Il primo decreto aiuti del nuovo Governo Meloni (c.d. “aiuti quarter”) si muove in assoluta continuità con i precedenti analoghi provvedimenti del Governo Draghi.

Le nuove misure, in gran parte proroghe, mantengono il carattere emergenziale e riparatorio e non intervengono in modo risolutivo sul problema della fluttuazione dei prezzi energetici né sull’impatto dell’aumento dei prezzi di bollette e carburanti per le imprese e le famiglie, colpite duramente anche dall’inflazione.

La condizione di lavoratori e pensionati è e continua ad essere colpita duramente dagli effetti dell’inflazione che erode salari e redditi, dall’aumento sconsiderato delle bollette energetiche: i provvedimenti contenuti in questo decreto non intervengono per affrontare l’emergenza. Al contrario anche la disposizione contenuta all’art. 3 al comma 10 lettera b), vale a dire la possibilità di innalzare a 3000 euro l’importo dei cosiddetti “fringe benefits” per il 2022 rischia di essere scarsamente utilizzata (per motivi contabili), soggetta all’unilateralità e volontarietà della stessa prestazione da parte dell’impresa e relativa solo ad una parte minoritaria del mondo del lavoro.

Inoltre non si comprende la ragione per cui a fronte della possibilità di rateizzazione per le imprese non si sia prevista una analoga possibilità per le famiglie per 36 mesi con gli stessi tassi di interesse.

Il Decreto non prevede nessuna misura che spinga per accelerare il percorso di transizione energetica e di decarbonizzazione, salvo la conferma dell’utilizzo dei beni demaniali del Ministero dell’interno per la produzione di energia rinnovabile che è positivo ma assolutamente insufficiente.

Secondo la CGIL, per affrontare l’emergenza energetica, occupazionale e climatica, è necessario avere una autonomia energetica che non abbiamo, e per farlo serve un piano straordinario di investimenti sulle fonti rinnovabili.

Inoltre sul tema dell’efficientamento e quindi della revisione del super bonus la nostra organizzazione ha condiviso lo spirito di concorrere alla riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli edifici tramite gli incentivi fiscali, favorendo la ripresa occupazionale, ma rilevando da subito l’assenza di una strategia nazionale e di una programmazione, nonché la necessità di individuare dei correttivi: nei beneficiari (che dovevano essere prioritariamente gli edifici pubblici), nel raggiungimento di obiettivi significativi di efficienza energetica e adeguamento antisismico (per il primo il miglioramento di almeno due classi è limitato, per il secondo il miglioramento non è neanche previsto), sia negli elementi di equità (che non hanno visto differenziazioni per fasce di reddito). La misura del decreto Aiuti quater e la sua retroattività della misura ed i problemi che finora hanno concorso a un blocco dei lavori, in assenza di un periodo transitorio in cui deve essere trovata una soluzione efficace che ampli la capienza fiscale delle banche, rischiano di mettere ulteriormente in crisi famiglie e imprese, oltre al concreto rischio di ricorso all’usura. La diminuzione dell’incentivo al 90% rende di complessa attuazione o impossibili interventi nei condomini per i redditi bassi, dovendo intervenire con contributi propri: questo porta a pensare che futuri interventi saranno presumibilmente attuati solo da beneficiari con redditi elevati.

L’introduzione del quoziente familiare per individuare il reddito di riferimento privilegia la composizione numerica piuttosto che l’effettiva condizione economica del nucleo, come invece avviene più equamente con l’ISEE.

Tra le conferme del 110% fino al 2025 non vengono ricompresi gli interventi su immobili di proprietà IACP, nei quali l’efficientamento energetico, in contrasto alla povertà energetica e la messa in sicurezza, assumono priorità.