Assegno di maternità per precarie o disoccupate

Le madri che lavorano saltuariamente, in modo occasionale e precario, nonché le stagionali, disoccupate, in cassa integrazione, in mobilità, possono richiedere l’Assegno di maternità dello Stato pagato dall’INPS.

La maggior parte delle donne, specie giovani madri, si trova in queste condizioni. Inoltre, per le numerose immigrate questa prestazione economica rappresenta, spesso, l’unica possibilità di aiuto per mantenere il neonato. Diventa importante, quindi, conoscere le condizioni per le quali si ha diritto a questo assegno.

L’assegno può essere pagato in misura intera, se la madre non ha diritto a nessuna indennità di maternità. In quota differenziale, se la madre ha diritto ad una indennità di maternità di importo complessivo inferiore rispetto all’assegno.

Se l’indennità di maternità prevista nella Gestione separata dell’INPS risulta inferiore a quella dell’assegno dello Stato, le lavoratrici parasubordinate hanno diritto all’integrazione fino a concorrenza dell’importo.

L’assegno viene pagato per ogni figlio: tanti nati, tanti assegni. La domanda deve assolutamente essere presentata entro sei mesi dalla nascita, o dall’ingresso in famiglia, pena la decadenza dal diritto (termine perentorio).

I requisiti richiesti per il diritto all’assegno di maternità dello Stato sono:

  • La residenza in Italia;
  • La cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione europea.

Ne hanno diritto anche i cittadini extracomunitari:

  • Familiari titolari della «Carta di soggiorno per i familiari del cittadino comunitario non aventi la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea»;
  • Familiari titolari della «Carta di soggiorno permanente» per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro;
  • Titolari di un permesso di soggiorno ed equiparati ai cittadini italiani, ai sensi del Testo Unico di cui l’articolo 41, comma 1-ter, Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286 che dispone: «sono equiparati ai cittadini italiani esclusivamente gli stranieri titolari di permesso unico di lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, nonché gli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi»;
  • Titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

Altri i requisiti

La lavoratrice deve avere tre mesi di contribuzione previdenziale nel periodo compreso tra i diciotto e i nove mesi precedenti la data del parto o dell’ingresso in famiglia. Può aver lavorato come subordinata, parasubordinata o in forma autonoma.

Se la lavoratrice è stata licenziata o si è dimessa, vale sempre il requisito dei tre mesi di contribuzione per maternità nel periodo compreso tra i diciotto e i nove mesi precedenti la data del parto o dell’ingresso in famiglia.

Diverso è il caso della lavoratrice disoccupata, che ha usufruito in passato di mobilità, di NASpI, di cassa integrazione, malattia o maternità, ASU (Attività Socialmente Utili) o LPU (Lavoro di Pubblica Utilità). Per lei, il requisito è che tra l’ultimo giorno della prestazione economica fruita e la data del parto, o di ingresso in famiglia, non sia trascorso un periodo di tempo superiore a quello di utilizzo della prestazione stessa. Comunque, il periodo tra l’ultimo giorno della prestazione usufruita e la data del parto non può essere superiore a nove mesi.

Padri precari e disoccupati

In casi particolari, l’assegno di Stato può essere richiesto anche dal padre e da altri soggetti.


Assegno di maternità dello stato per lavoratrici precarie o disoccupate, Focus della Guida Inca e Cgil “Genitori che lavorano”, edizione 2025.
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