La Legge di Stabilità 2016 ha stanziato 500 milioni di euro per un programma di intervento “per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” finalizzato alla realizzazione di “interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualità del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti”.

Un'attenzione condivisibile nei confronti di un tema che è tornato nell'agenda del Governo e che sembra riprendere un impegno sulle politiche urbane, trascurato rispetto alla complessità che oggi si riscontra e la cui urgenza è sotto gli occhi di tutti.

Il programma prevede che le proposte progettuali siano presentate da parte dei Comuni ad un apposito nucleo di valutazione da insediare presso la Presidenza del Consiglio. La norma demanda, per le modalità ed i contenuti, ad un bando che doveva essere emanato entro il 31 gennaio 2016. Le proposte dovrebbero essere presentate entro il 31 marzo 2016.

Il fatto che a tutt'oggi nulla è accaduto porta ad una serie di considerazioni che vanno evidenziate.

Innanzitutto questo ritardo denuncia una certa improvvisazione che ancora una volta condiziona l'attuazione di programmi di questo genere: si cambiano ogni volta le procedure, i contenuti delle proposte, le responsabilità amministrative chiamate a gestire il programma. E questo si traduce in ritardi sostanziali. Ritardi che hanno condizionato fortemente anche i precedenti programmi indirizzati alla riqualificazione delle città, con esiti negativi rispetto all'attuazione, rispetto ai quali esiti è mancata completamente una verifica della loro operatività.

In riferimento al Piano Città, avviato a giugno 2012 dal primo Decreto Sviluppo e dedicato alla rigenerazione delle aree urbane degradate, a tutt'oggi, secondo le informazioni di cui disponiamo, dei progetti ammessi a finanziamento, in 28 casi sono state firmate le convenzioni. Il Piano Città prevedeva un cofinanziamento nazionale di 318 milioni di euro (224 dal Fondo Piano Città e 94 dal Piano Azione Coesione per le Zone Franche Urbane) per un investimento complessivo stimato allora dal Ministero in 4,4 miliardi di euro, tra fondi pubblici e privati. Le erogazioni statali pare ammontino ad una quota irrisoria degli stanziamenti previsti, poco più di venti milioni di euro, ed il Piano non ha quindi prodotto i risultati annunciati.

Il Piano per la “riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”, previsto dalla Legge di Stabilità 2015, il cui bando è stato pubblicato a ottobre 2015, non sembra ancora avere avviato la fase attuativa. Peraltro la gestione è stata affidata al Dipartimento  Delle Pari Opportunità, che nel settore non ha esperienze precedenti. Considerando che non sono state poste soglie demografiche (il bando è rivolto a tutti i Comuni, senza distinzione territoriale o dimensionale) e avendo ammesso proposte tra le più generiche, peraltro da riscontrare in una griglia di particolare difficoltà interpretativa, anche in questo caso difficilmente si potranno avere gli esiti sperati di “riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale”.

Per il Piano per la “riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate”, la conseguenza evidente della difficoltà di gestione di un programma che ha una forte complessità e dovrebbe, al contrario, prevedere procedure più efficaci, è che parte degli stanziamenti sembrerebbero essere confluiti nel recente programma per le periferie.

Per raggiungere gli obiettivi che il recente Piano per le Periferie si propone, stante l'urgenza di intervenire nelle periferie delle nostre città, oggi spesso caratterizzate da un forte degrado urbano e sociale, attraverso interventi di rigenerazione che affrontino i temi della mancanza di qualità, di vivibilità, di sicurezza, è necessario innanzitutto che siano ridotti ulteriori ritardi per l'emanazione del bando. Ma soprattutto è indispensabile che il bando stesso venga costruito in maniera tale, da una lato favorendo una rapida formulazione delle proposte da parte dei Comuni, dall'altro esplicitando criteri tali che la conseguente selezione delle proposte possa avvenire in tempi certi e con metodi chiari, tali da consentire alla commissione di arrivare alla formulazione della graduatoria dei beneficiari delle risorse in tempi contenuti.

In generale ciò che si ritiene fondamentale è il superamento di programmi, interventi e stanziamenti una tantum. Si dovrebbe, al contrario, mettere a regime un programma pluriennale con finanziamenti che convergono da più amministrazioni, e con modalità di funzionamento tali da recuperare da quanto di positivo è emerso nei precedenti programmi, in modo da creare un sistema condiviso che non costringa gli enti locali a interpretazioni ed a messe a punto di proposte diversificate in funzione della diversità degli obiettivi proposti.

Quello che non è accettabile è che programmi di questa natura rischino di essere utilizzati solo a fini di propaganda politica e che non venga dato conto con trasparenza e continuità degli esiti finali dei programmi stessi.

Commi da 974 a 978 della Legge di Stabilità 2016:

https://www2.cgil.it/admin_nv47t8g34/wp-content/uploads/2016/02/L.stabilita_Commi.pdf