Già prima della caduta di Mussolini, avvenuta il 25 luglio 1943 in seguito al voto del Gran Consiglio del Fascismo, settori importanti delle classi lavoratrici del nord erano tornati a scioperare contro il regime nel marzo-aprile 1943; si trattava di agitazioni motivate da cause economiche, ma il valore politico di quelle manifestazioni era evidente. Con l’arresto di Mussolini, il nuovo Governo Badoglio decise di commissariare le vecchie strutture sindacali fasciste: il socialista Bruno Buozzi divenne il nuovo Commissario dei Sindacati dell’Industria, all’Agricoltura andava il cattolico Achille Grandi, mentre al comunista Di Vittorio era affidata l’organizzazione dei braccianti. Il 2 settembre 1943, poche ore prima della firma dell’armistizio con gli Alleati anglo-americani, Buozzi firmava con gli industriali un importante accordo interconfederale per il ripristino delle Commissioni Interne.

Nei mesi successivi, di fronte alla scelta di Mussolini di costituire nel nord la Repubblica Sociale Italiana, iniziò la Resistenza partigiana contro il nemico nazifascista. Un valido contributo alla lotta di Liberazione venne proprio dai lavoratori che a più riprese tornarono a scioperare contro la dittatura, questa volta con motivazioni chiaramente politiche. Fu proprio in occasione degli scioperi del novembre-dicembre 1943, del marzo e del giugno 1944 che migliaia di operai furono deportati nei campi di lavoro e di concentramento tedeschi; in molti non sarebbero tornati vivi.

Mentre al sud rinascevano le Camere del lavoro e mentre al nord si intensificava il movimento resistenziale, i principali esponenti del sindacalismo italiano proseguirono il lavoro di dialogo unitario, avviato già negli anni ‘30, che culminò il 3 giugno 1944, poche ore prima della Liberazione della capitale da parte degli Alleati, nella firma del Patto di Roma che decretava la rinascita del sindacato libero. La CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) unitaria nasceva dal compromesso tra le tre principali forze politiche italiane: infatti, il Patto di Roma fu siglato da Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Achille Grandi per i democristiani ed Emilio Canevari per i socialisti. In quelle stesse ore uno dei principali protagonisti dell’intesa, Bruno Buozzi, veniva barbaramente ucciso dai nazisti.

Il 25 aprile 1945 le popolazioni delle principali città del nord insorgevano; l’Italia era finalmente libera.