Pubblichiamo il documento di CGIL, CISL e UIL per la Conferenza sul futuro dell'Europa 'Costruire un’Europa del lavoro, più solidale e resiliente'

LA CONFERENZA

Renderla un’Opportunità. CGIL CISL UIL, fermo restando le indicazioni e le priorità della Confederazione Europea dei Sindacati (CES) circa i contenuti della Conferenza, ritengono che questa debba rappresentare una grande opportunità di “dialogo” con i cittadini ed i lavoratori per rafforzare la democrazia europea e individuare un percorso condiviso in grado di consentire all’Unione Europea (UE) di affrontare le sfide del nuovo millennio. I sindacati italiani ritengono che la Conferenza vada utilizzata al meglio per la definizione delle proposte di cambiamento e di rafforzamento delle politiche dell’UE con l’obiettivo di realizzare una compiuta Unione Federale attraverso una partecipazione diretta al dibattito. Fine ambizioso della Conferenza è riuscire ad elaborare proposte prevedendo modalità e tempi di implementazione, mettendo le persone, il lavoro e la democrazia al centro della riflessione. CGIL CISL UIL, si augurano che tali proposte possano essere realmente applicate alla fine del percorso che si è data la Conferenza e possano così guidare la transizione federale dell’Unione Europea.

LE PRINCIPALI QUESTIONI APERTE
1. La Governance politica ed economica rappresenta il punto debole dell’Unione, più volte individuato dal sindacato italiano ed europeo, per affrontare con la dovuta tempestività ed efficacia le sfide e le criticità in essere. Il problema del processo di democratizzazione del quadro di governance politica ed economica europea, la formazione e condivisione dei processi decisionali in seno all’Unione e il necessario bilanciamento e ridefinizione dei poteri tra le istituzioni europee sono i principali nodi dell’UE, ai quali la Conferenza dovrà fornire una risposta esaudiente ed efficace. Per farlo è necessaria una convinta volontà politica, le competenze e gli strumenti (oggi gli ostacoli sono il diritto di veto; un Parlamento dai poteri limitati, ecc.). Una condizione che richiede un cambiamento sostanziale del processo decisionale dell’Unione per sciogliere il nodo della democrazia interna e della governance. I limiti che si riscontrano offrono alla Conferenza l’occasione per una riflessione più approfondita sulla dimensione economica, sociale e politica dell’UE in un contesto globale e sulle ricadute sui bisogni e le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini (la mancanza di beni comuni, le disuguaglianze, la disoccupazione, la sicurezza, l’accesso ai servizi sanitari pubblici, le migrazioni, la fragilità della democrazia, ma anche l’impatto della globalizzazione e dipendenza economica e produttiva, le delocalizzazioni aziendali, i condizionamenti della finanza internazionale, i paradisi fiscali ed il riciclaggio, i nuovi monopoli informatici).

2. L’Eurozona. L’UEM è ritenuta un obiettivo costituente del progetto europeo, come logica conseguenza del mercato comune, sin dal Vertice de l’Aja del 1969, e fu concepita con un assetto istituzionale federale dal Trattato di Maastricht nel 1992. Obiettivo però mai realizzato a causa delle resistenze di alcuni paesi emerse già a Maastricht, per cui le politiche economiche, di bilancio e fiscali sono rimaste di competenza dei Paesi membri. Il coordinamento a livello europeo, previsto dal Trattato, si è rivelato del tutto insufficiente ed incapace ad assicurare uno sviluppo economico e sociale armonioso nell’insieme dell’Unione e tanto meno nella zona Euro. Una condizione ampiamente dimostrata dalla crisi finanziaria del 2008 e che ora si ripresenta con la pandemia in corso, sebbene a luglio dell’anno scorso, finalmente, è stato fatto un passo avanti in particolare attraverso l’introduzione del pacchetto Next Generation EU (oltre a SURE, flessibilità delle norme di bilancio, interventi BCE, ecc.). Un passo significativo nella direzione giusta, ma che ha bisogno di continuità e di uscire dalla logica emergenziale divenendo strutturale. L’attivazione della clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) nel marzo del 2020 ha rappresentato un implicito riconoscimento di come il PSC risulti inadeguato e limitante per l’Unione Europea. E’ quanto mai opportuno procedere ad una riforma della governance economica europea che introduca elementi in grado di assicurare, oltre alla necessaria stabilità monetaria, la crescita occupazionale e il benessere dei cittadini europei. Ed è in questo contesto che vanno risolti i nodi delle politiche economiche ed industriali comuni, a livello macro e microeconomico, le uniche capaci di incidere positivamente sui problemi della crescita, dell’occupazione e del debito.

3. Le competenze. Sussidiarietà, Semplificazione e Trasparenza. Per queste ragioni la Conferenza dovrà scegliere e definire le nuove materie di competenza dell’Unione, di cui alcune di competenza esclusiva, come già avviene per il mercato interno, la politica commerciale, la concorrenza e la politica monetaria. Dovrebbero essere politiche e materie rivolte allo sviluppo ed alla tutela delle persone, dei valori e dei diritti. Ciò richiede un chiarimento tra materie di competenza esclusiva dell’Unione, competenza concorrente e materie di competenza esclusiva degli Stati. Alcune di queste politiche sono già previste dal Trattato ma non sono state realizzate per mancanza di volontà politica da parte dei governi di alcuni paesi. Occorre, in sintesi, che l’Unione europea si doti di competenze che esprimano e rafforzino la sua autonomia strategica sia nella politica interna sia in quella esterna.

4. Lo Stato Sociale e il Lavoro. La Conferenza deve tornare a porre, al centro del progetto Europeo che ne deriverà, il Lavoro e i lavoratori. Da troppo tempo l’UE ha sottovalutato il ruolo strategico del lavoro e dello Stato sociale; da un lato attraverso un progressivo peggioramento dei salari e delle condizioni di lavoro ed un’assoluta sottovalutazione dei fenomeni della delocalizzazione e del lavoro digitale che impattano sulle dinamiche contrattuali e sulla rappresentanza collettiva; dall’altro attraverso la costante contrazione delle spese sociali su interventi di investimento strategici in infrastrutture sociali e nei servizi pubblici quali sanità, istruzione, ecc.. Tutto ciò ha innescato un crescente deterioramento sociale all’interno dell’Unione. Le condizioni di squilibrio già esistenti tra i paesi europei hanno subito un’accelerazione sin dagli anni 90, rese ancora più gravi dai limiti dell’Eurozona e dell’Allargamento. Gli effetti più gravi hanno allargato la forbice sociale, quella salariale e le disuguaglianze, in particolare per le donne e i giovani. Una situazione di divario che ha subito una forte accelerazione con la crisi 2008-2015 e che è destinata a ripetersi con la pandemia, i cui effetti, già emersi, sono destinati a peggiorare le condizioni economiche, sociali e occupazionali dei lavoratori.

5. L’affermazione dello Stato di diritto nell’UE e il pieno rispetto dei diritti fondamentali umani, sociali e del lavoro. Per alcuni Stati membri dell’UE sembra oramai essersi “pericolosamente” affermato il principio opportunista di “un’Europa alla carte”, attraverso il quale la partecipazione all’UE possa consentire la sola condivisione dei vantaggi (economici) escludendo qualunque condivisione dei doveri. In questo contesto risultano dubbi, da parte di alcuni Stati, il richiamo al principio dell’eccezionalità “culturale” nazionale e l’uso inappropriato del principio di sussidiarietà mediante “lo schermo” delle competenze specifiche nazionali. La Conferenza deve ribadire il presupposto di un’Europa fondata su valori e diritti comuni inalienabili e non negoziabili, affermandoli e garantendoli in tutti i territori dell’Unione Europea.

6. Le risorse. Le risorse, insieme alle competenze, sono la questione centrale dell’Unione. Il tentativo generoso compiuto per il nuovo QFP indica un percorso corretto ma a nostro avviso insufficiente rispetto agli obiettivi ed agli impegni sempre più gravosi che l’Unione dovrebbe assumere, come evidenziato dalla crisi del 2008 e ancor più da quella attuale. Nonostante alcuni Stati restino ostili a dotare l’Unione di maggiori risorse proprie, la strada maestra resta quella del passaggio ad un vero e proprio bilancio dell’Unione, o almeno per l’Eurozona. Ciò richiede una politica fiscale comune con la possibilità di finanziare “politiche comunitarie”, a partire da quella sociale, da anni rivendicata dal sindacato. L’Unione Economica e Monetaria (UEM) è uno strumento che ha però bisogno di essere completato per adempiere appieno al proprio compito.

7. Gli strumenti. Per raggiungere parte degli obiettivi sopra esposti, alcuni strumenti giuridici esistono già e sono contenuti nel Trattato, ma non vengono utilizzati. Quello che manca, oggi, è lo spirito riformatore che ha animato l’Unione sin dall’origine e la volontà politica di completare l’Unione Politica e, in generale creare, una genuina Unione Federale.

IL RUOLO DELL’ITALIA
8. L’Italia. Un ruolo fondamentale in questo passaggio storico per l’Unione può essere svolto dal nostro paese. Bisognerà iniziare da un utilizzo efficiente ed efficace dei fondi europei, semplificando e accelerando le procedure per la realizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). A questo proposito riteniamo necessario un maggior coinvolgimento ed una partecipazione attiva del mondo del lavoro e delle parti sociali nel suo insieme nelle varie fasi che riguardano il PNRR e che, a fronte della lungimiranza del progetto, si estenda alle politiche di coesione e di bilancio e si inquadri in un disegno di grande patto sociale con tutte le forze produttive. Occorre un largo sostegno popolare, un coinvolgimento dei lavoratori e dei cittadini. Un obiettivo raggiungibile solo se le politiche messe in atto dal governo e dall’UE risulteranno efficaci nel sostegno alle persone, all’economia, al lavoro ed alla riduzione delle disuguaglianze, sia durante la pandemia sia in seguito. Riteniamo necessaria una proposta che riaffermi al centro degli obiettivi dell’Unione il lavoro stabile e di qualità per giovani, donne e uomini. Obiettivi da raggiungere con strategie e progetti comuni rafforzando il modello sociale europeo quale elemento fondante della competitività anche economica dell’UE. La Conferenza può e deve farlo.

LE PROPOSTE
9. In sintesi la Conferenza ha bisogno di produrre un chiarimento sui fondamentali della costruzione europea per darle la possibilità di decidere su alcune materie ormai centrali per i lavoratori, i cittadini ed il progresso d’insieme dell’Europa, con una visione che punti ad una maggiore e più coesa integrazione europea.
La Conferenza dovrebbe individuare un nucleo di proposte, un minimo comune denominatore, condiviso tra cittadini e tra Stati, dando all’UE i relativi strumenti di governo, adeguando il suo processo decisionale.
In particolare dovrebbe affrontare i punti cruciali che riguardano:

a) il riequilibrio delle competenze tra Stati ed Unione;
b) le risorse per governare le politiche comuni;
c) la governance, con l’adeguamento delle Istituzioni e del meccanismo decisionale;
d) l’indicazione delle diverse responsabilità e ruoli e degli strumenti necessari.

In particolare riteniamo che la soluzione dei quattro nodi su menzionati passi attraverso un rafforzamento degli elementi chiave dell’Unione, ovvero:

I. L’Unione sociale. La coesione e lo “Stato Sociale”. E’ fondamentale per realizzare insieme forme di tutela dei diritti più omogenei, con vantaggi anche per la mobilità all’interno dell’Unione, per favorire l’integrazione del Mercato del Lavoro, la sottoscrizione di un “Patto Sociale-Crescita-Occupazione” per la riduzione delle disuguaglianze, delle povertà. L’attuazione dei punti chiave del Pilastro sociale europeo, uno “zoccolo duro” di diritti comuni, ivi compreso, ad esempio: a) un meccanismo comune di tutela della disoccupazione e delle pari opportunità, da associare allo SURE che dovrebbe essere reso strutturale, b) il diritto alla formazione continua per tutti; c) l’introduzione di Indici di sviluppo sociale, anche in riferimento agli indicatori del Benessere Equo e Solidale (BES) italiano elaborati dall’ISTAT-CNEL e all’indice di crescita sostenibile e dignitosa elaborato dalla stessa CES, unitamente a quello del PIL, d) misure europee di contrasto alla povertà, quali lo schema europeo di reddito minimo associato a percorsi di integrazione lavorativa, sociale e di formazione; e) pari opportunità; f) effettivo inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Il raggiungimento di tali obiettivi richiede un cambiamento delle politiche economiche e della governance oltre ad un adeguato stanziamento di risorse comuni.

II. L’Unione Economica (e Monetaria). L’Unione economica è necessaria per completare quella monetaria e superare i suoi limiti (metodo di coordinamento) da cui derivano i problemi economici e sociali dell’UEM. Ciò può essere raggiunto: a) a livello macroeconomico, oltre all’unificazione delle politiche, occorre proseguire con quelle espansive, ispirate al principio di solidarietà, superando il Patto di Stabilità con un compiuto Patto di Crescita Sostenibile attraverso l’emissione di debito comune per affrontare le recessioni e con un meccanismo di compensazione economica, in attesa di un bilancio comune. Ciò si rende necessario per far fronte efficacemente agli shock asimmetrici, per favorire gli investimenti e la crescita, per riequilibrare e meglio integrare le economie dei paesi della zona euro. Un problema che si è aggravato con la pandemia; b) a livello monetario si rende necessario dotare la BCE del mandato di pagatore di ultima istanza, e l’introduzione di indicatori legati alla crescita occupazionale ed economica insieme a parametri connessi alla stabilità monetaria.

III. Unione fiscale e di bilancio. Per attuare le politiche comuni le risorse sono imprescindibili. Perciò, nella prospettiva suindicata assume un rilievo cruciale la creazione di un’Unione Fiscale e di un bilancio per l’Unione o, almeno, per l’Eurozona, basato su risorse proprie, fino al 3% del PIL e sotto il controllo e la responsabilità di Istituzioni Europee e sistemi di armonizzazione fiscale. Questo a) a livello fiscale rende più facile porre fine alla pianificazione fiscale aggressiva o alla concorrenza tra sistemi fiscali nazionali che produce gravi distorsioni nell’allocazione delle risorse e che, peraltro, non è coerente con gli obiettivi perseguiti dal mercato unico, con le norme sulla concorrenza (definite dagli art. 101-109 del TFUE) e con il principio di solidarietà. Mentre b) a livello di produzione di beni pubblici sarebbe possibile utilizzare in modo più razionale le risorse disponibili evitando duplicazioni, dispersioni e sprechi, rafforzando la capacità di ottenere i migliori risultati (best shot). Ne è un esempio il caso della ricerca, che avrebbe bisogno di un Istituto Europeo che faccia rete con quelli dei singoli Stati membri, come la crisi pandemica ha ben evidenziato.

IV. Unione politica. Democrazia, Politica interna ed estera. È il traguardo da raggiungere per realizzare gli obiettivi e gestire le politiche suindicate. Serve uno sforzo, il più importante dopo quello del debito, per dare all’UE ruolo e potere decisionale sulle materie indicate, per agire rapidamente e far fronte agli impegni interni ed internazionali, attraverso strumenti democratici di partecipazione e di controllo da parte dei cittadini. Questo comporta l’introduzione di modifiche importanti che potrebbero riguardare:

a) a livello di Parlamento Europeo, la necessità di un suo rafforzamento attraverso il potere di iniziativa sulle materie di competenza dell’Unione, di riequilibrio del sistema decisionale col Consiglio e di controllo sul processo decisionale riguardante l’Eurozona (ad es. creando una Grande Commissione per l’Eurozona), di maggior ruolo in alcune materie strategiche (come ad esempio bilancio, politica estera, fiscalità), di modifica delle norme elettorali con l’introduzione di liste europee, mentre
b) a livello di Trattato, la modifica del sistema di voto del Consiglio, con l’estensione del voto a maggioranza qualificata in particolare sulle materie nelle quali in passato abbiamo sperimentato il blocco decisionale dovuto alla politica dei veti, come quelle ad es. legate al bilancio, alla fiscalità e alla politica sociale;
c) a livello di governance, l’elezione di un/a presidente e due vice presidenti dell’Unione Politica, unificando le due presidenze attuali e la nomina di alcuni ministri: un “ministro degli esteri”, un ministro per le politiche economiche e fiscali, un ministro del lavoro, sviluppo e pari opportunità, un ministro per la sicurezza “interna” e un ministro per la difesa, premessa di un vero e proprio governo dell’Unione. Ciò nell’intento di pervenire ad un genuino governo europeo responsabile nei riguardi del Parlamento europeo.

In questo specifico contesto CGIL CISL UIL ritengono opportuno consolidare nuove forme di partecipazione dei cittadini e dei lavoratori alla governance dell’Unione, in particolare promuovendo la democrazia economica, da estendere anche alle piattaforme digitali. La Conferenza può dare un input significativo in questa direzione.

A tal fine CGIL CISL UIL valutano indispensabile agire su:

I. Competenze: materie e politiche comuni: E’ necessario individuare nuove competenze esclusive dell’Unione e riteniamo opportuno che la Conferenza attivi un’attenta riflessione sulle seguenti tematiche: i Diritti fondamentali e i nuovi diritti; la politica estera; le migrazioni, la politica ambientale ed energetica; la politica economica, finanziaria, fiscale e di bilancio (almeno per la zona Euro); la politica industriale e di sviluppo (almeno per la zona Euro); reti europee, 5G, intelligenza artificiale ed economia digitale; la ricerca e l’innovazione; la formazione e la cultura, la salute; la politica sociale e di coesione; la politica interna e di sicurezza, la lotta all’evasione, ai paradisi fiscali ed alla criminalità organizzata; la difesa. Il passaggio alle competenze esclusive dell’Unione richiederà, in particolare per alcune materie, un graduale percorso di attribuzione di ruoli tra Istituzioni europee e tra queste e gli Stati membri.

II. Responsabilità e ruoli. Sono due le questioni da affrontare: da un lato il ruolo predominante assegnato dal Trattato e dalla prassi al Consiglio europeo rispetto a Commissione e Parlamento europeo; dall’altro il potere del diritto di veto all’interno del Consiglio, che ha portato ad un blocco del l’iter decisionale e dell’attività legislativa dell’UE, che va rimosso nella prospettiva di rafforzamento del metodo comunitario. La Conferenza è l’occasione per raggiungere insieme le finalità descritte in questo documento.

III. Strumenti. Si possono utilizzare diversi strumenti per raggiungere gli obiettivi delineati. Si può agire: a) col Trattato attuale che offre diverse possibilità (la clausola “passerella”, la cooperazione rafforzata, ecc.) per raggiungere alcuni degli obiettivi indicati, superando la mancanza di volontà politica e per avanzare verso un’integrazione sempre più stretta come previsto dal Trattato; b) modificando il Trattato vigente; c) dando vita ad un nuovo Trattato, meglio se un Atto Fondativo di natura costituzionale, anche a partire da un nucleo di Stati che intendano muoversi insieme in questa direzione creando le condizioni per inaugurare una nuova stagione Europea.

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