Nei giorni scorsi è uscita la circolare del Ministero della Transizione ecologica che illustra le modalità di attuazione del D. Lgs. n. 116/2020 su Rifiuti urbani e TARI.Il testo punta a fare chiarezza sui meccanismi per la determinazione delle tariffe alla luce della disciplina sulla classificazione dei rifiuti introdotta dal suddetto Decreto legislativo: il d.lgs. ha infatti recepito la nuova direttiva quadro europea sui rifiuti ridefinendo il perimetro degli urbani e degli speciali, facendo “venire meno il potere dei comuni di regolamentare l’assimilazione, per qualità e quantità” e confermando la possibilità per le attività commerciali, artigianali e industriali di affidare al mercato i propri rifiuti urbani.Il Ministero sostiene che la riduzione della quota variabile per le utenze non domestiche che scelgono di affidare al mercato i propri rifiuti urbani “deve essere riferita a qualunque processo di recupero” e non solo al riciclo, come prevedeva l’originale disciplina Tari, e “l’attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attività di avvio a recupero dei rifiuti è pertanto sufficiente ad ottenere la riduzione della quota variabile della Tari in rapporto alla quantità di detti rifiuti”. Resta chiaramente dovuta la quota fissa della tariffa.Oltre alla discutibile scelta di frammentare il servizio di raccolta a svantaggio di quello pubblico, il problema più urgente e rilevante riguarda i vincoli temporali: la circolare, nel confermare i termini introdotti dal decreto legge “sostegni” (31 maggio di ciascun anno la scadenza per la comunicazione al comune o al gestore d’ambito della volontà di fuoriuscire dal servizio pubblico da parte delle utenze non domestiche), chiarisce che “limitatamente al 2021” resta fissato al 30 giugno il termine ultimo per l’approvazione dei regolamenti Tari e delle tariffe da parte dei Comuni, nei fatti affermando che, per l’anno in corso, le richieste di fuoriuscita possano già valere ai fini della determinazione delle tariffe che i Comuni sono chiamati ad approvare entro questa fine giugno.Negli anni successivi, invece, “per consentire ai comuni di gestire in tempo utile le variazioni conseguenti alla scelta del ricorso al mercato da parte delle utenze non domestiche, la relativa comunicazione dovrebbe essere effettuata l’anno precedente a quello in cui la stessa deve produrre i suoi effetti”.Affermare che la procedura di passaggio al mercato da parte delle utenze domestiche possa avvenire anche nell’anno in corso genera delle oggettive difficoltà per i Comuni, che non avrebbero modo di valutare l’impatto delle scelte operate dagli utenti sulle tariffe 2021. Questa situazione potrebbe avere un duplice effetto: scaricare sui cittadini, attraverso un incremento della TARI, le eventuali minori entrate, nonché mettere ulteriormente in difficoltà la condizione economica delle imprese che operano nel settore della raccolta. Ricordiamo a tutti come questo settore sia uno dei settori più colpiti nell'ambito dei servizi pubblici locali a seguito dell'emergenza Covid.Il Ministero, inoltre, chiarisce poi che ai fini del prelievo vengono considerate produttrici sia di rifiuti urbani che di rifiuti speciali anche le attività industriali e artigianali, ma per entrambe sono escluse dal calcolo della Tari “le superfici dove avviene la lavorazione industriale” e “i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all’esercizio di attività produttive di rifiuti speciali” mentre “continuano, invece, ad applicarsi i prelievi sui rifiuti, sia per la quota fissa che variabile, per le superfici produttive di rifiuti urbani, come, ad esempio, mense, uffici, servizi, depositi o magazzini”. Anche questo elemento potrebbe incidere sugli equilibri del sistema.Per tali ragioni abbiamo ritenuto opportuno sollecitare le forze parlamentari affinché si possa modificare almeno la previsione del Decreto Sostegni sull'opzione di passaggio al mercato delle utenze non domestiche, nonché di accompagnare questo processo di recepimento delle direttive europee con un piano di investimenti adeguati che consenta di scongiurare la crisi del sistema di raccolta dei rifiuti. Rappresenterebbe, infatti, un errore scaricare sui cittadini e sul mondo del lavoro del settore una condizione di oggettiva difficoltà che rende nei fatti difficilmente attuabile quanto previsto dal D.LGS. 116/2020.