In questo numero: Rischio idrogeologico. La fragilità dei Comuni al centro di una conferenza nazionale Inquinamento. Ridurre i rumori. Lo chiede il Parlamento europeo Smart grid-queste sconosciute. L'esperienza di Prato allo Stelvio Rischio idrogeologico. La fragilità dei Comuni al centro di una conferenza nazionale 7 febbraio 2013 - L'82% dei comuni italiani, ovvero oltre 6.633 centri abitati, presenta aree a rischio idrogeologico. Una percentuale impressionante che mette in pericolo quotidianamente oltre 5 milioni di cittadini che vivono in prossimità di queste zone, mentre quelle che dovrebbero essere le normali misure di prevenzione hanno oramai accumulato un ritardo storico. Questi i numeri presentati dalla Conferenza Nazionale sul Rischio Idrogeologico di una delle fragilità del territorio italiano che ogni inverno conta i suoi danni e sempre più spesso anche le sue vittime. L'incontro, che ha riunito allo stesso tavolo numerose associazioni, sindaci, ordini professionali, tecnici ed esperti è servito per riflettere sulla creazione di percorsi risolutivi in grado di rispondere in modo efficacie alle ripetute emergenze legate al dissesto idrogeologico. In Regioni come Calabria, Molise, Basilicata, Umbria, Valle d'Aosta e nella Provincia di Trento, il 100% dei comuni è classificato a rischio, subito seguite da Marche e Liguria (col 99% dei comuni a rischio) e da Lazio e Toscana (col 98%). Secondo quanto rivelato da Legambiente, negli ultimi 10 anni i Piani di assetto idrogeologico redatti dalle Autorità di bacino (PAI) hanno destinato ai necessari interventi di prevenzione solo 2 miliardi di euro dei 4,5 totali. Riparare piuttosto che prevenire sembra essere divenuto lo slogan di un processo che tra il 2009-2012 è costato oltre 1 milione di euro al giorno. Inquinamento. Ridurre i rumori. Lo chiede il Parlamento europeo 7 febbraio 2013 - Entro il 2020 il livello del rumore prodotto dalle automobili e dai camion dovrà essere sensibilmente ridotto per proteggere la salute dei cittadini, quotidianamente minacciati dall'inquinamento acustico. A chiederlo è il Parlamento europeo, che a Strasburgo ha approvato una proposta di risoluzione che nei prossimi mesi sarà oggetto di negoziati con i Paesi membri dell'Ue. Gli eurodeputati sottolineano che l'esposizione continua ad alti livelli d'inquinamento acustico può causare gravi danni all'organismo umano. Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente, metà della popolazione urbana dell'Ue è esposta a livelli d'inquinamento superiori ai 55 decibel. L'Europarlamento invita ad abbassare gradualmente il limite per le automobili da 72 a 68 decibel e per i mezzi pesanti da 81 a 79 decibel. Nel testo approvato a Strasburgo, i parlamentari chiedono d'introdurre un sistema di etichettatura per le nuove auto per informare i consumatori sul livello sonoro. Un sistema simile è già utilizzato per il consumo di carburante, il rumore degli pneumatici e le emissioni di anidride carbonica. Allo stesso tempo, la proposta di risoluzione evidenzia la necessità di misure in altri settori, poiché il rumore dei veicoli è anche causato dall'asfalto, dagli pneumatici e dall'aerodinamica. Infine, i deputati non nascondono la propria preoccupazione per quanto riguarda i motori silenziosi delle auto elettriche e ibride, che possono mettere a rischio i pedoni. Per questo motivo, si chiede un regolamento che imponga un suono a questi veicoli, introducendo ad esempio un "sistema di allarme acustico". Smart grid-queste sconosciute. L'esperienza di Prato allo Stelvio 7 febbraio 2013 - Le smart grid saranno uno dei temi fondamentali della prossima edizione di BioEnergy Italy che si terrà a Cremona, dal 28 febbraio al 2 marzo prossimi. Viene definita la soluzione del futuro nel campo delle energie rinnovabili. Sono le "smart grid", le reti intelligenti pensate per ottimizzare i consumi elettrici, regolare meglio le forniture valorizzando le produzioni locali di energia. La gestione della rete e degli accumuli è una materia complessa di cui ci si sta occupando da qualche tempo e per il momento si può solo parlare di interventi sperimentali che puntano ad un unico obiettivo: ridurre le eventuali perdite di energia prodotta da impianti di biogas, fotovoltaici, ed eolici, aumentandone parallelamente l'efficienza. In buona sostanza, grazie allo sviluppo delle smart grid sarà possibile ottimizzare i consumi evitando dispersioni o incapacità a soddisfare la domanda in particolari momenti dell'anno. Sviluppare le "smart grid" vuol dire imparare a modulare l'energia prodotta dalle risorse del territorio sapendo che quella ottenuta da impianti fotovoltaici, ad esempio, non è programmabile come quella invece prodotta da impianti di biogas. Da qui allora l'esigenza di accumulare e stoccare per poi distribuire nel modo più efficiente possibile. A Prato allo Stelvio, ad esempio, un piccolo comune in provincia di Bolzano che conta circa 3500 abitanti, l'energia elettrica e termica ottenuta da fonti rinnovabili è gestita da una cooperativa di servizi che conta circa un migliaio di iscritti tra la popolazione del paese e che oltre a fornire energia a più del 90% delle utenze comunali, immette in rete quella prodotta in eccesso. Prato allo Stelvio, si distingue non solo per il mix di fonti rinnovabili, formato da 6 tecnologie diverse, ma per la rete di distribuzione locale, gestita da una Cooperativa di cittadini che fa di Prato allo Stelvio un Comune autonomo non solo dal punto di vista della produzione energetica ma anche della distribuzione della stessa. Lo sviluppo dell'attuale rete elettrica inizia dopo la prima Guerra Mondiale quando la Comunità di Prato allo Stelvio, in grossa crisi economica, è costretta a pagare l'energia elettrica proveniente dalle Comunità vicine a costi molto elevati. Nel 1926 viene istituita la Cooperativa elettrica E-Weerk e viene costruita la prima centrale idroelettrica di Prato allo Stelvio, in parte finanziata dai cittadini attraverso partecipazioni "societarie", e in parte finanziata attraverso la richiesta di prestiti. La crescente richiesta di energia e il conseguente sviluppo della rete ha portato il Prato allo Stelvio ad avere una rete che oggi permette di gestire con efficienza le diverse fonti rinnovabili, e che nel 2003 "salvò" il piccolo comune dal black out che coinvolse il resto d'Italia. Oggi la Cooperativa conta più di 900 iscritti e, oltre a fornire energia a oltre il 90% delle utenze del Comune, immette nella rete la parte in eccesso. A garantire tutti i fabbisogni energetici sono due centrali di teleriscaldamento alimentate da biomasse locali, per una potenza totale di 1,4 MW; 4 impianti idroelettrici per complessivi 2.016 kW; centinaia di impianti solari installati sui tetti (1.100 mq di termico e circa 3 MW di fotovoltaico); due impianti eolici per complessivi 2,6 MW; 1 pompa geotermica. L'insieme di questi impianti produce più energia di quella necessaria alle famiglie residenti per i propri fabbisogni elettrici e termici (riscaldamento delle case e acqua calda sanitaria). I cittadini di Prato allo Stelvio hanno quindi non solo aria pulita, ma anche bollette meno care nell'ordine del 30-40% grazie a queste tecnologie.
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7 febbraio 2013 • 14:46