A 52 anni dall’approvazione della Legge 6 dicembre 1971 n. 1044 istitutiva degli asili nido, in Italia ci sono solo 350 mila posti in asili nido e servizi integrativi per la prima infanzia, pubblici o privati. Dunque, solo il 28% dei bambini e bambine, ovvero poco più di uno su quattro, può usufruirne mentre 900 mila bambini e bambine ne sono ancora esclusi. E’ quanto risulta dagli ultimi dati dell’ISTAT elaborati dalla CGIL.

Un’offerta assolutamente insufficiente rispetto al potenziale bacino di utenza e ben al di sotto di quel 33% che l’Europa si era data come obiettivo da raggiungere entro il 2010 (e che l’Italia ha indicato come livello minimo da garantire entro il 2027) e molto lontana dal nuovo obiettivo europeo del 45% da raggiungere entro il 2030.

Non solo asili nido e servizi educativi sono pochi ma negli ultimi 10 anni sono diminuiti di oltre 14 mila posti, pari a -3,9%. Se da un lato c’è un problema di un insufficiente numero di posti, con forti diseguaglianze territoriali (si passa dal 38,9% dell’Umbria al 10,7% della Campania), c’è anche il problema di rette che per molte famiglie sono insostenibili e sempre più spesso condizionano la scelta di affidamento dei bambini ai nidi.

Per i nidi, i livelli di spesa media per utente a carico dei comuni sono di 7.006 euro ma con notevoli differenze tra territori e in relazione al tipo di gestione: si passa così da una spesa media per utente di 9.952 euro per asili nido comunali a gestione diretta, a 5.434 euro per asili comunali la cui gestione è affidata a terzi, a 3.775 euro per asili nido privati con riserva di posti, fino a 1.994 euro che costituiscono i contributi mediamente erogati alle famiglie per la frequenza ai nidi.

Si parla spesso impropriamente dei costi dei servizi mentre non si parla abbastanza del costo della loro mancanza: costi educativi, sociali, in termini di povertà educativa, correlazione con la dispersione scolastica, diseguaglianze, denatalità. Gli asili si configurano come diritti dei bambini e delle bambine oltre al fatto che il potenziamento dell’offerta di nidi andrebbe a creare opportunità di lavoro con profili professionali di qualità.

Nel PNRR il tema dell’infanzia è stato posto come prioritario con la destinazione di 4,6 miliardi di euro al Piano per potenziare l’offerta di asili nido, servizi educativi e scuole dell’infanzia, ma la rimodulazione del PNRR, proposta dal Governo e decisa dalla Commissione europea, si sostanzia nel forte ridimensionamento dei nuovi posti da attivare che passano da 264 mila a 150 mila con un taglio molto consistente e preoccupante, oltre alla proroga del termine per il completamento degli investimenti.

Una sconfitta di enormi proporzioni per il nostro Paese, che risulta così incapace di dotarsi di una infrastrutturazione sociale, strategica, l’universalità dell’offerta educativa 0-6 con la gratuità degli asili nido per tutti e l'obbligatorietà della scuola dell’infanzia.

Ora il Governo tenta di rassicurare annunciando l’adozione di nuovi piani asili nido finanziati con risorse nazionali. Annunci e promesse che però si scontrano con la realtà dei fatti: l’incapacità di garantire percorsi educativi e di cura sin dalla prima infanzia a tutti i bambini e le bambine, superando i ritardi e le profonde diseguaglianze territoriali, aggravati anche dagli ulteriori e pesanti tagli operati dal Governo con il DDL Bilancio 2024 a danno dei Comuni.

Ai divari territoriali nell’offerta di strutture e servizi corrispondono anche notevoli disparità nelle risorse pubbliche erogate a sostegno del sistema educativo per la prima infanzia. Infatti, la spesa complessiva dei Comuni varia notevolmente e coloro che vivono nelle aree più svantaggiate, beneficiano di minori risorse pubbliche da parte delle amministrazioni locali e contemporaneamente hanno anche minori possibilità di intercettare le misure di sostegno statali come i diversi bonus. Diseguaglianze destinate ad accrescersi a seguito delle scelte del Governo contenute nel DDL Bilancio 2024 che incrementa il bonus asili nido a 3.600 euro annui da corrispondere a famiglie con almeno 2 figli.

Occorre rimarcare che, oltre agli investimenti per realizzare le strutture, vanno garantite ai comuni le risorse necessarie alla gestione corrente degli asili nido, per valorizzare il personale e promuovere la qualità dell’offerta educativa: per arrivare all'obiettivo del 45% (Barcellona 2030), devono essere attivati 200 mila posti in più rispetto a quelli attuali, per i quali occorrono 2 miliardi di euro in più all'anno per la gestione e almeno 45 mila educatrici/tori in più.

Al Governo chiediamo meno annunci, meno retorica della natalità e più impegno per garantire gli obiettivi europei, un’infrastruttura educativa e sociale strategica e politiche strutturali e di prospettiva che mettano al centro i bambini e le bambine e i loro diritti che devono trovare coerenza e realizzazione a partire dalla Legge di Bilancio.

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Ufficio Stampa

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