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Roma, 1 giugno - "L'emergenza abitativa continua ad avere dimensioni preoccupanti per la tenuta sociale del Paese. La morosità è la principale causa dei provvedimenti di sfratto emessi, segno del crollo dei redditi, e aumentano le richieste di esecuzione. Ma a fronte di un impoverimento sempre maggiore, di un aumento delle disuguaglianze e di un’accentuazione del disagio abitativo e dell'esclusione sociale, non si adottano i provvedimenti adeguati, basti pensare all'azzeramento del Fondo di sostegno all'affitto". È quanto emerge da uno studio dell'Ufficio Politiche abitative della Cgil nazionale e del SUNIA,  diffuso a pochi giorni dalle comunicazioni del ministero dell'Interno sulle procedure di sfratto relative all'anno 2015.

"Secondo i dati del ministero, i provvedimenti di sfratto emessi risultano in diminuzione del 16,6%, quelli eseguiti del 10,4%", ma tali percentuali derivano da rilevazioni incomplete e quindi, per Cgil e  SUNIA "verosimilmente gli aggiornamenti successivi porteranno a dati non molto dissimili da quelli del 2014".Lo studio evidenzia come le morosità rappresentino quasi il 90% dei provvedimenti emessi, "segno inequivocabile che i redditi da lavoro e da pensione, per una quota sempre maggiore di famiglie colpite dalla crisi, non sono sufficienti per affrontare le spese dell'abitazione, con costi al limite della sostenibilità economica".Inoltre "aumentano le richieste di esecuzione presentate all’Ufficiale Giudiziario, che costituiscono l'elemento più preoccupante dell'emergenza sfratti perché riversano sugli Enti locali una domanda di sistemazione attualmente non solvibile".

Un quadro che si spiega guardando all'indagine sui bilanci delle famiglie di Bankitalia e ai dati Istat sulle famiglie in povertà, che certificano un "diffuso impoverimento". Per quanto riguarda i primi, nello studio si rileva che se da un lato si arresta la diminuzione del reddito familiare netto che proseguiva dal 2008, dall'altro il reddito equivalente, che misura il livello di benessere tenendo conto della struttura familiare, ha subito un crollo sempre maggiore: "gli individui che ne hanno uno inferiore al 60% di quello mediano (16.000 euro, soglia convenzionalmente usata per definire la condizione di basso reddito) erano il 9,6% nel 2006, il 20,6% nel 2012, il 22,3% nel 2014".

Nonostante l'evidente necessità di interventi in grado di affrontare questa situazione le risposte continuano a non arrivare. Cgil e SUNIA sottolineano infatti che "la spesa sociale per la casa, nel nostro Paese è tra le più basse d’Europa". Inoltre dal 2016 "il Fondo di sostegno all'affitto previsto dalla legge 431/98 è stato azzerato, cancellando un aiuto per le famiglie in difficoltà con il pagamento dei canoni".

Per l'Ufficio Politiche abitative della Cgil nazionale ed il SUNIA quelli citati sono "dati preoccupanti per la tenuta sociale del Paese" e per questo, si sostiene in conclusione nello studio "sono urgenti interventi pluri-livello che agiscano strutturalmente nel comparto abitativo", "attraverso il sostegno ai redditi, il potenziamento dello stock abitativo in locazione a costi calmierati, aumentando le abitazioni a canoni sostenibili con stanziamenti diretti per l'edilizia residenziale pubblica e sociale, e la stabilizzazione delle agevolazioni fiscali a sostegno dello sviluppo dei contratti concordati, con l'obiettivo di diminuire il livello degli affitti".