“Le lavoratrici e i lavoratori, negli ultimi anni, hanno subìto un’inflazione da profitti che non è stata recuperata. È questa la causa principale del brutale impoverimento dei salari. Ma non è l’unica”, afferma Christian Ferrari, segretario confederale della CGIL. “Oltre all’inflazione hanno pagato anche un pesantissimo drenaggio fiscale”.

“Secondo il Governo – prosegue Ferrari -, il fiscal drag sarebbe stato compensato, per i redditi medio-bassi, dai diversi interventi approvati tra il 2023 e il 2025 sull’Irpef, sul cuneo contributivo, sulla sua successiva fiscalizzazione. Una tesi che, se fosse fondata, smonterebbe comunque la propaganda di questi anni, svelando come i salari non siano stati affatto sostenuti e che quanto riconosciuto con una mano è stato sottratto con l’altra, in una mera partita di giro a saldo zero”.

Ma, sottolinea il dirigente sindacale, “le cose stanno molto peggio di così.” Come dimostra la simulazione della CGIL, “se infatti si escludono i redditi con un imponibile previdenziale di 15.000 euro, le altre fasce prese in esame - considerato l’intero triennio - hanno avuto perdite ben superiori ai vantaggi. Si va dai -699 euro per chi ha un imponibile previdenziale di 20.000 ai -2.087 euro per chi ha un imponibile previdenziale di 35.000, fino ai -3.374 euro per chi ha un imponibile previdenziale di 55.000 euro”. “Neppure le misure contenute nel disegno di legge di Bilancio rimedieranno a questa situazione: la tassazione per gli incrementi contrattuali al 5% per i lavoratori fino a 28.000 euro dovrebbe determinare un beneficio medio di 126 euro solo per il 2026; mentre la riduzione della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% per i redditi sopra i 28.000 euro porterà vantaggi che oscillano tra 0 e 440 euro. Oltretutto, il drenaggio fiscale – se non neutralizzato – si replicherà anche nel 2026 e negli anni a venire”.

“Va poi sottolineato che il fiscal drag colpisce tutti i redditi fissi, quindi non solo i lavoratori dipendenti, ma anche i pensionati. Per queste ragioni – prosegue –  chiediamo la restituzione del drenaggio fiscale subìto da lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati; e la sua neutralizzazione per il futuro attraverso l’indicizzazione automatica all’inflazione (Ipca generale o, se superiore, carrello della spesa) di scaglioni, detrazioni, trattamento integrativo, Isee ed esenzioni, come del resto avviene in molti Paesi, tra i quali gli Stati Uniti d’America”.

“Non farlo – spiega Ferrari – non è una decisione neutra, ma una precisa scelta politica: continuare a perpetrare una vera e propria oppressione fiscale verso chi vive di reddito fisso, mentre agli altri – che peraltro non subiscono alcun drenaggio fiscale – si garantiscono flat tax, condoni, concordati preventivi, consentendo a molti di violare i propri doveri nei confronti del fisco. Non a caso, l’evasione è tornata a crescere”.

“Oltretutto – prosegue il dirigente sindacale -, le risorse sottratte attraverso il fiscal drag a lavoratori e pensionati non vengono utilizzate per finanziare il sistema pubblico dei servizi (a partire da sanità, istruzione, non autosufficienza, casa, ecc.), ma per fare più austerità di quella richiesta dall’Europa, in modo tale da creare le condizioni, già dal 2026, per indebitare ulteriormente il Paese e finanziare una folle corsa al riamo (+23 miliardi solo nei prossimi tre anni, come indicato nel Dpfp)”.

“Il disegno di legge di Bilancio, oltre a danneggiare le persone che rappresentiamo, sarà controproducente per l’intero Paese. La nostra mobilitazione – che ha visto una straordinaria partecipazione alla manifestazione di Piazza San Giovanni e che si intensificherà nelle prossime settimane – ha l’obiettivo di cambiarla” conclude Ferrari.

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