Il sistema delle Amministrazioni pubbliche, dopo anni di tagli lineari e il pluriennale blocco delle assunzioni, sta vivendo una crisi senza precedenti. Crisi che purtroppo rischia di incidere pesantemente sullo stato di attuazione del PNRR, e sul recupero dei ritardi maturati a causa della pandemia soprattutto nel settore della sanità.

I diversi provvedimenti che si sono susseguiti nel corso degli ultimissimi anni non hanno prodotto i risultati sperati né nel velocizzare i processi assunzionali, né nel recupero delle professionalità assenti, né nel superamento della condizione di precarietà in cui vive ancora una percentuale consistente di tutto il personale.

Il provvedimento in questione non sembra risolvere nessuno dei suddetti problemi. Le assunzioni rese disponibili sono lontane dal recupero del fabbisogno necessario a tutte le Pubbliche Amministrazioni, soprattutto considerata l’età media elevata e il ridimensionamento costante di personale che ha interessato alcuni comparti in particolare (le Amministrazioni centrali e il sistema delle autonomie).

Per quel che riguarda il sistema di Istruzione e ricerca, le misure di assunzioni straordinarie della scuola sul sostegno rispondono ad una nostra proposta, ma andrebbero estese anche al posto comune o si rischia di lasciare inassegnato più del 50% dei circa 100 mila posti vacanti da attribuire alle assunzioni. Ci preoccupa la scelta di assegnare i contratti a chi ha i titoli esteri in attesa di riconoscimento facendogli scavalcare i precari che lavorano da anni su sostegno. Così si favoriscono soggetti che lucrano sulla compravendita di titoli esteri. Grave che il MIM decida di spendere 4 milioni e mezzo di euro per esternalizzare la procedura di valutazione di questi titoli esteri (affidata a CIMEA), quando quelle risorse avrebbero potuto essere usate per finanziare i corsi abilitanti che dovranno partire dal prossimo anno, abbassando le tasse a carico dei corsisti.

Sui vincoli di permanenza per docenti neo-assunti bene il rinvio, ma è una misura transitoria in quanto le criticità restano: abbiamo bisogno di riportare tutta la mobilità nell’alveo della contrattazione perché il tema riguarda le condizioni di lavoro e solo la negoziazione può trovare il punto di equilibrio tra le esigenze di continuità didattica e le legittime aspettative dei docenti. Occorre interrompere il continuo ricorso alla decretazione in sostituzione del confronto tra le parti, negli ultimi anni sempre più svilito e limitato dall’ingerenza della legge.

Anche le misure previste per la dirigenza scolastica, con la proroga di un ulteriore anno dei contratti integrativi regionali sulla retribuzione di posizione e risultato, sono la conseguenza dell’insufficiente investimento economico sul Fondo Nazionale dei Dirigenti Scolastici, in quanto rinviano all’a.s. 2023/2024, per assenza delle risorse necessarie, l’operazione di armonizzazione delle retribuzioni dei dirigenti scolastici prevista dal CCNL 2019 a partire dall’a.s. 2019/2020.

La possibilità di riconoscere risorse dei progetti di ricerca nello stipendio della docenza universitaria e di ricercatori/tecnologi degli Enti di Ricerca, oltre che discriminare una parte del personale (i tecnici amministrativi), modifica la natura di questi progetti, amplifica le divergenze e nelle università tende allo stravolgimento dell’attuale stato giuridico della docenza. Per questo riteniamo necessario premettere ad un qualsiasi intervento un’ampia discussione e una valutazione di sistema sulle conseguenze che introdurrebbe nelle attività di ricerca. Nel decreto invece mancano due interventi cruciali: la possibilità di aumentare le risorse del fondo del salario accessorio delle università, per adeguarlo quando aumenta il personale (evitando così diminuzioni della retribuzione); l’erogazione di risorse per lo sviluppo professionale anche agli Enti di ricerca non vigilati dal MUR, così da porre rimedio alla disparità che si è determinata rispetto a quasi metà del personale degli Enti pubblici di ricerca italiani.

Giudichiamo negativamente, inoltre, la previsione di ulteriori forme discrezionali e potenzialmente discriminatorie per la stabilizzazione del personale degli enti locali, secondo le modalità del d.lgs. 75/2017 pur senza prorogare il riferimento normativo citato, prevedendo un “colloquio selettivo e la valutazione positiva dell’attività svolta” dal personale in servizio a tempo determinato presso gli stessi enti.

O ancora la previsione di permettere alle ARPA di assumere personale di tutti i profili, compresi quelli altamente qualificati e specializzati, solo a tempo determinato, senza trovare soluzione strutturale alla vertenza annosa sul corretto inquadramento di chimici, fisici, biologi nelle Agenzie. Resta non affrontato sufficientemente il rischio che le amministrazioni coinvolte dai progetti PNRR non vedano soluzione né per risolvere l’ormai noto fenomeno delle rinunce degli assunti a tempo determinato né per colmare le gravi e annose falle generate nelle strutture ordinarie, fondamentali però per sostenere la straordinarietà dei progetti di ammodernamento, dai lunghi anni di blocco delle assunzioni.

Per i poliziotti del sistema penitenziario poi, l’istituzione della carriera dei medici rappresenta una soluzione non in grado di aggredire i problemi che da tempo interrogano amministrazione e autorità politica circa la formazione e l’attività di prevenzione e sostegno rispetto a fenomeni quali le aggressioni e i suicidi che, in carcere, vedono vittime tra detenuti e agenti.

Tutti questi elementi ci preoccupano oggi ancor di più avendo visto i saldi di finanza pubblica nel DEF 2023, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 11 aprile e dal Parlamento il 28 aprile: infatti, si evince chiaramente che non ci sono risorse per garantire i servizi pubblici, avendo previsto una contrazione della spesa per il personale della Pubblica Amministrazione che vuol dire precludere non solo le ulteriori assunzioni di cui le amministrazioni hanno disperatamente bisogno per sostenere la propria azione, ma anche le risorse per garantire un rinnovo contrattuale atto a riconoscere un adeguato incremento complessivo del potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori, stante un quadro economico straordinario caratterizzato da un’inflazione ancora elevatissima.

Riteniamo quindi il testo non adeguato a garantire quelle misure di rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche citate nell’oggetto del provvedimento. Per tali ragioni, in particolare sui temi evidenziati, elaboreremo delle proposte di modifica che invieremo a tutti i gruppi parlamentari.