Roma, 3 aprile - “Sovraffollamento, degrado strutturale, spazi invivibili con precarie condizioni igienico-sanitarie, mancanza di attività trattamentali, di opportunità di lavoro e formazione, carenza di risorse e personale. Sono le gravi e croniche criticità del nostro sistema carcerario, che la politica securitaria del governo Meloni, espressione di un pericoloso populismo penale, è destinata ad aggravare”. Così la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi nel corso dell’iniziativa organizzata questa mattina dalla Confederazione, “Articolo 27. I diritti in carcere”.

La Cgil nazionale, elaborando i dati del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ha tracciato un ritratto del nostro sistema carcerario. 189 istituti penitenziari in cui, a fronte di 51 mila posti regolamentari, sono presenti 61 mila persone, in forte crescita soprattutto nell’ultimo anno. Considerando i posti effettivamente disponibili, sono 14 mila quelle in eccesso. Numeri che portano ad un tasso di sovraffollamento medio del 119%, che arriva al 153% nelle carceri della Puglia, al 142% in Lombardia, al 134% in Veneto, e che supera il 150% in ben 41 istituti. Tassi tra i più alti in Europa, ancora più drammatici in molte strutture, come a Brescia dove la popolazione detenuta è di più del doppio dei posti (213%), Taranto (185%), Roma Regina Coeli (182%).

“Il primo passo per attenuare il sovraffollamento - sottolinea Barbaresi - sarebbe far accedere a misure alternative al carcere coloro che devono scontare pene brevi, prevedere sanzioni sostitutive, sanzioni e misure di comunità, e la depenalizzazione dei reati minori e un minor ricorso alla carcerazione preventiva”: Il 10,3% dei 45 mila detenuti con almeno una condanna definitiva ha davanti a sé meno di due anni di reclusione. Inoltre, sono 16 mila coloro che sono in carcere senza condanna definitiva, numero che fa guadagnare all’Italia la maglia nera tra i Paesi europei.

Il sovraffollamento non è l’unico aspetto che rende la situazione critica: spazi fatiscenti, condizioni detentive degradanti e disumane, carceri vetuste con celle spesso non riscaldate o senza acqua calda né doccia, con bagni a vista, dove i detenuti dormono su materassi a terra, strutture con spazi individuali inferiori ai 3 metri quadrati, molti reparti con detenuti chiusi nelle proprie camere di pernottamento anche durante il giorno. Un quadro che favorisce l’insorgere di molte malattie, a partire dal disagio mentale.

Il sintomo più evidente delle criticità delle condizioni detentive è quello drammatico dei suicidi: nel 2023 si sono tolti la vita in carcere 69 detenuti, il numero più alto degli ultimi trent’anni. Ancora più allarmante quello dei primi mesi del 2024: praticamente un suicidio ogni tre giorni.

“Sin dal suo insediamento - sostiene Barbaresi - il Governo Meloni ha intrapreso la strada dell’aumento delle fattispecie di reato e dell’inasprimento delle pene: un paradigma repressivo e regressivo, che ci riporta all’idea arcaica di pene come vendette. Occorre intervenire rapidamente per perseguire concretamente la finalità rieducativa e di recupero che la pena deve avere, nel rispetto della dignità umana e dei valori costituzionali”. Per la dirigente sindacale “vanno garantite, con un investimento sul personale e su tutte le figure professionali necessarie, le attività fondamentali a promuovere il reinserimento sociale, a partire dalle attività lavorative, formative e di istruzione, oltre a garantire il fondamentale diritto alla salute". Infine, conclude la segretaria confederale della Cgil, “vanno promosse politiche e azioni di contrasto alla marginalità, al degrado, alle condizioni di disagio e povertà con le necessarie politiche sociali, educative, lavorative e sanitarie”.

In allegato il documento integrale con le elaborazioni della Cgil