Come previsto dal DL 4 maggio 2023 “Lavoro”, a partire dalla mensilità di luglio, le buste paga dei lavoratori dipendenti vedranno applicarsi un incremento di 4 punti della decontribuzione. Ciò significa che i lavoratori dipendenti la cui retribuzione mensile non eccede i 1.923 euro – e che oggi godono di un 3% – beneficeranno di un incremento fino al 7%, mentre quanti hanno una retribuzione mensile entro i 2.692 euro – oggi sgravati di due punti di decontribuzione – la vedranno incrementata fino al 6%.

Lo strumento della decontribuzione è stato proposto, unitariamente, dal Sindacato come via per aumentare il reddito netto dei lavoratori, compresi i redditi bassi, fiscalmente incapienti, che non potrebbero beneficiare dell’incremento delle detrazioni. Ci siamo invece opposti fortemente all’utilizzo della riduzione delle aliquote nominali o all’allargamento degli scaglioni, in quanto – oltre a non aumentare il netto dei lavoratori incapienti – determinerebbero un ingiusto beneficio soprattutto per i redditi più elevati.

La decontribuzione è temporanea e vale per il solo 2023. Oltretutto – a differenza dell’analogo provvedimento introdotto, per la prima volta, dal precedente governo nel 2022 – l’intervento previsto dall’art. 39 del DL Lavoro ha un’efficacia temporale inferiore: il 4% aggiuntivo, infatti, non sarà erogato sulla tredicesima mensilità.

Come Organizzazioni sindacali, unitariamente, abbiamo chiesto che questa riduzione del cuneo lato lavoratore sia confermata e resa strutturale. A tal fine, sarà necessario individuare in Legge di Bilancio una quantità di risorse tra gli 11 e i 12 miliardi di euro. Abbiamo inoltre segnalato al legislatore – attraverso un emendamento – la necessità di introdurre una fascia di decalage onde evitare che redditi di poco superiori ai 35.000 euro lordi finiscano per essere penalizzati e che gli eventuali incrementi salariali producano addirittura un effetto netto negativo. Purtroppo, la proposta emendativa non è stata inserita nel testo di legge di conversione del Decreto.

Come CGIL, inoltre, continuiamo a sostenere la necessità di difendere il potere d’acquisto di salari e pensioni attraverso l’indicizzazione annuale e automatica delle detrazioni al costo della vita, anche per limitare il c.d. fiscal drag. Fermo restando che il più importante strumento di politica salariale non può che essere il rinnovo dei contratti collettivi, a partire da quelli del lavoro pubblico. La difesa dei salari dall’inflazione, infatti, non può essere garantita dalla sola riduzione delle imposte.

Analizziamo – nella seguente tabella – gli effetti di questo incremento della decontribuzione:

Precisiamo che questa tabella – per esigenze di semplificazione – assume come parametro la retribuzione lorda annua, fermo restando che il discrimine per il diritto è la singola busta paga mensile (che deve essere mensilmente inferiore o uguale ai limiti previsti dalla legge). Questo significa che – anche a parità di retribuzione annua complessiva – la sua diversa quantificazione/distribuzione mese per mese (alla luce delle soglie di reddito di cui sopra), può incidere sull’importo mensile della decontribuzione spettante.

In tabella abbiamo distinto tra beneficio lordo e beneficio netto in quanto la riduzione della contribuzione – che permette di incrementare il salario in misura pari alla quota di retribuzione prima versata all’INPS – finisce tuttavia per aumentare il reddito lordo fiscale. I contributi previdenziali, infatti, sono deducibili, conseguentemente la loro riduzione produce un incremento della retribuzione imponibile ai fini IRPEF. La trasformazione da beneficio lordo a beneficio netto si opera applicando la cosiddetta aliquota marginale effettiva, ovvero l’aliquota IRPEF che oltre alla nominale (23%, 25%, 35% e 43%) include anche la riduzione della detrazione per lavoro dipendente, che cala al crescere del reddito. Tali importi saranno poi gravati anche dalle addizionali locali. Per i lavoratori incapienti, invece, l’incremento lordo coincide con l’incremento netto

Modalità di applicazione

Non è necessaria alcuna domanda. I lavoratori, con il pagamento della competenza di luglio, troveranno in busta un incremento del reddito netto in ragione dell’incremento della quota di decontribuzione. Ribadiamo che la retribuzione imponibile mensile, per beneficiare dell’istituto in parola, dovrà essere inferiore ad una delle due soglie stabilite per avere accesso alla riduzione rispettivamente del 6% o del 7%.

Nel caso di incremento retributivo nel corso del mese – così come nel caso di passaggio da part time a full time, o di modifica del datore di lavoro senza soluzione di continuità in virtù di operazioni societarie – sarà necessario valutare la retribuzione mensile complessiva. Nell’ipotesi di lavoratori con due distinti contratti, la verifica del non superamento della soglia dovrà essere effettuata sulla singola busta paga, e sarà quindi possibile percepire due volte il beneficio anche nel caso in cui la somma delle retribuzioni sia oltre soglia.

Tredicesima mensilità

Come già accennato, l’incremento della decontribuzione sarà applicato dalla mensilità di luglio a quella di dicembre, con esclusione della tredicesima. Ciò significa che l’importo della tredicesima vedrà una decontribuzione pari al solo 2% o 3% con riferimento alle soglie di 1.923 euro e 2.692 euro. Nel caso in cui l’erogazione della tredicesima mensilità sia frazionata mensilmente, per accedere alla decontribuzione il singolo rateo non dovrà essere superiore a 160 euro (1.923/12) per avere diritto al 3% e a 224 euro (2.692/12) per avere diritto al 2%.

Non è invece previsto un trattamento simile per eventuale quattordicesima (o ulteriori) mensilità. Nel mese di erogazione di tali emolumenti, quindi, per verificare il rispetto delle soglie sarà necessario sommare i due importi. Allo stesso modo ci si deve regolare nel caso le mensilità aggiuntive siano erogate mensilmente per ratei.

Casi di non applicabilità o applicabilità parziale

Ricordiamo che la decontribuzione non spetta ai lavoratori domestici né a quei lavoratori destinatari di eventi con copertura figurativa integrale dall’INPS (es. aspettativa sindacale Legge 300/70). I lavoratori già destinatari di decontribuzione in forza di altri provvedimenti, ad esempio le lavoratrici madri dipendenti del settore privato che hanno diritto ad una riduzione della contribuzione pari al 50% per la durata di un anno dal rientro dal congedo obbligatorio, possono fruire della decontribuzione fino a concorrenza con la quota residua di contributi.