La proclamazione dello sciopero nazionale dei call center per il prossimo 11 marzo e la mobilitazione di lavoratori e sindacati hanno portato ad un primo risultato: il Governo infatti ha convocato per il 9 marzo al ministero dello Sviluppo Economico il tavolo di crisi sul settore. Un segnale finalmente positivo che ha portato i sindacati a sospendere lo sciopero in attesa di risposte chiare.

A seguito del mancato rispetto da parte di Enel e Poste, aziende controllate dallo Stato, dell'applicazione delle clausole sociali sulle gare recentemente svoltosi, della totale disapplicazione dell'articolo 24 bis della legge 134/2012 in tema di delocalizzazione delle attività dei call center, Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil avevano indetto l'astensione dal lavoro per tutto il settore. Dire no agli appalti al massimo ribasso, chiedere il rispetto della legge del 2012 e l'applicazione delle "clausola sociale" contenuta nel ddl appalti, che garantisce la continuità occupazionale nel cambio di appalto, e ottenere una marcia indietro dell'Esecutivo sulla decisione di privare il settore degli ammortizzatori sociali ordinari: queste le rivendicazioni alla base dello sciopero e della manifestazione nazionale a Roma dell'11 marzo, ad oggi sospesi.

Il quadro attuale, secondo le stime dei sindacati di categoria, potrebbe portare nei prossimi mesi a oltre 8000 licenziamenti, di cui la metà già a partire da marzo. I primi sono arrivati: 450 licenziamenti annunciati da Gepin Contact e Uptime.Per questo a gennaio è stata chiesta al Governo la convocazione di un tavolo di crisi, e a distanza di due mesi è arrivata la risposta: le parti si incontreranno al ministero dello Sviluppo Economico il 9 marzo e in concomitanza, alle ore 15, i lavoratori terranno un presidio davanti alla sede del dicastero di via Molise, a Roma.


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