Il sistema fiscale del nostro paese ha certamente necessità di essere riformato dalle fondamenta. Soffre infatti le conseguenze di essere stato concepito nella seconda metà degli anni 60 del secolo scorso (e diventato legge nei primi anni 70), quindi in un mondo totalmente diverso da quello attuale. Anche il tentativo di riforma degli anni 90 è stato successivamente “smontato” seguendo criteri legati ad una visione superata.

Nel tempo l’imposizione fiscale sul reddito delle persone è “fuggita” dall’IRPEF, l’imposta che avrebbe dovuto tassare il reddito complessivo dei contribuenti, per disperdersi in decine di rivoli, cedolari, tassazioni separate, aliquote di favore, deduzioni dall’imponibile, fino ad arrivare, ad oggi, ad un IRPEF la cui base imponibile è al 90% composta da redditi di lavoro dipendente e pensione. Di fatto oggi questa imposta, lungi dall’essere applicata sul complesso dei redditi personali, si è ridotta ad essere l’imposta sui redditi fissi. Per questo la CGIL nelle sue piattaforme fiscali, anche unitarie, è sempre partita dall’esigenza di rivedere la base imponibile, di allargarla ricomprendendo al suo interno tutta una serie di redditi oggi esclusi. In mancanza di questo passo fondamentale, ogni riforma o modifica dell’IRPEF diventa una redistribuzione interna al reddito da lavoro e da pensione.

Ebbene, questa riforma agisce prevedendo ulteriori esclusioni dalla base imponibile IRPEF, ed è questa la sua principale mancanza.
Si continua a tassare il lavoro e le pensioni più delle rendite immobiliari, delle grandi rendite finanziarie, più del lavoro autonomo, più del reddito d’impresa, e questo è inaccettabile.

Nella riunione del Consiglio dei ministri numero 23 del 16 marzo 2023 è stato “approvato con procedure d’urgenza, un disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale”.

Nella nota che riportiamo di seguito illustriamo il contenuto del testo di legge, composto da 20 articoli.