Nei primi anni settanta l’unità sindacale sembrò a portata di mano. Le tre riunioni tra i Consigli Generali e le Segreterie di CGIL, CISL e UIL, promosse dall’ottobre 1970 al novembre 1971 a Firenze, arrivarono a stabilire, tra molte difficoltà, le date di scioglimento delle Confederazioni. Le elezioni politiche anticipate del maggio 1972 modificarono però il quadro politico, con la vittoria del centrodestra. A quel punto, il Patto federativo CGIL-CISL-UIL (firmato nel luglio 1972) sembrò essere l’unico compromesso possibile.

La Federazione unitaria dovette subito affrontare una situazione difficile. Dall’autunno 1973, infatti, scoppiò una grave crisi economica che mutò sensibilmente il capitalismo italiano e internazionale. La “stagflazione”, cioè l’intreccio tra stagnazione produttiva e inflazione, assunse in Italia caratteri ancora più gravi a causa dei ritardi strutturali del Paese; le scelte di ristrutturazione e decentramento effettuate dai gruppi industriali resero meno efficace l’azione sindacale. Il 1975 fu l’anno più duro per l’economia, ma il sindacato riuscì ugualmente a strappare un accordo importante sulla scala mobile (innalzamento e unificazione del punto di contingenza) per la tutela reale di salari e stipendi. Tra l’VIII Congresso di Bari del luglio 1973 e il IX Congresso di Rimini del giugno 1977, la CGIL entrò nella CES, la Confederazione Europea dei Sindacati (1974).

Nel frattempo, sul piano politico, la crescita elettorale del PCI nelle elezioni amministrative del 1975 e in quelle politiche del 1976 permise l’attuazione del “compromesso storico”, vale a dire l’alleanza tra il principale partito di governo (la DC) e il principale partito dell’opposizione (il PCI), teorizzata dal Segretario comunista Enrico Berlinguer all’indomani del golpe cileno di Pinochet. I governi di “solidarietà nazionale”, succedutisi tra il 1976 e il 1979, dovettero affrontare la nuova contestazione giovanile del 1977, che culminò a febbraio con l’attacco al comizio di Lama nell’Università “La Sapienza” di Roma, ma soprattutto la grave crisi economica e la pesante offensiva del terrorismo. Il sindacato scelse di offrire una sponda al governo, evidente nella “svolta dell’EUR” del febbraio 1978, che sanciva la politica della moderazione salariale e l’accettazione della “politica dei due tempi”. Ma sia l’EUR, sia il compromesso storico furono spazzati via dall’attacco frontale delle Brigate Rosse, che nella primavera del 1978 rapirono e uccisero il Presidente della DC Aldo Moro; il 24 gennaio 1979 le BR uccidevano a Genova il sindacalista della CGIL Guido Rossa. Dopo questi due omicidi, che sollevarono profonda commozione e indignazione, iniziò la parabola discendente del “terrorismo rosso”.