Pubblichiamo di seguito la memoria Cgil dell'audizione 9 maggio 2023, su Atto del Governo n.39 – Piano Strategico di Sviluppo per il Turismo 2023-2027


Si rileva che su “Il Piano Strategico del Turismo 2023/2027” il primo confronto con le organizzazioni sindacali giunge, presso la vostra Commissione, a redazione ultimata, mentre sarebbe stato necessario partecipare alla costruzione, stante la centralità del lavoro e la rilevanza delle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro, che impattano in maniera importante anche nel settore del Turismo, ma che purtroppo non sono contemplate nel testo in esame.
Per tale ragione, prima di entrare nel merito dei singoli capitoli di nostro interesse, vi chiediamo di sostenere l’attivazione di un tavolo ministeriale in cui i termini di sviluppo ed il monitoraggio dei processi di attuazione del Piano vedano la presenza delle parti sociali.
Per la Cgil è indispensabile, infatti, avere la certezza di approdare ad un turismo sostenibile anche dal punto di vista occupazionale e sociale, oltre che ambientale ed economico.
In riferimento ai contenuti del Piano Strategico, in cui gli obiettivi espressi non sono però accompagnati né dall’individuazione di indirizzi strategici da attuare per il raggiungimento degli stessi, né dall’indicazione dei tempi entro cui realizzare i diversi obiettivi, se ne colgono positivamente, comunque, l’ampiezza del ragionamento, la volontà di sviluppare destinazioni che ancora oggi non sono ricomprese tra le mete turistiche più note, i molti riferimenti alla transizione ecologica e lo sforzo programmatico per rispettare la tempistica e le previsioni degli accordi sul clima.

Bisogna ricordare, infatti, che il settore, soprattutto per la mobilità che genera, i consumi di beni e servizi, produce un tasso di inquinamento elevato, tema che deve essere condizionante per l’impegno di risorse pubbliche.

Importante anche l’attenzione riservata alla trasformazione digitale già in corso da qualche anno e che, soprattutto, nel periodo pandemico, ha generato una rivoluzione nelle abitudini di consumo ed interazione anche nel comparto turismo.

Le transizioni, però, per essere accompagnate al meglio, evitando l’insorgere di preoccupanti ricadute sulla collettività, sui livelli occupazionali attualmente espressi dal mercato del lavoro e sull’economia, devono vedere l’impegno istituzioni nazionali e locali, politica, parti sociali e associazioni ad agire utilizzando al meglio le opportunità di trasformazioni che modificano radicalmente modalità di lavoro, vita sociale, generazione e distribuzione della ricchezza e, quindi, nel gestire congiuntamente il cambiamento.

Per questo la “programmazione” sul modello di turismo invece di ridursi ad un mero sostegno economico diffuso all’imprenditoria (fondi, tax credit etc.), dovrebbe produrre un’azione mirata a sostenere delle aree emergenti di business e una formazione e riqualificazione diretta a nuove competenze e servizi di più alta qualità.

La sola elargizione di risorse economiche alle imprese, senza indicare condizionalità per la creazione di buona occupazione e per investimenti per lo sviluppo, hanno generato in passato scarsa crescita, compressione dei salari e incremento dei profitti.

Gli stessi investimenti di industria 4.0 hanno avuto scarsa efficacia sul dato occupazionale e non hanno prodotto un balzo proporzionato all’impegno economico nel generare capacità produttiva e crescita. Le risorse date a pioggia per qualsiasi tipo di strumento digitale, in qualsiasi settore e senza condizioni, hanno prodotto un risparmio sulla spesa ordinaria, il ricambio di strumenti digitali e un conseguente aumento dei profitti, rimane una evidente arretratezza sul piano della digitalizzazione e dell’innovazione tecnologica abilitante, soprattutto tenendo conto della piccola dimensione d’impresa nel settore.

Per la Cgil, inoltre, è necessario accompagnare lavoro e sistema produttivo in un processo che combini qualità e dignità del lavoro, formazione continua ed il miglioramento dei servizi, in questo caso, forniti ai turisti stranieri ed italiani, consapevoli che la qualità del servizio è strettamente connessa alla qualità del lavoro, l’unica che può consentire veramente un turismo di qualità.

L’Italia è il quarto Paese per entrate e turismo al mondo dopo USA, Francia e Spagna e su questo, indubbiamente, pesano i dati occupazionali riferiti al settore: nel primo bimestre 2023 nei comparti alloggio e ristorazione più della metà̀dei posti di lavoro creati sono stati a tempo determinato, a fronte di un quarto nel resto dell’economia (fonte Banca d’Italia). Nei primi 6 mesi del 2022 il 70% dei rapporti di lavoro attivati nei comparti alberghi e ristoranti erano a tempo determinato, mentre negli alberghi i lavoratori a tempo indeterminato erano solo il 43% del totale (fonte Anpal). Sempre nel 2022, il turismo era al terzo posto nei settori con più lavoro irregolare e le irregolarità accertate hanno riguardato il 76% delle aziende (turismo e pubblici esercizi) e il 14,8% dei lavoratori. Il turismo si è distinto per presenza massiccia di lavoro nero, accertato per il 26% dei lavoratori; di lavoro grigio, con ore di lavoro irregolare mediamente attorno all’11%; di lavoratori extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno per il 6,5% (fonte INL). In merito a questi ultimi dati, non si possono non citare quelli emersi dall’operazione straordinaria condotta nel mese di aprile 2023 dall’INL, che registrano una fotografia aggiornata con una media del 76% di aziende irregolari su 445 controllate; percentuale che sale al 78% nel Nord Ovest e al 95% al Sud. Su 2364 posizioni lavorative verificate, 809 sono risultate irregolari; 458 i lavoratori in nero censiti, tra cui 16 minori e 101 provenienti da paesi extra europei. 330, infine, le violazioni riscontrate in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (fonte INL).
Come se non bastasse, inoltre, già nel 2021, i lavoratori intermittenti della ristorazione erano i più sottopagati, con una retribuzione media di 1.650,46 euro, tra il 20% e il 30% in meno rispetto ai lavoratori degli alberghi e delle agenzie di viaggio (fonte INPS). Mentre, sempre nello stesso anno, il reddito medio dei lavoratori del turismo era tra i più bassi del settore dei servizi: 21.983 euro l’anno per i dipendenti a tempo piano e indeterminato (fonte Istat).

C’è, quindi, la questione della qualità del lavoro, della sua continuità, dei livelli salariali e dei riconoscimenti professionali, non da ultimo della ricchezza generata da sistemi di intelligenza artificiale che sta sostituendo attività e lavoratori senza che si trovi, sotto nessuna forma, un “indennizzo alla collettività” o ad una redistribuzione della ricchezza al mondo del lavoro. 

Si deve quindi impegnare il settore ad investimenti non solo diretti ad una crescita quantitativa, legata al numero di presenze di turisti nel nostro Paese o ad i ricavi realizzati, ma soprattutto ad uno sviluppo eco-sostenibile e di qualità per il lavoro.

Certamente la formazione prima scolastica e poi professionale è elemento indispensabile per accompagnare le transizioni, ma non può essere l’unico elemento presente nel Piano Strategico quando si parla di LAVORO.

Più che ragionare su scuole di formazione specifiche per il “turismo di alta gamma”, si dovrebbe intervenire per un lavoro di qualità.

Le varie aree di attività che compongono il settore del turismo, in forme diverse e con tempistiche specifiche, sono impattate dalle transizioni, dovremmo quindi avere la capacità di accompagnare, assieme, l’acquisizione delle nuove competenze, a partire dall’azione dei fondi interprofessionali, ma anche ragionare su cambiamenti radicali che impattano su modelli organizzativi e produttivi e sui prodotti stessi. Il rischio altrimenti è quello di essere superati dal cambiamento e battuti dalla capacità di altri Paesi di realizzare la trasformazione necessaria.

Processo già concretizzatosi in buona parte delle produzioni industriali e che, come già si sta verificando, non è indifferente alla nostra capacità di trasformazione del modello di sviluppo. 

Crediamo che partire dal lavoro di qualità, per avere uno sviluppo sostenibile socialmente e inclusivo, aiuterebbe a disinnescare il fenomeno migratorio di lavoratori all’estero, molti dei quali sono indispensabili per competenze ed età proprio al settore del turismo.

Si dovrebbe lavorare assieme, quindi, perché il lavoro stagionale venga superato in ragione di un cambiamento dell’offerta turistica, sempre meno concentrata in periodi limitati; invece, siamo costretti a rincorrere il peggioramento degli ammortizzatori sociali (NASPI), la reintroduzione e l’estensione dei voucher, che peraltro risultano assolutamente incoerenti con la formazione e la qualità richiamate nello stesso Piano Strategico, l’uso del part time involontario e gli effetti del parti time verticale ciclico: tutti elementi sui quali il legislatore dovrebbe intervenire da subito per garantire un salario dignitoso tutto l’anno.

Stupisce come nella discussione sulla difficoltà nel reperimento di lavoratori stagionali nel turismo, non si affronti mai criticamente quanto stabilito negli ultimi anni, a partire proprio dal passaggio dall’indennità di disoccupazione alla Naspi, che per questi ultimi lavoratori ha dimezzato la copertura dei mesi non lavorati.

A questo si aggiunge una critica alla scelta fiscale di ridurre la tassazione sulle mance, peraltro non riconosciute in Italia, tanto da essere vietate dai CCNL, in quanto tale misura offre la possibilità di ampliare per i datori di lavoro il carnè di opzioni nell’eludere tassazione e contribuzione, attraverso la riconversione di parti di salario.

E certamente non è attraverso questi strumenti fiscali che si rende dignitoso il lavoro del settore, non è rendendo queste attività sempre meno remunerative che si qualifica il lavoro e si rende un miglior servizio ai turisti.

La precarietà, assieme al mancato riconoscimento professionale e l’uso di contratti pirata, sono le cause che allontanano i lavoratori dalle imprese della filiera turistica e non certo forme di sostegno quale era, ad esempio, il reddito di cittadinanza.

Tornando ai contenuti del Piano Strategico, consapevole che il sistema turistico in Italia è molto complesso, in considerazione anche delle molteplici e diversificate offerte che è in grado di esprimere, della trasversalità che caratterizza il settore e sulla quale intervengono una pluralità di soggetti istituzionali e decisori, la Cgil ritiene è quindi indispensabile che la sua trasformazione sia accompagnata da tutti: Istituzioni nazionali, territoriali e locali, corpi intermedi, associazioni, università, scuola, enti di formazione.

In tal senso si coglie positivamente l’elemento ricorrente nel Piano consistente nella esplicitata necessità di collaborazione tra ministeri e la volontà di raccordare e coordinare l’azione degli enti locali e delle regioni, così come la necessaria attuazione del PNRR con il suo impatto decisivo su tematiche strategiche per il Paese che attraversano orizzontalmente il settore.

Al riguardo, anche la creazione del Digital Hub del Turismo potrebbe rispondere a questi obiettivi.

Si ritiene, infatti, che uno dei problemi fondamentali e sistemici del nostro modello turistico sia proprio la frammentarietà, la scarsa capacità di coordinare le molte iniziative regionali e locali.

L’enorme patrimonio paesaggistico, culturale, architettonico, archeologico, museale, enogastronomico di cui siamo dotati, ha necessità di un coordinamento e di un sistema che unifichi facilitando la fruizione per i turisti e anche per i cittadini.

Una piattaforma “pubblica” e una app di facile fruizione da parte di tutti i turisti che arrivano o desiderano venire nel nostro Paese è sicuramente uno strumento per concorrere con gli altri Paesi.

Rimane, però, una preoccupazione sulla sua realizzazione, visto quanto avvenuto in passato per progetti simili. Le risorse messe a disposizione sembrano ingenti, sarà necessario monitorare lo sviluppo del sistema e la reale accessibilità di tutti i soggetti interessati.

Sull’apertura ai privati e alle imprese, cosa assolutamente necessaria, si vuole però rivolgere un appello per la qualità delle proposte e al loro valore.

Il tema della correttezza d’impresa e dell’applicazione dei contratti nazionali di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni maggiormente rappresentative dovrebbe essere un filtro per accedere alla piattaforma pubblica.

Se la piattaforma svolge di fatto un pubblico servizio si dovrebbe anche verificare la correttezza dei comportamenti per rispetto dei lavoratori e dei turisti, quindi l’essere imprese virtuose.

C’è infine, il tema dei servizi connessi al turismo, dalla mobilità all’accoglienza.

È sempre più chiaro che il modello di turismo sta cambiando, che non si concentra più in alcuni periodi limitati dell’anno e che si declina nelle sue varie forme:
viaggi di lavoro;
fiere e congressi;
wellness;
viaggi sanitari;
percorsi in realtà turistiche meno conosciute (in espansione dalla fase pandemica);
è necessaria, pertanto, una revisione dei servizi ai turisti, ma anche ai cittadini.

Va recuperata un’attenzione al territorio, ai centri urbani, alla ricezione e all’abitare, che in molte realtà rischia di diventare caotico per l’imperversare delle piattaforme digitali che, di fatto, stanno espellendo gli abitanti e facendo esplodere il valore degli immobili.

Infine, la mobilità, uno dei temi fondamentali per rendere il servizio ai turisti di qualità.

  1. Il nostro Paese ha un numero importante di porti, non sempre ben organizzati, con una rilevante difficoltà a raggiungere le isole. Pensiamo sia indispensabile un impegno dello Stato all’infrastrutturazione materiale e immateriale.
  2. L’assenza di una compagnia aerea nazionale che abbia una reale attenzione alle rotte turistiche pesa molto di più del numero di aeroporti presenti sul territorio.
  3. Un sistema di mobilità ferroviaria disomogenea sul territorio nazionale, disastrosa a livello locale e regionale.
  4. La mobilità su gomma e soprattutto nei grandi centri urbani arretrata e con livelli di inquinamento atmosferico e acustico inaccettabili per un Paese UE.

Sappiamo che nel PNRR ci sono previsioni di investimenti in tali ambiti.

Rimane però evidente che la diffusione di mezzi elettrici, di colonnine di ricarica, il sostegno economico e la diffusione di mezzi elettrici leggeri nei centri urbani in sharing o privati sono veramente esigui, come, in alcune città, non ci sono sufficienti strade ciclabili per decongestionare il traffico urbano.

Crediamo che su queste tematiche il Piano debba affrontare in maniera sistemica e sinergica con i ministeri e gli enti competenti, queste tematiche.