Roma, 12 ottobre - “Torna in discussione in aula alla Camera il disegno di legge sull’equo compenso per i lavoratori autonomi. Un dibattito che ha riacceso i riflettori sulle condizioni di lavoro dei professionisti italiani, un universo, tra iscritti alle Casse professionali e alla Gestione Separata Inps, di oltre 3 milioni di persone. Nonostante sia importante la dimostrazione della volontà di costruire un sistema di tutele relativamente al compenso dei professionisti, rimangono alcune mancanze e criticità gravi, come rileva anche la Consulta per il lavoro autonomo e le professioni del Cnel”. Ad affermarlo, in una nota, la CGIL Nazionale.

Per la Confederazione “si tratta di un'opportunità che poteva essere meglio sfruttata e invece permangono alcune severe criticità: i criteri per la definizione della platea dei destinatari, la mancata esplicitazione dei parametri economici e la non inclusione delle Associazioni di rappresentanza dei professionisti autonomi come definite dalla L.81/2017 e delle Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative”.

“La previsione di appena ‘cinque associazioni dei professionisti non iscritti agli ordini’, peraltro individuati dal Ministero dello Sviluppo Economico - sottolinea la CGIL - riduce in maniera preoccupante gli spazi di rappresentanza, mentre riteniamo fondamentale la presenza di tutti i soggetti come individuati dall'art.17 della L.81/2017 nella redazione dei parametri economici, nella definizione del perimetro di applicazione e nell’Osservatorio. Ciò considerando che l’universo dei lavoratori autonomi (ordinistici e non) racchiude professioni e settori ancora oggi parcellizzati e sottoconsiderati, che meritano invece una tutela a tutto tondo, come noi ribadiamo da tempo, anche con la Carta dei Diritti universali del lavoro che ha dato vita alla proposta di legge ancora oggi ferma in Parlamento”.

“Non da ultimo, riteniamo grave l’impostazione che ravviserebbe nella violazione dell’equo compenso una causa di illecito disciplinare deontologico a carico dei professionisti iscritti agli ordini, determinando così - conclude la CGIL - un’ulteriore discriminazione tra professionisti iscritti agli ordini e professionisti privi di ordine".