Le 248 pagine di documenti (finora segreti anche per i membri del Parlamento Europeo), rese pubbliche da Greenpeace, contengono il cuore delle posizioni nella trattativa tra USA e UE dopo l’ultimo round negoziale e rafforzano le più pessimistiche previsioni sui possibili contenuti di un eventuale accordo.

A poche settimane dal Consiglio Europeo del 13 maggio che tratterà del TTIP e anche del CETA (l’accordo di liberalizzazione con il Canada in via di ratifica al Parlamento europeo) i documenti resi noti, confermano la necessità di far uscire le trattative dal segreto in cui i negoziatori le hanno finora sostanzialmente tenute e di mobilitare i cittadini perché governi e parlamenti nazionali, la Commissione e il Parlamento Europeo si pronuncino con forza per un commercio mondiale equo, orientato verso i diritti dei lavoratori, dei cittadini e dei consumatori e l'attuazione degli standard sociali e ambientali e respingano ipotesi di accordo che muovono in una direzione opposta a vantaggio esclusivo degli interessi delle grandi imprese.

Dai testi emerge anche una forte aggressività delle posizioni USA e una sostanziale debolezza di quelle dell'Unione Europea: la protezione per l’agricoltura, il cibo, i prodotti di qualità è ancora in alto mare. Mentre sono bene in chiaro gli obiettivi che si intendono raggiungere: appalti pubblici senza vincoli, lavoro senza garanzie e a basso costo, finanza e privatizzazioni senza controllo sulle due sponde dell’Atlantico.

Nel capitolo sulle misure di riferimento per la qualità e la salubrità dei cibi, i documenti dell'UE non fanno alcun riferimento al Principio di precauzione che in ogni sede dice di voler salvaguardare, mentre attraverso la cosiddetta “cooperazione regolatoria” si rinuncia ad armonizzare al livello più alto gli standard e le normative e grazie al riconoscimento come equivalenti degli standard esistenti in USA e in UE viene aperta la strada a una corsa al ribasso degli standard stessi e viene legittimata l'ingerenza degli interessi privati nelle decisioni degli organismi democraticamente eletti.

Accanto a mere dichiarazioni di principio su ambiente e diritti del lavoro, prive di esigibilità e incisività, infatti, viene ulteriormente squilibrato il rapporto di forza a favore delle imprese multinazionali e degli investitori stranieri con la creazione di una giustizia arbitrale, privata e parallela e alternativa alla magistratura ordinaria, alla quale solo essi potrebbero fare ricorso accusando gli stati di creare ostacoli alla loro attività e ai loro profitti e pretendendo cospicui risarcimenti. Come ha dichiarato il premio Nobel Stiglitz: «Non c’è nulla nel Ttip, che impedisca di approvare delle regole. È possibile mantenere le regole. Solo ogni anno bisognerebbe firmare un assegno alla Phillip Morris, per ripagarla del profitto perduto rispetto a quello che avrebbero realizzato se avessero potuto uccidere le persone come in passato».