; della dispersione potenziale di un patrimonio di conoscenze altamente qualificate in materia di gestione dei fondi comunitari, soprattutto sul versante della loro valutazione. Inoltre, il tema della sussidiarietà va accompagnato con una forte presa in carico della funzionalità di una governance multilivello alla base delle politiche di coesione che richiede accompagnamento e supporto alle istituzioni che operano ai diversi livelli territoriali.

Anche in tema di politiche giovanili, la scelta politica del governo è di accentrarne programmazione e gestione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. A differenza della precedente la nuova Agenzia sarà un ente pubblico dotato di personalità giuridica. Dal punto di vista delle attività, prende in capo quanto gestito dalla precedente Agenzia sul versante dei Programmi europei e in particolare del programma Erasmus sulla mobilità degli studenti.

Inoltre, la scelta dell’accentramento delle funzioni è legata anche alla delicata trattativa europea tuttora in corso sia relativa alla flessibilità nell’utilizzo dei fondi strutturali che nella possibilità di revisione del PNRR sia dal punto di vista delle tempistiche che del merito dei progetti. Tale tema necessiterebbe quindi una valutazione non solo sul versante dell’impianto di gestione ma anche e soprattutto sugli indirizzi e sulle scelte che si intendono mettere in campo sul versante del merito degli investimenti.

Un altro punto che vogliamo sottolineare è relativo alla cosiddetta semplificazione che rischia di determinare minore controllo e attenzione su temi come la legalità, la salute e la sicurezza o l’impatto ambientale. In alcuni ambiti, come le infrastrutture digitali, ad esempio, operare sul versante burocratico per raggiungere entro il 2026 gli obiettivi previsti dal PNRR sia del tutto insufficiente, in assenza di un progetto di riordino complessivo del sistema, su cui pesa non poco anche l’incertezza sul destino dell’incumbent nazionale.

A titolo esemplificativo quindi segnaliamo gli interventi semplificatori particolarmente critici:

− Procedure accelerate per tutti gli investimenti di competenza del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ove finanziati in tutto o in parte con le risorse previste non solo dal PNRR e dal PNC ma anche dai programmi inclusi nei fondi strutturali dell’Unione europea.
− La possibilità di rinviare i controlli di legalità e quelli amministrativo contabile a dopo la conclusione del contratto; di procedere senza il parere della Conferenza Stato Regioni, laddove previsto e non reso nel termine di 20 giorni; di esentare, in casi eccezionali vagliati dal Ministro competente, gli interventi da realizzare dalle autorizzazioni di VIA e VAS e da quella integrata ambientale.
− I poteri sostitutivi in capo alla Presidenza del Consiglio vengono ampliati fino ad arrivare ad individuare il soggetto deputato per adottare gli atti, autorizzando tale soggetto a derogare qualunque disposizione di legge tranne quella penale, qualora tale deroga riguardi la legislazione in materia della salute, della sicurezza e incolumità pubblica ambiente e patrimonio culturale.

Crediamo che queste misure vadano in una direzione sbagliata.

Le richieste di integrazione e correzione del decreto che riteniamo prioritarie in questo senso sono le seguenti:

▪ L'assenza di personale pubblico specializzato e, in particolare, di alte professionalità da impiegare per la progettazione e l'attivazione degli investimenti del PNRR e con contratto a tempo indeterminato sta impedendo una effettiva ed efficiente allocazione delle risorse messe a bando.
Oltre a ridiscutere dello strumento e allargare le fonti normative e le modalità di definizione dei progetti, va immediatamente aumentata la platea di lavoratori pubblici e occorre procedere ad una stabilizzazione e valorizzazione professionale adeguata del personale assunto fino ad oggi per sostenere la progettazione e programmazione. In questo senso occorre procedere alla stabilizzazione analogamente a quanto previsto nell’art. 4 del presente decreto per le amministrazioni centrali, di tutto il personale assunto con i concorsi Coesione, a partire dai tecnici nei comuni del Sud. Stessa valutazione e richiesta di stabilizzazione del personale per il personale del comparto giustizia.
▪ Potrebbe essere utile la costituzione di una tecno-struttura "di missione" per il PNRR, con personale dedicato al monitoraggio e al coordinamento degli investimenti da realizzare a livello locale (Province), anche per gestire gli appalti e conseguire gli obiettivi di spesa e occupazionali.
▪ Vanno integrate condizionalità tecniche per bandi e appalti degli EE.LL. con particolare riferimento alla M5, in cui l'assenza di concorrenza e la selezione avversa del mercato concentra in poche imprese la capacità di realizzare i progetti. In tal senso, occorrerebbero maggiori vincoli alle imprese e, allo stessa stregua, l'ingresso degli operatori pubblici (a partire da CDP) nei progetti prioritari di infrastrutturazione sociale. Gli stessi copiosi incentivi alle imprese finanziati dal PNRR devono essere più condizionati e più mirati.
▪ Il meccanismo dei bandi non ha garantito la progettazione degli investimenti, né tanto meno la loro attuazione, soprattutto nel Mezzogiorno (come segnalato da subito anche dalla Cgil e da SVIMEZ). Occorrono altri strumenti normativi, nonché la diretta partecipazione degli attori economici pubblici nella progettazione e nell’implementazione degli investimenti. Il vincolo di destinazione alle regioni del Mezzogiorno di almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente non viene mai raggiunto.
▪ I target trasversali (occupazione giovanile, femminile, Mezzogiorno) devono essere attentamente monitorati e resi esigibili a partire da adeguati vincoli presenti nei bandi. Allo stato infatti soprattutto le tante possibilità di deroga non consentono di raggiungere i target occupazionali previsti.
▪ Soprattutto per le misure delle M4, M5, M6 è fondamentale sostenere con spesa corrente le infrastrutture previste nella programmazione. Dalle mense scolastiche, agli asili nido, alle Case della Comunità etc... devono essere previsti i necessari finanziamenti economici per i territori che consentano il funzionamento effettivo. L’incertezza rispetto alle risorse e la difficoltà soprattutto di tanti enti locali inibisce spesso anche la volotà di accesso ai bandi e ai finanziamenti.
▪ Per rendere efficaci gli investimenti in particolare di M1, M2 e M3 (digitalizzazione, riconversione verde e infrastrutture) è necessario accompagnare il Piano con nuovi strumenti di politica industriale, in cui lo Stato torni ad occuparsi di sviluppo industriale in maniera diretta e con nuovi strumenti regolatori per generare quelle filiere strategiche legate ai grandi processi di cambiamento in atto (dalle batterie, all’indotto per l’elettrificazione e decarbonizzazione). Anche in questa direzione riteniamo necessaria la creazione di una Agenzia per lo sviluppo, capace di definire la specializzazione industriale del paese, coordinare ed orientare, nella loro differenza funzionale, l’azione dei diversi attori e strumenti del sistema e di coinvolgere anche i grandi attori economici - a partire dalle grandi imprese pubbliche - cercando di incentivarne scelte coerenti con gli obbiettivi del programma. Riproponiamo quanto già avanzato nella fase di definizione del PNRR vale a dire progetti specifici da collocare nelle 20 aree di crisi industriale complessa che rappresentano luoghi in cui si accompagna la dimensione produttiva con l’esigenza di riconversione ecologica e ambientale.

Una forte criticità riguarda il livello di partecipazione e confronto delle organizzazioni sindacali: persiste la mancanza di coinvolgimento nei processi decisionali. Nel decreto-legge 13/2023 viene cancellato il Tavolo di partenariato economico sociale e territoriale e “trasportato” tale schema nella cabina di regia, ove – tra l’altro- già era prevista la possibilità di presenza delle parti sociali, ancorché mai agita. Il rischio o forse è meglio dire la certezza è che si costruisca un soggetto pletorico, finalizzato più all’informativa che alla negoziazione e confronto sui provvedimenti. Il DL 77/2021 all’art. 8 comma 5 bis prevedeva un modello diverso di confronto con le parti sociali. Infatti prevedeva che nell'ambito di un protocollo d'intesa nazionale tra il Governo e le parti sociali più rappresentative, ciascuna amministrazione titolare di interventi previsti nel PNRR prevede lo svolgimento di periodici tavoli di settore e territoriali finalizzati e continui sui progetti di investimento e sulle ricadute economiche e sociali sulle filiere produttive e industriali nonché sull'impatto diretto e indiretto anche nei singoli ambiti territoriali e sulle riforme settoriali e assicura un confronto preventivo sulle ricadute dirette o indirette sul lavoro dei suddetti progetti.” Sulla scorta di tale previsione normativa in data 29 dicembre 2021 è stato sottoscritto un Protocollo con il Governo.

Chiediamo, pertanto, che tale impostazione venga mantenuta anche nel nuovo modello di Governance, anche alla luce del fatto che lo stesso Regolamento europeo è molto chiaro nel prevedere un confronto in anticipo, in itinere e finale. Non depone a favore di una rinnovata pratica di partecipazione il fatto che oggi ci troviamo a commentare un decreto-legge già operativo.

Ultimo tema che vogliamo sottolineare è la necessità che sia prevista piena trasparenza sull’andamento nella definizione dei progetti e nella loro attuazione. Il decreto-legge 13/2023 non prevede nessuna azione di implementazione di tale ambito.