La legge di bilancio del 30 dicembre 2021 n. 234, art. 1 c. 971 nel riconoscere il diritto ad un sostegno economico in favore dei lavoratori titolari di un contratto di lavoro a tempo parziale ciclico verticale, a compensazione dei periodi di sospensione lavoro della loro attività lavorativa, ha istituto il «Fondo per il sostegno dei lavoratori con contratto a part-time ciclico verticale» vedendo così assorbito, in parte, il loro disagio salariale, dando una prima risposta positiva.

L’importante riconoscimento, per legge, di tale diritto vede la sua attuazione per gli anni 2022 e 2023 sulle attività lavorative rispettivamente del 2021 e 2022.

Il successivo D.L.17 maggio 2022, n. 50 con l’art 2-bis ha provveduto col fissare i criteri dell’attività lavorativa a part time ciclico verticale utili per il riconoscimento del bonus di 550 euro valevoli per il solo 2022 quale compensazione dei periodi di non lavoro, ponendo in disponibilità una risorsa pari a 30 milioni di euro.

Ciò detto, va rilevato che, sia la modalità di erogazione del compenso, “il bonus”, che i “criteri” di riconoscimento del diritto, nonché le risorse assegnate, valgono per il solo 2022 e a valere sulle attività lavorative del 2021. Questo non impedisce, quindi, se non per il limite delle risorse disponibili in quanto già previste per il 2023, la possibilità di ripensare sia lo strumento del “bonus” che i “criteri” che legittimino le condizioni di diritto.

Come già a suo tempo evidenziato dalla CGIL, l’attuazione della norma contenuta in Legge di Bilancio si è rivelata inadeguata.

Da una prima nostra analisi in merito all’attuazione del diritto previsto dall’attuale norma e dalle circolari INPS, infatti, emerge chiaramente come la stessa non sia stata gravemente in grado di dare risposte positive alla grande maggioranza della platea di lavoratrici e lavoratori a suo tempo individuati dal Ministero come destinatari dell’indennità, ciò sia per via dell’individuazione dei criteri mal disegnati, che per le complicazioni prodotte dalla legislazione amministrativa INPS circa le rilevazioni delle condizioni di diritto dei diversi soggetti interessati nonché per una non corretta registrazione delle denunce mensili Uniemens da parte dei datori di lavoro.

I dati significativi quali, domande presentate pari a 64.800, domande accolte, 10.665 (16,5%) domande respinte 49.624 (76,5%), sono lì a dimostrare palesemente che qualcosa non ha funzionato rispetto allo spirito “di diritto” che la norma avrebbe dovuto accogliere.

La probabile determinazione assunta dall’INPS di chiedere ai lavoratori di presentare il riesame delle domande respinte non è condivisibile.

Nel mandare, infatti, al riesame quasi 50.000 domande va tenuto presente che questo comporta un allungamento pesante dei tempi e il serio rischio che se non si interviene sulle modalità di analisi dei dati di accesso rispetto a quelli indicati dai lavoratori coinvolti, anche le domande di riesame rischiano di essere respinte, come dire oltre il danno, la beffa.

Per questo, riteniamo necessario un serio ripensamento della norma nel suo insieme e un intervento del decisore politico e dell’INPS, rispetto al quale, di seguito evidenziamo alcune considerazioni:

Lo strumento del “bonus” 

È necessario ripensarlo a partire dal rivedere la condizione di indennizzo, come sempre sostenuto dalla CGIL; infatti, va individuato uno strumento che abbia una condizione strutturale e legato alla durata del periodo di sospensione del lavoro e nel caso ad eventuali condizioni contrattuali, ovvero uno strumento che corrisponda ad un concreto sostegno al reddito.

I “criteri”

Oltre alla presenza della condizione contrattuale che prevede l’inquadramento del part time ciclico verticale, devono essere considerate, rendendole nulle, quelle condizioni ulteriori di attività lavorativa che provano a sopperire al mancato salario nei periodi di sospensione dal lavoro, provvedendo, magari, ad una loro quantificazione definendo una condizione di soglia oltre la quale si rende nullo l’eventuale sostegno al reddito.

Le “risorse”

La dimensione strutturale dello strumento richiede la certezza del relativo stanziamento. Nell’immediato è urgente che si individui lo strumento di ordine legislativo o di interpretazione amministrativa che permetta la piena attuazione della condizione di diritto definita dalla Legge 234/21, art. 1 c. 971.

Ovvero è necessario rimettere in condizione, in primis, l’esigibilità del Fondo anche per le attività lavorative svoltesi nel 2022 stanziando le risorse previste dalla norma.

È quindi non più rinviabile l’avvio di un confronto tra il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e le OO. SS. Nazionali Confederali e di categoria che veda al centro la rivisitazione dei criteri al fine di garantire la piena disponibilità del Fondo a tutti i soggetti coinvolti, a diverso titolo, da attività lavorative a part time ciclico verticale.

Nel qual tempo è necessario che si dia corso alle giuste riflessioni e confronti affinché il Fondo, oltre che avere una caratteristica strutturale ordinaria, possa eventualmente arricchirsi di altre prestazioni.

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