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Roma, 10 luglio – "Siamo all’ennesimo campanello d’allarme per l’industria italiana. Ma mentre la nostra economia si sgretola, con settori strategici per l’occupazione e la competitività del Paese come quelli dei mezzi di trasporto, farmaceutico, chimico, siderurgico e automotive che registrano cali drastici, il Governo si distrae con beghe interne e comunicati mirati a mascherare la reale situazione, colpevolmente assente di fronte a una crisi che minaccia il tessuto produttivo nazionale". Così il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo commenta i dati diffusi oggi dall'Istat sulla produzione industriale, in calo dello 0,7% su base mensile e dello 0,9% rispetto allo scorso anno.
"La Presidente del Consiglio e il ministro Urso continuano a propagandare narrative prive di fondamento - sostiene il dirigente sindacale - alimentando un'illusoria impressione di stabilità e progresso che non trova riscontro nei dati oggettivi. Invece di affrontare con strumenti concreti la crisi industriale, sostenere la domanda interna, promuovere la transizione ecologica e digitale delle imprese, rafforzare le politiche industriali e difendere l’occupazione, l'Esecutivo continua a rincorrere provvedimenti spot e misure ideologiche, lasciando che a pagare il prezzo siano i soliti: lavoratori e famiglie".
Gesmundo sottolinea che "il crollo della produzione in settori fondamentali come i beni di consumo e i beni intermedi non è solo un indicatore economico, è un segnale gravissimo di sofferenza delle filiere produttive e della domanda interna. Servono investimenti pubblici e privati, una strategia industriale degna di questo nome e una visione di lungo periodo. Serve, soprattutto, un confronto serio con le parti sociali, finora completamente ignorate da questo Governo".
"Chiediamo l’immediata apertura di un tavolo nazionale permanente con le parti sociali - conclude il segretario confederale della Cgil - per affrontare l’emergenza industriale, con misure straordinarie per l’occupazione, il rilancio produttivo e la tenuta del tessuto economico italiano. È il momento della responsabilità. Chi governa non può continuare a voltarsi dall’altra parte mentre l’economia reale affonda".