E' stato reso noto l’esito del lavoro di mappatura delle reti fisse a banda ultralarga nel territorio nazionale affidato dal MISE a Infratel Italia S.p.A. per l’attuazione della “Strategia italiana per la Banda Ultra Larga - Verso la Gigabit Society”, approvata il 25 maggio scorso dal Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale.
 
Questo ha escluso le aree a fallimento di mercato,“oggetto degli interventi finanziati con il Piano “Aree bianche”, già autorizzato dalla Commissione europea con la Decisione SA.41647 del 30 giugno 2016, ed in corso di attuazione”.
 
Si tratta di una ricognizione ancora parziale, che si completerà (entro il mese di settembre) con quella riguardante la presenza (in essere e/o prevista in base ai piani di copertura degli operatori nel quinquennio di riferimento 2021-2026) anche di reti mobili 4G e 5G, che dovrà evidenziare le caratteristiche anche in termini di backhauling delle stazioni radio base.
 
In merito alla mappatura va segnalato il fatto che accanto al principio di neutralità tecnologica, il cardine sul quale poggia la possibilità di vedere impegnate le risorse pubbliche previste dal PNRR per il finanziamento di nuove reti è quello dello “step change”, ovvero del “salto di qualità” in termini di prestazioni, che le reti finanziate devono consentire rispetto alla situazione di connettività corrente.
 
Questo si evince anche dalla lettura del documento relativo alla Consultazione pubblica sul Piano “Italia a 1 Giga” del 6 agosto, nel quale, con riferimento ai paragrafi 64 e 78, lettera b) degli Orientamenti dell’Unione europea per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato in relazione allo sviluppo rapido di reti a banda larga, vengono richieste specifiche caratteristiche tecniche delle reti NGA.
 
Inoltre, a garanzia della realizzazione di quanto dichiarato in sede di mappatura, vengono previsti meccanismi che impongano il rispetto dei tempi, con la presenza di penali e clausole incentivanti/disincentivanti.
 
Alla ricognizione riguardante le reti fisse di quest’anno hanno partecipato 47 operatori (rispetto alla mappatura del 2020, si sono aggiunti 12 nuovi operatori, mentre 9 non hanno partecipato). I dati da loro forniti hanno consentito di realizzare le tabelle che alleghiamo (contenenti le percentuali dei civici bianchi, grigi e neri NGA al 2026).
 
Quello che continua a non convincere è la scelta di “spezzettare” con (micro) lotti la realizzazione dell’infrastruttura digitale del Paese.
 
Immaginare di anticipare al 2026 gli obiettivi europei (velocità di connessione delle reti fisse ad almeno 1 Gbit/s su tutto il territorio nazionale), fissati al 2030 è cosa ardua. Soprattutto se si considerano gli enormi ritardi ancora riscontrati nelle Aree bianche, dove nonostante gli investimenti in corso e il c.d. “Piano Voucher” l’obiettivo dell’inclusione sociale è ancora lontano dall’essere raggiunto.
 
Il Piano in esame, come si legge, “intende favorire lo sviluppo di reti a banda ultralarga nelle restanti aree del Paese in cui si registra carenza di investimenti da parte degli operatori a causa di una minore redditività degli stessi rispetto ad aree più profittevoli".
 
Questo difficilmente riguarderà le zone del Paese a minore densità di popolazione, alimentando quel digital divide che non è più accettabile.
 
Abbiamo più volte avuto modo di ribadire che, complice la pandemia da Covid-19, il diritto all’accesso ad internet è diventato un diritto di cittadinanza e dunque non può essere accettata l’idea di un Paese in cui una parte di popolazione ne sia privato o non ne possa beneficiare appieno.
 
Per questa ragione crediamo sia necessario predisporre a nostra volta un lavoro di mappatura che fotografi lo stato dell’arte delle singole regioni, da confrontare con quanto è stato e verrà prodotto nelle varie fasi di questo percorso dal MITD e dal MISE.
 
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